Mons. Lazzeri dialoga con alcuni giovani della Diocesi di Lugano sui temi emersi dalla lettura del Vangelo.
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Veglia d'Avvento della Diocesi di Lugano, mons. Lazzeri: «Gesù ci chiama a risollevarci dall’agitazione che ci ruba la vita»

Inizia con l’invito a «stupirci della luce» la Veglia d’Avvento con i giovani della Diocesi di Lugano, tenutasi sabato sera nella Chiesa collegiata di Bellinzona, «per poter attendere con più speranza e più calma».

Divisa in quattro momenti, il primo dei quali è stato la proclamazione del Vangelo e il commento del Vescovo mons. Lazzeri rivolti ai moltissimi giovani accorsi: «Siamo qui – ha esordito mons. Lazzeri – per operare una sorta di salvataggio dell’Avvento, dato che nel nostro odierno contesto è in pericolo, quasi un’immagine «inesistente». Ricordo di aver letto, di recente, un titolo di giornale allarmante «L’albero è accesso ed è già Natale». L’Avvento, nel nostro immaginario, non c’è più, è stato «inghiottito». È a questo punto, allora, che vale la pena ricordare le parole della volpe al Piccolo Principe, nella favola di Saint-Exupery: «»Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi, alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore«. È proprio questo a cui ci chiama l’Avvento: a pensare a quello che sta per avvenire. Un tempo speciale che vuole aprire i nostri orizzonti«.

«Ogni epoca storica ci parla di popoli e gente preoccupati per il futuro, un futuro che non è più promessa, ma minaccia che incombe. Così, rischiamo di affrontare tutte le nostre giornate nell’angoscia, con la morte nel cuore. Ma noi sappiamo che l’orizzonte è molto più ampio, è la venuta di qualcuno e il nostro cuore è teso verso quella presenza, quel volto, quel nome, verso cui tutto il cosmo tende. Dunque, questa sera siamo qui per educarci, educarci a questa presenza e ad alzare la testa«.

Dopodiché, una decina di ragazzi tra i 15 e i 30 anni, proprio perché le parole del Vangelo potessero essere attualizzate e restituire un senso anche questa sera, hanno esposto al Vescovo i loro dubbi, le loro domande, sorte dalla lettura del Vangelo di Luca:

«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. A me questa frase ha posto molti interrogativi – afferma Giovanni – Perché, mi chiedo, il cambiamento ci fa sempre paura e sempre lo associamo alla distruzione? Perché un cambiamento deve sempre essere qualcosa di negativo? Da dove arriva tutta questa paura?

«Andando avanti nella lettura del Vangelo, si legge che gli uomini moriranno per la paura dell’attesa«, sottolinea Marta. «Io sto per finire il liceo e devo scegliere cosa fare della mia vita. È un cambiamento forte. Sto entrando pienamente nel mondo e mai come prima d’ora ne percepisco la consistenza, anche i suoi dolori, e mi chiedo: come posso farvi fronte? Certo, un giorno saremo liberati da Gesù, ma fino a quel momento, come agire?

«A me – confida invece un altro ragazzo al Vescovo – ha colpito la frase State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano. È un ammonimento all’uomo, che spesso vive nella presunzione di potersela cavare senza essere aiutato. L’uomo fondamentalmente vive in uno stato di superbia. Invece, a confronto di una malattia di un mio caro, ho capito che è una necessità esistenziale sapere che la nostra vita non è solo nelle nostre mani«.

«Ho capito che devo aggrapparmi a Cristo – dice un suo compagno – ma la Chiesa è fatta di uomini, che conoscono anche la corruzione. In che modo, dunque, la Chiesa può essere presenza di Dio sulla terra? E, secondariamente, dove sta il confine tra quello che dobbiamo fare noi e quello che deve fare Lui

Poi Valentina: «Spesso nella vita sono sommersa dalle cose che mi succedono, ma quando mi rendo conto che da sola non ce la posso fare, è allora che mi affido e le cose iniziano ad andare meglio. Per me è questo che significa Vegliate in ogni momento«.

