Fratel Alois, Priore di Taize
Chiesa

Taizé, sarà Madrid la sede dell’incontro 2018

Per cinque giorni hanno pregato e cantato, hanno ascoltato, riflettuto e ringraziato, si sono incontrati, scambiati indirizzi, condiviso esperienze e soprattutto la volontà di ritrovarsi: per i quasi 20mila giovani cristiani – cattolici, ortodossi e protestanti – che hanno lasciato Basilea nelle scorse ore il 40° Incontro ecumenico della comunità di Taizé ha lasciato un segno. Come per i quasi due milioni di loro «fratelli maggiori» che si calcola abbiano partecipato a questi incontri di fine anno organizzati a partire dal primo nel 1978, a Parigi.

 

Si tratta di incontri che intrecciano relazioni e rinsaldano vincoli di amicizia tra persone provenienti da culture e tradizioni diverse, ma con radici in comune, quelle radici della storia europea che talvolta rischiano di apparire così fragili e in balia degli eventi.

 

«Gesù è venuto sulla terra non per un gruppo ristretto di persone, bensì per riunire l’intera famiglia umana» aveva sottolineato il priore frère Alois nella meditazione iniziale, un discorso che ha inteso costituire un grande invito alla speranza per la pace all’insegna dell’accoglienza di quanti approdano sul Vecchio Continente. Se la pace oggi è minacciata, due sono le sfide che dobbiamo affrontare: la sfida di quanti sono costretti a lasciare il loro luogo d’origine e hanno bisogno della nostra solidarietà e la sfida rappresentata dal grido della Terra di cui tutti noi dei Paesi occidentali siamo responsabili. «È come se Cristo ci invitasse ad andare oltre le nostre paure e i nostri pregiudizi, è come se ci dicesse: «Io sono il pastore di tutta l’umanità. Sono venuto e morto anche per loro, che siano cristiani o meno. Quindi anche tu puoi diventare loro amico»».

 

Nello stile dei Pellegrinaggi della fiducia inaugurati dal fondatore frère Roger, la comunità di Taizé invita da sempre alla fraternità universale: un centinaio di giovani della Chiesa copto-ortodossa erano giunti dall’Egitto l’estate scorsa e altri da Libano, Giordania, Iraq e Palestina; dal 16 al 19 maggio saranno invece alcuni fratelli che, insieme ai giovani si recheranno a Kemerovo in Siberia per partecipare alle celebrazioni dell’Ascensione ortodossa e il prossimo agosto si svolgerà ad Hong Kong un incontro internazionale.

 

È un ecumenismo di fatto: un dialogo informale che scambia opinioni con chi la pensa diversamente e, soprattutto, costruisce ponti tra religioni, tra nazioni, tra continenti. Un osare mettersi sotto lo stesso tetto, prima di raggiungere accordi su questioni teologiche. Cosa si può fare ugualmente insieme? Leggere e meditare la Bibbia, lavorare a livello pastorale e sociale. «Lo Spirito Santo ci guiderà su sentieri che non conosciamo in anticipo» commentava il priore parafrasando Isaia. Un respiro ampio che si allarga dalle chiese alla società come riconosciuto dai messaggi dei leader delle religioni, da Papa Francesco al patriarca Bartolomeo fino ai segretari del Concilio mondiale delle Chiese (Tveit) e della Federazione Mondiale luterana, Junge.

 

E da Basilea, la città simbolo della Riforma di 500 anni fa un appello a guardare avanti: «nella costruzione dell’Europa unita, non è possibile tornare indietro».   «L’essere umano è fatto per la gioia e la gioia non è pensata per essere tenuta per se stessa, ma per essere condivisa»: il tema della gioia, del rallegrarsi per la Salvezza portata dal Bimbo di Betlemme era il leit-motiv del libretto consegnato ad ogni partecipante con l’invito a «scavare» per essere sempre capaci, in ogni occasione, di individuare la vera fonte.

 

«Questo è un esempio di come potrebbe essere il cristianesimo» ha commentato il vescovo cattolico della cittadina elvetica, Felix Gmür, un vescovo che da più di un anno ospita decine di immigrati all’interno di strutture diocesane. Per gli organizzatori la scelta della cittadina svizzera nel cuore dell’Europa si è rivelata vincente riuscendo ad attirare persino i ragazzi dell’Est: tra i 45 Paesi di provenienza è significativo che i due gruppi più numerosi siano stati quelli provenienti dalla Polonia (4900) e dall’Ucraina (2800), nella media tutti gli altri (in testa i tedeschi con oltre 1500 giovani).

 

A loro il priore ha offerto la propria testimonianza del suo recente viaggio in Africa cercando di comunicare il grido di dolore che deriva dalla miseria, la violenza e l’estrema fragilità incontrate in Sudan e Sud Sudan: «Storie commoventi, ma anche nella nostra Europa, vicino a noi, abbiamo talvolta situazioni serie vissute da persone ferite dalla vita».

 

«L’incontro personale con i più vulnerabili fa scoprire la dignità dell’altro e dà a ricevere questo che anche i poveri trasmettono. Non danno un contributo insostituibile alla costruzione di una società più fraterna? Ci rivelano la nostra vulnerabilità. Con ciò ci rendono più umili, più umani. E paradossalmente si dà gioia, forse è solo una scintilla, ma è una vera gioia che condivide con noi i più poveri». Un esempio di come potrebbe essere l’Europa se questi giovani riusciranno ad animarla dall’interno.

 

E, alla partenza da Basilea, come sempre l’annuncio della sede del prossimo incontro: dal 28 dicembre 2018 al 1° gennaio 2019 la città ospitante sarà Madrid.

 

Dopo Barcellona (1979, 1985, 2000) e Valencia (2015), si tratta della prima volta per la capitale spagnola. «Accolgo la notizia con grande gioia» è stato il commento del cardinale arcivescovo, Carlos Osoro. «Sarò lieto di poter condividere questo pellegrinaggio della speranza in un luogo simbolo dell’espansione della fede in ogni parte del mondo».

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA – VaticanInsider

Fratel Alois, Priore di Taize
4 Gennaio 2018 | 07:00
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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