Terra Santa: preghiera per la pace in 10 mila città

Ieri, come ogni ultima domenica di gennaio, si è celebrata la X edizione della Giornata di intercessione per la pace in Terra Santa: una preghiera mondiale che ha coinvolto chiese in 10 mila città di tutto il mondo. La preghiera, organizzata da varie associazione cattoliche giovanili, arriva alla fine della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. Un evento particolarmente sentito in Terra Santa, come spiega padre Ibrahim Faltas, francescano e parroco a Betlemme:

R. – Qui in Terra Santa viviamo l’unità dei cristiani giorno dopo giorno, lavorando fianco a fianco e vivendo nel rispetto e nel dialogo con ogni fede religiosa. Viviamo un periodo di forte intesa ecumenica e la preghiera ci aiuta a rafforzare questa unità con tutte le chiese che vivono in Terra Santa.

D. – Ogni anno aumentano le chiese che partecipano a questa giornata. Cosa significa avere tutto il mondo che prega per voi?

R. – La Terra Santa è veramente la madre di tutte le chiese; è il centro di tutte le religioni. Gerusalemme rappresenta per tutti l’inizio di una vita nella fede. Il mondo intensifica la preghiera per noi perché la Terra Santa è un bene per tutta l’umanità. La preghiera di tutti ci rafforza e ci porta la consolazione, per continuare a resistere e per infondere speranza nella gente. Per un cristiano che vive in Terra Santa questa è una sfida; allora la preghiera di tutto il mondo ci aiuta a continuare a vivere questa sfida.

D. – Come vivono i cristiani di Terra Santa questa preghiera dopo gli ultimi mesi di tensione?

R. – I cristiani continuano a pregare perché Gerusalemme deve essere la città di tutte le religioni. Gerusalemme è una citta per tutti, internazionale, aperta a tutti e di tutti. La città non può essere di una parte sola. Salvare Gerusalemme significa mettere le basi per la pace. Come diceva San Giovanni Paolo II, se vogliono la pace in tutto il mondo devono cominciare con la pace a Gerusalemme. Senza la pace a Gerusalemme non ci sarà mai pace nel mondo.

D. – In particolare, qual è la situazione dove si trova lei, a Betlemme?

R. – Purtroppo Betlemme è dimenticata da tutti. La gente vive come in una prigione a cielo aperto. Lo sappiamo, quelli che vengono vedono sempre il muro che segna il confine con Gerusalemme. Nei campi profughi il numero delle persone aumenta e ciò che preoccupa di più è che la nuova generazione, anche quella dei cristiani, cerca di migrare verso l’estero alla ricerca di una dignità e di un futuro migliore. Il grande aiuto che Betlemme riceve è dato dal turismo, dai pellegrini. Questi ultimi in particolar modo devono tornare perché qui non c’è nessun pericolo. Dopo la dichiarazione di Trump negli ultimi tempi tanti pellegrini hanno avuto paura e tanti vogliono cancellare il loro pellegrinaggio qui. Dico a tutti: dovete venire. Non abbiate paura, la situazione è tranquilla. Il grande aiuto per la gente di Betlemme è avere voi come pellegrini. Lancio un appello alla comunità internazionale, affinché si lasci guidare dalle parole di Papa Francesco, metta fine alle guerre e lavori per il bene dell’uomo e del creato. Che la preghiera di questa domenica illumini la mente e il cuore di tutti.

Michele Raviart – VaticanNews

29 Gennaio 2018 | 07:10
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