«Share the Journey» e la storia di Salaam

«Share the Journey», questo il nome della campagna di Caritas Internationalis lanciata il 27 settembre da Papa Francesco durante l’udienza generale del mercoledì e che chiama tutti a condividere un viaggio che non è solo dei migranti che arrivano in un paese ma è un cammino di chi arriva e di chi si trova ad accogliere. Accoglienza ed integrazione non sono parole a senso unico, bensì espressione di una relazione e di un incontro.

 

A presentare l’iniziativa con più dettagli, poche ore dopo alla Sala Stampa vaticana, è stato il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis. L’invito della Caritas arriva in un momento in cui, in vari paesi occidentali, le politiche anti-immigratorie stanno conquistando un più ampio favore popolare e, proprio per questo, la campagna è anche e soprattutto rivolta a chi nutre diffidenza verso i migranti affinché possa conoscere i motivi che portano una persona a lasciare la propria casa e possa vivere un’esperienza di incontro. «Speriamo che riunendo le persone, l’amore possa fiorire al di sopra della disperazione», ha affermato il cardinale Tagle, che riveste anche la carica di Gran Priore della Luogotenenza dell’Ordine per le Filippine.

 

L’Ordine del Santo Sepolcro è impegnato in prima linea nell’accoglienza dei migranti principalmente in Giordania e in Israele. Facendo eco all’invito di Share the Journey, vogliamo raccontare oggi la storia di un giovane iracheno che attualmente partecipa all’atelier «Living Mosaics» a Madaba, iniziativa finanziata dall’Ordine in collaborazione con Caritas Giordania e l’ambasciata di Francia, che mira a sostenere l’inserimento lavorativo e sociale dei migranti insegnando loro a realizzare mosaici.

 

Salaam Kikhwa ha 31 anni e viene da Qaraqosh, nella regione della Piana di Ninive, in Iraq. Studiava all’università di Mosul ma nel 2010 è rimasto ferito nell’esplosione di una mina che ha colpito il bus sul quale lui ed altri studenti cristiani stavano andando all’università. I danni maggiori che ha riportato sono stati agli occhi e da lì è cominciato un percorso che l’ha portato prima in Turchia e poi in Italia per varie operazioni che purtroppo non hanno ottenuto l’effetto sperato. Alla fine delle cure, Salaam ha deciso di rientrare in Iraq per amore per la sua patria.

 

La vita non è andata avanti in maniera semplice e nel 2014, l’ingresso dell’Isis a Mosul ha solo peggiorato le cose. Racconta Salaam: «L’Isis ha sferrato il primo attacco al mio villaggio il 25 giugno 2014 e Qaraqosh è divenuta un campo di battaglia per tutto il mese successivo. Ci svegliavamo durante gli scontri e per il rumore dei bombardamenti. Non c’era acqua, né elettricità o gas, ma solo terrore e ansia». Nell’agosto del 2014 Salaam e i suoi genitori hanno abbandonato per sempre la loro casa e sono fuggiti lasciandosi tutto alle spalle per raggiungere la Turchia dove speravano di trovare rifugio e poter ricominciare la loro vita.

 

Ma la mancanza di documenti, l’impossibilità di lavorare senza permesso con i conseguenti problemi economici e la difficoltà con la lingua hanno fatto ben presto terminare l’esperienza turca e la famiglia si è trasferita ad Erbil dove la chiesa locale aiutava chi era rimasto senza casa a trovare una sistemazione. «Eravamo in una camera che condividevamo con altre due famiglie. Era una vita senza dignità, senza speranza, senza futuro».

 

Infine, Salaam è arrivato con i suoi genitori anziani in Giordania dove è entrato a far parte dei progetti gestiti dalla Caritas. Attraverso i progetti che mirano a sostenere l’attività occupazionale dei rifugiati, Salaam può ora permettersi un affitto e l’assistenza medica necessaria per lui e per i suoi genitori. Certo, la vita resta sempre molto complicata e il futuro incerto ma la speranza rimane. «La nostra fede in Cristo è una roccia solida, non abbiamo altro che Dio».

 

La storia di Salaam è una delle tante storie di migranti che scopriamo tramite i progetti che l’Ordine sostiene in Terra Santa. «Share the Journey» ci invita a scoprire queste storie e questi volti, ad attivarci, a fare la nostra parte di cammino verso chi, in tanti casi, non ha scelto di partire dalla sua casa e andare in un altro paese.

 

2 Ottobre 2017 | 18:10
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