Da ultimo, un giovane seminarista della Diocesi: «Ho deciso di dare tutta la mia vita al Signore ma spesso mi trovo confrontato con persone che non condividono la mia scelta, che mi mettono in difficoltà elencandomi i problemi che essa può comportare. Mi chiedo, allora, come mai sono io agli occhi della società quello strano, pur avendo fondato le mie sicurezze su Qualcuno che è eterno?

E quindi la risposta illuminante, rassicurante, paterna del Vescovo, mons. Lazzeri:
«Una cosa è certa, cari ragazzi. Queste vostre domande mostrano bene come il Vangelo parli a noi oggi. E c’è, in fondo, l’esigenza di trovare il centro di questo Vangelo. Dalle vostre domande straordinarie, emerge una questione fondamentale del cuore dell’uomo, che si chiede: «dove posso appogiarmi? Infatti, tutto intorno a noi è in continuo movimento, in continua evoluzione. L’uomo antico guardava il cosmo e individuava nelle stelle l’immagine della stabilità. Ma si è presto reso conto che questo grande meccanismo celeste non soddisfava la sua sete di stabilità fino in fondo. Noi vogliamo essere profondamente sicuri. E Gesù lo sapeva. Anche noi oggi non sappiamo su cosa poggiarci. Ma con Lui c’è la solidità dell’amore. La mia relazione con Gesù non passerà mai. L’Avvento è questo: l’annuncio di un orizzonte solido, che sin da ora intuisco«.

«Parlate anche nelle vostre domande di cambiamenti grossi, come quelli climatici, che causano paura. Appena intuiamo che le cose non sono stabili, ci lasciamo prendere dalla paura, invece di compiere il vero gesto rivoluzionario: credere. Dio ci ha dato la libertà di sottrarci dalla paura, questa è la verità. Si preoccupa l’uomo che non conosce il Vangelo. Ma noi scegliamo di sperare nonostante tutto. Dunque, torno a ripeterlo, l’Avvento è un tempo per educare il cuore. Chiediamoci: quante volte abbiamo perso energie inutili per preparare il nostro futuro, che poi non si è neanche compiuto come avevamo previsto? Quante energie spese ad inseguire la voce della nostra paura? Per cercare di dimenticare che abbiamo paura facciamo di tutto. Ma la scelta della fede fa intuire qualcosa di nuovo. Possiamo accendere una luce che trasforma. Avete forse mai visto una candela, per quanto piccola, essere spenta dalle tenebre? Gesù ci chiama a risollevarci dall’agitazione che ci ruba la vita».

Quindi, da parte del Vescovo, la proposta a tutti i giovani, di un piccolo esercizio per questo tempo d’Avvento: «Lo chiamerò il gioco del 3, del 5, del 7 e del 10: durante la prima settimana di Avvento, prendetevi del tempo per fare durante le vostre giornate 3 minuti di silenzio, per passare «dalla sponda della paura» alla «sponda della fiducia» e fare un regalo a Colui che viene; la seconda settimana ne farete 5, la terza 7 e l’ultima ben 10. Così, darete al Bambino che nasce un morbido silenzio su cui riposare«.

A concludere la serata, alcune testimonianze video dal Medio Oriente sul senso dell’attesa, suggeriti dagli organizzatori di Ogni20alle20. «Per me l’attesa – racconta padre Ielpo, Commissario della Custodia di Terra Santa – è quotidiana. È l’attesa che il Signore si manifesti nella vita di tutti i giorni, come lo sposo che aspetta la sposa. Il nostro cuore è nutrito da un eterno desiderio». Un sacerdote caldeo, invece, consiglia «di non maledire la tenebra ma essere luce».

Insomma, una Veglia, anche quest’anno, davvero coinvolgente (a partire dalla presenza di un folto gruppo di cantori), ricca di spunti di riflessione, ma soprattutto molto umana, di quell’umanità viva e fresca che solo i giovani con i loro interrogativi – ma che sono per finire gli interrogativi di tutti, anche di chi non li ammette – riescono a dare. Con un insegnamento profondo: interrogare il Vangelo è il primo passo verso la conversione del cuore.

Anche dalla nostra redazione i migliori auguri per un buon cammino d’Avvento!

(red)

Mons. Lazzeri dialoga con alcuni giovani della Diocesi di Lugano sui temi emersi dalla lettura del Vangelo.
1 Dicembre 2018 | 23:48
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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