Il Vaticano sostiene il Piano Onu contro l’incitamento a odio e violenza

È positiva la valutazione della Santa Sede del Piano d’azione dell’Onu per i leader e altri attori religiosi volto a prevenire l’incitamento alla violenza che possa condurre a crimini di massa. Il Vaticano però ritiene che «la responsabilità primaria» di proteggere gli innocenti da crimini efferati spetti innanzitutto ai Governi e alla Comunità internazionale. È quanto ha affermato monsignor Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri a New York alla presentazione del Piano, il primo documento internazionale che si concentra sul ruolo dei leader e degli attori religiosi per impedire l’incitamento all’odio e alla violenza contro individui o comunità sulla base della loro appartenenza e a sviluppare quindi strategie regionali specifiche in tale ambito. Una questione diventata pressante con l’escalation di violenze e atti di terrorismo internazionale a sfondo religioso.

Il primo elemento positivo del documento, ha detto l’arcivescovo, è il fatto che «sottolinea la responsabilità degli Stati nella protezione delle popolazioni dai crimini di atrocità, come per il loro incitamento», ma anche della comunità internazionale «nell’incoraggiare gli Stati ad esercitare le loro responsabilità». Se è vero che i leader e le organizzazioni religiose hanno un importante ruolo da svolgere nella prevenzione dei crimini di atrocità, ha evidenziato, esse non hanno i mezzi di cui dispongono gli Stati nazionali per fermarli.

Il secondo elemento positivo del Piano di azione, ha proseguito il delegato vaticano, è appunto il riconoscimento del ruolo positivo del leader e delle organizzazioni religiose nella prevenzione di queste atrocità, segnatamente nella lotta contro la strumentalizzazione della religione per giustificare la violenza. Come sottolineato il 28 aprile da Papa Francesco alla Conferenza Internazionale per la Pace ad Al-Azhar: «La religione non è il problema, ma parte della soluzione». Ma perché i leader religiosi possano svolgere questo servizio è fondamentale che la religione non sia relegata «alla sfera privata».

A riguardo, Auza ha richiamato l’importanza evidenziata dal Piano di azione dell’Onu della partecipazione dei leader religiosi al dialogo tra le religioni, anche attraverso le opere per la giustizia e il bene comune. Un tema anche questo – ha ricordato il presule – sul quale Papa Francesco ha insistito molto sin dalle prime battute del suo Pontificato, sottolineando come esso sia una condizione necessaria per la pace nel mondo. «Ecco perché – ha concluso il ruolo e il lavoro dei leader religiosi e dei credenti, in generale, e del dialogo interreligioso, in particolare, sono cruciali non solo per prevenire l’incitamento alla violenza religiosa», ma anche per stimolare un circolo virtuoso che crei «società pacifiche e inclusive dove i crimini di atrocità sono eticamente inaccettabili e quindi inimmaginabili».

(Vatican Insider)

17 Luglio 2017 | 16:48
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