Papa e Vaticano

Siria, il Papa: orrore per la strage di Idlib

«Assistiamo inorriditi agli ultimi eventi in Siria»: il Papa ha condannato la «inaccettabile strage avvenuta ieri nella provincia di Idlib», esortando «quanti hanno responsabilità politiche» a porre fine alla «tragedia» siriana, a conclusione dell’udienza generale in piazza San Pietro, rivolgendo anche un pensiero al «grave attentato dei giorni scorsi nella metropolitana di San Pietroburgo». Durante la catechesi Francesco ha sottolineato che «i mafiosi pensano che il male si può vincere col male» perché «non hanno speranza».

«Assistiamo inorriditi agli ultimi eventi in Siria», ha detto il Papa. «Esprimo la mia ferma deplorazione per l’inaccettabile strage avvenuta ieri nella provincia di Idlib, dove sono state uccise decine di persone inermi, tra cui tanti bambini. Prego per le vittime e i loro familiari e faccio appello alla coscienza di quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché cessi questa tragedia e si rechi sollievo a quella cara popolazione da troppo tempo stremata dalla guerra. Incoraggio, altresì, gli sforzi di chi, pur nell’insicurezza e nel disagio, si sforza di far giungere aiuto agli abitanti di quella regione».

Francesco ha rivolto il proprio anche «al grave attentato dei giorni scorsi nella metropolitana di San Pietroburgo, che ha provocato vittime e smarrimento nella popolazione. Mentre affido alla misericordia di Dio quanti sono tragicamente scomparsi, esprimo la mia spirituale vicinanza ai loro familiari e a tutti coloro che soffrono a causa di questo drammatico evento».

Proseguendo un ciclo di catechesi sulla speranza cristiana, Jorge Mario Bergoglio ha dedicato quella odierna al concetto di «rendere ragione della speranza che è in noi» presente nella Prima Lettera dell’Apostolo Pietro, un testo che «affonda le sue radici direttamente nella Pasqua»: «La nostra speranza non è un concetto, non è un sentimento, non è un telefonino, non è un mucchio di ricchezze, la nostra speranza è una persona, è il Signore Gesù che riconosciamo vivo e presente in noi e nei nostri fratelli. Perché Cristo è risorto. I popoli slavi – ha sottolineato al proposito il Papa – si salutano invece di dire «buongiorno», «buonasera» nei giorni della Pasqua con «Cristo è risorto», e sono felici di dirlo». E «la speranza che abita in noi, quindi, non può rimanere nascosta dentro di noi, nel nostro cuore, sarebbe una speranza debole, che non ha il coraggio di uscire fuori e farsi vedere, ma, come traspare dal Salmo 33 citato da Pietro, la nostra speranza deve necessariamente sprigionarsi al di fuori, prendendo la forma squisita e inconfondibile della dolcezza, del rispetto e della benevolenza verso il prossimo, arrivando addirittura a perdonare chi ci fa del male. Una persona che non ha speranza non riesce a perdonare, non riesce a dare la consolazione del perdono e ad avere la consolazione di perdonare. Sì, perché così ha fatto Gesù, e così continua a fare attraverso coloro che gli fanno spazio nel loro cuore e nella loro vita, nella consapevolezza che il male non lo si vince con il male, ma con l’umiltà, la misericordia e la mitezza».

Al contrario, «i mafiosi – ha aggiunto il Papa a braccio – pensano che il male si può vincere col male e così fanno la vendetta, tante cose che noi tutti sappiamo, ma non conoscono cosa sia umiltà, misericordia e mitezza e perché? Perché i mafiosi non hanno speranza. Ecco perché san Pietro afferma che «è meglio soffrire operando il bene che facendo il male»: non vuol dire che è bene soffrire, ma che, quando soffriamo per il bene, siamo in comunione con il Signore, il quale ha accettato di patire e di essere messo in croce per la nostra salvezza». In questo senso, «ogni volta che noi prendiamo la parte degli ultimi e degli emarginati o che non rispondiamo al male col male, ma perdonando senza vendetta e benedicendo, noi risplendiamo come segni vivi e luminosi di speranza, diventando così strumento di consolazione e di pace, secondo il cuore di Dio. Così – ha concluso il Papa – avanti con la dolcezza, la mitezza, essere amabili, fare del bene anche a quelli che non ci vogliono bene o ci fanno del male: avanti».

Francesco ha ricordato ai pellegrini di lingua polacca che nei primi giorni di aprile si ricorda il «ritorno alla casa del Padre» di Giovanni Paolo II: «Egli è stato un grande testimone di Cristo, zelante difensore dell’eredità della fede. Ha rivolto al mondo i due grandi messaggi di Gesù Misericordioso e di Fatima. Il primo è stato ricordato durante il Giubileo Straordinario della Misericordia, il secondo, riguardante il trionfo del Cuore Immacolato di Maria sopra il male, ci ricorda il centenario delle apparizioni a Fatima».

Il Papa ha salutato tra gli altri, a conclusione dell’udienza, i partecipanti al convegno promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura, «incoraggiandoli a riflettere sul futuro dell’umanità alla luce delle scienze mediche e dei perenni valori morali», e la Comunità Papa Giovanni XXIII «e – ha detto – mentre esorto a continuare l’opera in favore di ragazze sottratte alla prostituzione, invito i romani a partecipare alla Via Crucis per le donne crocifisse che avrà luogo venerdì 7 aprile alla Garbatella».

(Iacopo Scaramuzzi / Vatican Insider)

| © Vatican Media
5 Aprile 2017 | 12:04
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