Il Sinodo
Chiesa

Un Sinodo per le donne e sulle donne, per superare ogni discriminazione

Liberare la Chiesa «dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna» e spingere le comunità cristiane verso una «conversione pastorale capace di chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali sono statte e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità». Proprio questa è la proposta della Pontificia Commissione per l’America latina, messa nera su bianco nel documento conclusivo della plenaria dell’organismo che si è svolta dal 6 al 9 marzo scorsi sul tema «La donna, pilastro nell’edificazione della Chiesa e della società in America Latina» , che ha visto la partecipazione di numerose donne come ospiti e, per la prima volta, relatrici.

 

La Commissione, guidata dal cardinale Marc Ouellet, ponendo «seriamente la questione di un Sinodo della Chiesa universale sul tema della donna» sulla scia di quelli sulla famiglia e dei giovani, esorta le Chiese locali ad avere «la libertà e il coraggio evangelici per denunciare tutte le forme di discriminazione e di oppressione, di violenza e di sfruttamento subite dalle donne in varie situazioni e per introdurre il tema della loro dignità, partecipazione e contributo nella lotta per la giustizia e la fraternità».

 

Al contempo la Cal, nel suo documento suddiviso in quattordici punti, mette in guardia pastori e comunità cristiane a vigilare «di fronte alle forme di «colonizzazione culturale e ideologica» che, con il pretesto di nuovi «diritti individuali» e anche strumentalizzando rivendicazioni femministe, vengono diffuse da grandi poteri e «lobbies» ben organizzate, per attentare contro la verità del matrimonio e della famiglia, scalzando l’ethos culturale dei nostri popoli, favorendo la disgregazione del tessuto familiare e sociale delle nazioni». Perché «sono le donne, comprese le madri con figli, a pagare il costo più alto di tale operazione».

 

«Occorre superare i radicamenti e le resistenze maschiliste, la frequente assenza paterna e familiare, l’irresponsabilità del comportamento sessuale», scrive ancora l’organismo vaticano. «L’»epoca del femminismo» può essere un’ottima occasione «liberatrice» per l’uomo, il quale potrebbe condividere la volontà di generare esperienze che rivendichino il pieno rispetto della dignità della donna e, allo stesso tempo, una paternità responsabile, affettiva e impegnata nella crescita dei figli, accanto alla madre, nonché un reciproco appoggio in caso di lavoro extra-domestico per entrambi».

 

Su tale scia si afferma che è «essenziale» nella pastorale della Chiesa «ripensare percorsi adeguati per la educazione affettiva e sessuale di uomini e donne, così come per la più integrale preparazione al sacramento del matrimonio», che con la famiglia costituiscono «le esperienze fondamentali per vivere la comune dignità di uomo e donna».

 

Ricordando poi l’appello dei vescovi latinoamericani riuniti ad Aparecida ad ascoltare «il grido, tante volte soffocato» delle donne, specie quelle povere e indigene, la Commissione pontificia esorta a non far mancare «parole di stima e di incoraggiamento alle madri che in America latina sono impegnate nella gestazione generosa di figli, famiglie e popoli. E tante volte lo fanno come autentiche «martiri», che danno la vita per i propri cari e per il prossimo».

 

In tal senso si chiede maggiore cura delle «»mutue relazioni» tra Pastori e donne di vita consacrata» che «danno un’importante testimonianza della presenza di Dio tra i popoli latinoamericani, specialmente tra i giovani, tra i poveri, i malati e gli scartati». E anche di «favorire la partecipazione di donne sposate o consacrate nei processi di formazione» dei futuri sacerdoti, «e anche nei gruppi di formatori, dando loro facoltà di insegnare e accompagnare i seminaristi, e l’opportunità per intervenire circa il discernimento vocazionale e l’equilibrato sviluppo dei candidati al sacerdozio ministeriale».

 

Non manca, poi, nel documento, un richiamo alla scarsa presenza di figure femminili nella Chiesa: «È possibile e urgente – dice la Cal – moltiplicare ed ampliare i luoghi e le opportunità di collaborazione femminile nelle strutture pastorali delle comunità parrocchiali, diocesane, a livello di conferenze episcopali e nella Curia romana». Tale «apertura» non rappresenta «una concessione alla pressione culturale e mediatica», bensì «il risultato della presa di coscienza che l’assenza delle donne dalle istanze decisionali è un difetto, una lacuna ecclesiologica, l’effetto negativo di una concezione clericale e maschilista. Se non si rimedierà a breve termine, molte donne disponibili a servire si sentiranno trascurate e disprezzate nelle loro capacità, e potrebbero eventualmente allontanarsi dalla Chiesa».

 

Ovviamente ciò «presuppone un investimento nella formazione cristiana, teologica e professionale delle donne, laiche e religiose, affinché possano lavorare alla pari con i colleghi uomini, in clima di normalità ed equilibrio, e non soltanto perché sono donne e perché dobbiamo riflettere un’immagine aggiornata rispetto ai canoni culturali dell’epoca. I pastori incoraggino e sostengano gli studi biblici e teologici delle donne, per il potenziamento della costruzione delle comunità cristiane», afferma la Cal.

 

E conclude con un incoraggiamento a promuovere «in tutte le Chiese locali e attraverso le Conferenze episcopali un dialogo franco e aperto tra pastori e donne impegnate in diversi livelli di responsabilità (dalle dirigenti politiche imprenditoriali e sindacali, fino alle leaders di movimenti popolari e comunità indigene)».

Salvatore Cernuzio – VaticanInsider

Il Sinodo
13 Aprile 2018 | 07:00
Tempo di lettura: ca. 3 min.
americalatina (11), donne (113), sinodo (102)
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