Papa e Vaticano

Venezuela, i vescovi: servono cibo, medicine ed elezioni libere

È necessario «riconoscere la volontà del popolo che chiede alimenti, medicine, libertà e elezioni libere». Così monsignor Diego Rafael Padron Sanchez, vescovo di Cumanà e presidente della Conferenza episcopale venezuelana a conclusione di una giornata che ha visto i vertici dell’episcopato del paese incontrare in vaticano dapprima il Papa , poi il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e poi gli ufficiali di Caritas internazionale.

«L’udienza che il Santo Padre ci ha concesso oggi è stata molto gentile, naturale, il Papa come sempre è molto vicino a tutti i popoli latino-americani e in special modo in questo momento al Venezuela», ha detto il Presule a margine di un incontro con la stampa alla sede di Caritas internationalis. «Ci ha dato un conforto e una grande parola di speranza».

Avete affrontato l’emergenza politica di queste ultime settimane?

«Sì abbiamo parlato con il Papa della situazione concreta del Venezuela, specialmente della repressione da parte del Governo, e poi della scarsità degli alimenti, dei medicinali, e poi l’insicurezza e tante cose che accadono oggi e per le quali abbiamo bisogno di un aiuto umanitario e un aiuto internazionale per trovare le vie di soluzione a questa grave situazione».

Avete consegnato al Papa anche un dossier sulle persone morte durante le manifestazioni di protesta, come ha commentato il Papa?

«Ha mostrato il suo interesse e ci ha detto di essere molto commosso da questa quantità di giovani morti negli ultimi due mesi, circa settanta giovani, lo abbiamo visto e sentito molto commosso da questa situazione».

Il Papa di ritorno dall’Egitto ha parlato del fatto anche l’opposizione è divisa: condividete questa analisi?

«Sì, in duplice senso: il Papa ha detto che l’opposizione è divisa come avviso all’opposizione stessa perché con la divisione non si arriva a nessuno obiettivo, il Papa dice che bisogna cercare l’unità prima di tutto».

Il Governo Maduro e l’opposizione devono tornare a parlarsi?

«Penso di sì. Oggi la parola dialogo in Venezuela è svalutata perché dall’ultima opportunità di dialogo i risultati non sono compiuti, e allora per il popolo la parola dialogo è piuttosto una parolaccia».

Ma c’è una possibilità di tornare al tavolo di confronto?

«Si dovrebbe, ma allo stesso tempo in queste circostanze noi pensiamo che dialogo voglia dire riconoscere la volontà del popolo che chiede alimenti, medicine, libertà ed elezioni libere».

Il Papa e il cardinale segretario di Stato sono d’accordo su questo?

«Sì, loro capiscono che dialogo in Venezuela significa avere un momento di riconoscimento della volontà popolare. Elezioni, e prima delle elezioni, l’espressione del popolo sulla Assemblea costituente che avverrà alla fine di luglio».

Qualche osservatore sottolinea che il Papa e i vescovi venezuelani non hanno la stessa posizione…

«Oggi è stata confermata la grande comunione, la grande unità tra il Papa e la Conferenza episcopale, avete visto come siamo stati vicini e come il Santo Padre sta dietro le nostre risoluzioni».

II Papa era già informato sulla situazione venezuelana, da domani cosa cambia?

«Era molto informato, ma questa udienza conferma le sue informazioni e segna un avvicinamento più grande alla Conferenza episcopale e rafforza le nostre attività e le nostre decisioni».

La Santa Sede farà qualche altra mossa in futuro?

«Penso di sì perché il Papa è davvero preoccupato e sente le necessità del popolo venezuelano. Potrebbe ancora intervenire».

(Iacopo Scaramuzzi / Vatican Insider)

9 Giugno 2017 | 07:15
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