Siria, il nunzio Zenari: il 12% dei bambini affetti da malnutrizione

Sono stati loro, i bambini siriani, ai quali è negato anche il diritto all’infanzia, i principali protagonisti della testimonianza che il cardinale Mario Zenari ha voluto rendere ieri sera nell’Aula magna della Pontificia Università Urbaniana. Visibilmente provato da quello a cui assiste quotidianamente da sette anni, si è fatto testimone soprattutto del dramma dei bambini siriani, senza dimenticarne le madri e i padri, e del progetto «Ospedali Aperti», con il quale tre ospedali cattolici cercano di dare sollievo a 40mila pazienti in 3 anni, dei quali 1897 già curati. Un progetto al quale ha attribuito grande valore, tendendo conto che in Siria più di undici milioni di persone non hanno accesso a cure mediche visto che questi anni di conflitto hanno messo fuori uso il 50% del sistema sanitario siriano e il 75% del personale sanitario non è più in servizio.

 

Arrivato in Siria nel 2009 dall’Africa, dove era nunzio, davanti a questo scenario di devastazione il cardinale Mario Zenari ha detto di essersi sovente ricordato di un proverbio africano: «Quando c’è una zuffa tra elefanti chi ci rimette è il prato». E in Siria gli elefanti sono i numerosi eserciti che si confrontano. Lo scenario in cui i bambini siriani muoiono o vivono la loro disperata infanzia è stato illustrato con alcune fotografie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: «Avete visto quante distruzioni: da quando sono arrivato in Siria c’è stata un’esplosione che ha riguardato anche me. Si è verificata quella domenica in cui, a Verona, degli amici mi hanno detto di aver sentito che il papa mi aveva citato tra i nuovi cardinali». E di lì a breve decise che quella berretta cardinalizia sarebbe stata per tutti i bambini di Siria.

 

Ma non tutta la Siria è un cumulo di macerie come quella illustrata dalle fotografie che erano state appena trasmesse, ha tenuto a specificare Zenari, aggiungendo che però c’è anche di peggio, come le distruzioni e le piaghe che non si vedono, a partire dalla rottura del tessuto sociale e dallo smarrimento del diritto all’infanzia. «La situazione umanitaria in Siria è fuori controllo» ha ribadito con allarme e dolore, ricordando che la signora Carla del Ponte, la magistrata svizzera divenuta famosa in tutto il mondo per la sua attività quale procuratore del Tribunale Internazionale, ha recentemente rinunciato all’incarico nella commissione d’inchiesta istituita dall’Onu sulla Siria affermando che nulla del genere si è visto durante la guerra nell’ex Jugoslavia e in Rwanda. Quindi ha ricordato che il segretario generale dell’Onu, António Gutierrez, ha parlato di inferno siriano. «Io stesso – ha aggiunto – anni fa chiamavo nella martoriata città di Homs, chiedendo come fosse la Pasqua all’inferno».

 

La sua storia personale, di originario di una terra che ha visto battaglie così drammatiche e sanguinose da aver portato alla nascita della Croce Rosse, proprio per soccorrere i soldati feriti sui campi di battaglia di Solferino e d’altri luoghi di spargimenti copiosi di sangue, ha indotto il cardinale a condividere con i presenti un’altra drammatica considerazione: «A quel tempo le battaglie tra eserciti si svolgevano lontano dai centri abitati, oggi non è più così, coinvolgono tante famiglie, madri, bambini…». Ed ha ricordato i tantissimi morti e feriti non solo nei combattimenti che hanno coinvolto direttamente la popolazione civile di tante città e tanti villaggi, ma anche i mille operatori umanitari, i mille soccorritori, anche volontari, che hanno perso la vita mentre prestavano la loro opera umanitaria. E tra le armi impiegate ha citato non solo quelle chimiche, proibite dalle convenzioni internazionali, ma anche l’arma della sete, ricordando che una volta si trovò a ricevere una delegazione; a quegli ospiti chiese se potesse offrir loro qualcosa: «Mi dissero, si figuri, basta un bicchier d’acqua. Gli risposi: sapete quante mi costa? Dovevo mandare l’autista a cinquanta chilometri di distanza per procurarsi dell’acqua potabile».

 

Tutto questo lo ha indotto a sollecitare a non distinguere tra le vittime, tra cristiani e musulmani, visto che tutti coloro che soffrono sono la «carne di Cristo». Indubbiamente, ha proseguito, ci sono gruppi più esposti e poi i cristiani, parlando in termini di valore sociale, «sono per la Siria una finestra sul mondo». Questo riferimento ai cristiani lo ha indotto tra l’altro a ricordare i cinque religiosi sequestrati di cui ancora non si hanno notizie: i due vescovi ortodossi, padre Paolo Dall’Oglio e due giovani preti.

 

Davanti alla vera e propria catastrofe siriana il cardinale Zenari ha saputo concludere però con una nota di incoraggiamento: «Ogni catastrofe può trasformarsi in un’opportunità». Ed ha raccontato di quando, dopo la conclusione della sanguinosissima battaglia di Aleppo, si recò con la delegazione di «Cor Unum» ad Aleppo est, il quartiere sunnita: lì videro tanti in condizioni di estremo bisogno e tra di loro «un uomo a un certo punto si mise a strillare: «Dio è grande, i miscredenti sono venuti in nostro soccorso!». Ecco come un disastro si trasforma in opportunità».

Riccardo Cristiano – VaticanInsider

13 Marzo 2018 | 12:30
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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