Superare la logica dei like per fare della rete un luogo di comunione e verità

Il Messaggio del Santo Padre per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali (leggi qui il testo) affronta un aspetto decisivo dell’attuale contesto comunicativo. Il tema è infatti: «Dalle social network communities alla comunità umana». Esso è introdotto da una bella metafora tratta dalla Lettera di S. Paolo agli Efesini: «Siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25).
Come viene intesa infatti la comunità nell’epoca delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione? È indubbio che l’ambiente mediale offre nuove opportunità di relazione e potenzia quelle già possedute. Tuttavia, come viene detto nel Messaggio, la rete non ha un centro, non fornisce punti stabili di orientamento e promuove aggregazioni di individui che sono collegati fra loro, per lo più, da preferenze o da avversioni condivise.
È evidente allora che le communities non sono immediatamente sinonimo di comunità. Il rischio è che, per la struttura delle piattaforme, gli esseri umani si definiscano «a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce», creando così «gruppi che si escludono» reciprocamente. È la logica del like: che polarizza le opinioni invece di approfondire le questioni, aumentando perciò la conflittualità sociale.
Tuttavia la possibilità che la rete comporta di costruire relazioni in maniera più ampia e agevole è certamente qualcosa di positivo. Ma essa deve venir realizzata nel senso di una comunità piena: non già come comunità di individui, bensì come comunione di persone. La metafora paolina delle membra di un solo corpo, di cui Cristo è il capo, può indirizzarci verso l’idea di una relazione vera, orientata dalla reciprocità fra le persone e «fondata in un organismo che le unisce».
La comunione delle persone è quella in cui gli esseri umani, considerati anche in carne ed ossa, sono rivolti gli uni verso gli altri e coinvolti gli uni con gli altri in un percorso comune. Il passaggio dalla community alla comunità vera, alla comunione, è dunque quello che non vuole più identificare l’essere umano con un individuo isolato – il quale, sulla base dei suoi gusti e del suo desiderio di apparire, si connette ad altri individui –, ma che lo intende come una persona che sa di essere sempre in relazione con gli altri.
In conclusione, ciò che il Messaggio del Papa c’invita ad assumere è un atteggiamento positivo nei confronti delle tecnologie della comunicazione e, in particolare, delle reti sociali. Non si tratta né di demonizzarle, né di subordinarsi alla loro logica. Bisogna invece rapportarsi a esse e indirizzarle nell’ottica giusta di quelle esperienze di relazione e di comunità che sono profondamente umane, e che le tecnologie possono supportare. Di ciò la comunità ecclesiale può essere fecondo esempio: l’esempio di una «rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui like, ma sulla verità, sull’amen, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri».

Adriano Fabris

24 Gennaio 2019 | 16:02
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