Un incontro degli scorsi anni della Pastorale Familiare
Diocesi

Testimoniare l’umile speranza del Vangelo

Il titolo del prossimo incontro di Pastorale familiare, che si terrà alle 9.30 al Collegio diocesano di Lucino a Breganzona, è di per sé significativo: «Come in Cielo, così in terra. La famiglia cristiana testimone e missionaria dell’umile speranza del Vangelo». È l’espressione di un’analogia: quello che avviene lassù è «l’immagine» a cui guardare per vivere quaggiù. Altrimenti la vita cade nella tristezza e nella monotonia, afferma mons. Willy Volonté, delegato vescovile per la Pastorale della famiglia nella diocesi di Lugano.

Gli abbiamo chiesto di presentarci il tema di quest’anno: «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare».

«Gli incontri di quest’anno vogliono sollecitare a non rimanere fermi su posizioni che si presumono acquisite e conquistate. Il tema del cammino, del pellegrinaggio, della vigilanza attiva sono temi essenziali per capire il mistero della vita e della fede.  L’atteggiamento più distruttivo nella cura pastorale è proprio quello dei «fuochi di artificio», cioè iniziative abbaglianti ma che non innescano un lavoro creativo e costante. Insomma, se i valori non diventano esperienza vissuta, se non creano realtà di comunione più consapevole tra famiglie, e se queste non diventano, a loro volta, cellule generative di nuclei familiari attivi e coscienti della Grazia di Cristo che portano in sé, tutto rimane nel vago e nel sentimentale».

Maria ed Erik Boorsma sono i coordinatori della commissione di pastorale familiare della diocesi di Lugano. A loro abbiamo chiesto cosa li spinge a dedicare molto del loro tempo a questo cammino.

«Per noi è molto importante perché ci permette di crescere insieme nella fede condividendo esperienze di vita con altre coppie. I momenti di formazione sono un aiuto concreto. Il nostro Vescovo, in un precedente incontro, ci ha fatto riflettere sui momenti di prova della nostra vita, dicendo che la tribolazione produce pazienza, speranza e ci dà l’opportunità di riprendere contatto con l’essenza della vita. Gesù ci insegna nella quotidianità ad alzare lo sguardo e a ricominciare».

Voi non avete figli. Un dolore che mette in crisi molti matrimoni. Come vivete oggi il vostro essere famiglia?

«Il nostro progetto era quello di avere dei figli che però non sono arrivati. Non è stato facile accettare questa situazione ma attraverso la preghiera e il cammino di fede abbiamo capito insieme che il Signore per noi aveva un progetto diverso da quello che avevamo immaginato. Abbiamo scoperto altre forme di fecondità come la dimensione del servizio e dell’accoglienza. Ospitiamo in casa nostra persone desiderose di essere ascoltate e offriamo loro umilmente la nostra compagnia. Anziani soli, giovani disagiati, anche sacerdoti a cui, dopo il loro ministero, manca un contesto relazionale. Condividiamo semplicemente la vita con le sue gioie e fatiche. Questo apostolato ci unisce tantissimo perché donandosi all’altro si impara ad amare e questo ci aiuta ad approfondire il nostro rapporto di coppia. Sperimentiamo che Dio è Amore e per questo motivo cerchiamo di vivere il quotidiano seguendo il Vangelo».

«Con il sacramento delle nozze Dio si vuole unire con la nostra umanità»

Nell’ultimo incontro di Pastorale familiare, il 22 dicembre scorso, mons. Renzo Bonetti con la sua consueta schiettezza e profondità ha ribadito un punto centrale della sua riflessione teologico-pastorale: la famiglia esce dalle mani del Creatore con un preciso destino, essa è il modo umanamente più completo per sperimentare il Mistero d’Amore che circola all’interno della Trinità. Sembrano parole incomprensibili ma concretamente ha proposto, al centinaio di persone presenti, un modo diverso di vedere il coniuge: Gesù, con il suo Amore, vuole raggiungere il marito, la moglie attraverso i gesti, le parole, il saper ascoltare. Questo stimola a sviluppare il rapporto di coppia e chiama ad essere complici con Dio del Suo progetto d’amore.

Il Figlio di Dio si fa uomo nel grembo di una giovane donna. Il corpo umano assume, così, una preziosità grandissima. All’interno del sacramento nuziale il corpo assume il compito espressivo dell’amore che esce dalla limitata sfera degli istinti e dei sentimenti. Questo dà un’impronta indelebile, un significato esplicito al comando divino: «I due saranno una carne sola». Spesso ci si limita a costruire delle «cooperative» di coppia invece che coltivare un «noi», cioè una relazione matura capace di accogliere l’altro e superare l’illusione di bastare a sé stessi.

Se non si arriva gradualmente a comprendere questa «comprensione alta» del matrimonio ben difficilmente si potranno perdonare, nel corso della vita matrimoniale, la differenza sessuale, i ritmi psicologici che non sempre combaciano, l’espressività dominante della propria personalità, la discordanza di gusti. Ma è necessario dedicare tempo, ritagliando costantemente momenti   d’intimità, per custodire e far crescere l’unità della coppia

Un incontro degli scorsi anni della Pastorale Familiare
12 Gennaio 2019 | 06:15
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