Terra Santa, Pizzaballa: «Gli accordi di Oslo esauriti, cercare nuove vie di dialogo»

Una critica alla decisione di trasferire l’Ambasciata americana a Gerusalemme che «ha profondamente segnato la vita politica del Medio Oriente», azzerando i rapporti tra israeliani e palestinesi. Un appello per la «situazione disperata» nella Striscia di Gaza. Poi l’auspicio della soluzione dei due Stati che «sarebbe quella ideale», infine un invito al dialogo in vista dell’incontro ecumenico di Bari e un aneddoto sul suo primo incontro con Bergoglio a Buenos Aires. Monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha risposto a tutto campo a giornalisti e ospiti della conferenza del 9 giugno presso la Pontificia Università della Santa Croce nell’ambito del convegno «Vivere la Terra Santa», promosso dall’associazione Amici di Saxum Italia.

La striscia di Gaza: «situazione disperata»

Monsignor Pizzaballa, da oltre 30 anni in Terra Santa, racconta che «negli anni, questa terra ha conosciuto alti e bassi». Dal punto di vista economico, la condizione degli israeliani è certamente migliorata. Per i palestinesi, invece, la loro economia resta fragilissima: la situazione nella striscia di Gaza è disperata. «Finché non ci sarà una vita ordinata e pacifica per tutti, la Terra Santa non potrà conoscere uno sviluppo sereno».

Servono nuove strade

«Il modello negoziale del passato non esiste più». Secondo l’ ’amministratore apostolico, bisogna trovare nuovi canali di dialogo. «Quali siano questi nuovi modelli – prosegue – è difficile dirlo perché non c’è nessuna intenzione di dialogo. La soluzione due popoli due stati – spiega – sarebbe quella ideale , è evidente che la spinta al negoziato nata dagli accordi di Oslo si è esaurita». In ogni caso non spetta alla Chiesa «offrire soluzioni politiche», ha chiarito Pizzaballa. Essa, però, può dare un suo contributo fondamentale alla pace. 

«Non dimentichiamo – aggiunge – che noi pastori non dobbiamo elaborare teorie, ma dobbiamo dire una parola chiara anche di speranza alla nostra gente; questo credo sia lo scopo principale». Secondo il presule, la Chiesa ha il compito richiamare il proprio gregge a guardare sempre con maggiore attenzione la piccola comunità di Gerusalemme.  Il simbolo che viene attribuito a  questa città, non può essere ridotto solo a sovranità tra un Paese o l’altro ma è un simbolo religioso imprescindibile per tutti.

Sull’accordo tra Israele e Santa Sede sulle questioni economiche e finanziarie legate all’Accordo fondamentale tra i due Stati, il presule ha affermato che: «Tutti i punti sono stati ormai discussi e mi pare di capire che c’è un clima di forte volontà di chiudere». Mentre sul tema dell’ecumenismo in Terra Santa ha assicurato che quello attuale è un tempo molto bello: «Non siamo alla pace liturgica, ma stiamo vivendo una convivenza umana molto positiva grazie anche a nuove generazioni di leadership cristiane di nuova formazione».

Il primo incontro con il futuro Papa

Alla domanda, infine, su come abbia conosciuto Papa Francesco, l’arcivescovo ha rivelato di aver incontrato per la prima volta Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires dove era ancora arcivescovo. Pizzaballa, in visita nella metropoli porteña, gli aveva chiesto un appuntamento per salutarlo ma arrivò in forte ritardo all’appuntamento a causa del traffico. «Ero nel panico – ha raccontato -. Così, una volta arrivato nel cortile della sede dove sarebbe avvenuto l’incontro, ho lasciato la macchina parcheggiata male. Sulla porta c’era un prete e io, credendo fosse il portinaio, gli ho chiesto se poteva sistemarla lui perché ero in ritardo all’appuntamento con il cardinale Bergoglio. Immaginate il mio imbarazzo quando questo prete mi disse gentilmente: «Sono io il cardinale!»».

VaticanInsider/red

11 Giugno 2018 | 06:20
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