«Sappiate coniugare competenza e compassione»

«Cristiani attivi, ottimisti, sereni, concreti e profondamente umani». Presa così la frase sembra lo spot un po’ «alato» del bravo uomo di Chiesa. Invece sono gli aggettivi che scandivano la vita di uno dei cuori più grandi della Chiesa del Novecento, un professionista della misericordia per tutti, don Carlo Gnocchi. Il Papa ne cita la definizione davanti ai circa 4.500 membri della Fondazione che porta il nome del Beato, assiepati in Aula Paolo VI, che ascoltano Francesco – così simile al loro fondatore nei sentimenti verso gli ultimi – tratteggiare l’esperienza di questo «inquieto cercatore di Dio» e «coraggioso cercatore dell’uomo».

Il tenente buon samaritano

Coraggioso dall’alba dei suoi giorni visto che la dedizione di Don Carlo verso le miserie del suo tempo si accende subito, da giovane sacerdote, quando si occupa – «in modo eroico», sottolinea il Papa – di bambini, giovani, scartati di ogni tipo. Una «carità instancabile» che raggiunge il culmine nell’inferno di ghiaccio della ritirata militare italiana in Russia, dove feriti e moribondi trovano conforto nell’abbraccio e nelle cure di quel tenente cappellano dal viso affilato. Un buon samaritano che, al rientro dal fronte, crea nel ’49 la Fondazione che ancora oggi, rimarca Francesco, ne imita «l’atteggiamento» e ne diffonde «lo spirito»:

Non stancatevi di servire gli ultimi sulla frontiera difficile dell’infermità e della disabilità: insieme alle terapie e alle tecniche più avanzate per il corpo, offrite a quanti si rivolgono con fiducia alle vostre strutture le medicine dell’anima, cioè la consolazione e la tenerezza di Dio.

L’importanza di com-patire

Il Papa considera poi il lavoro svolto dalle strutture del Don Gnocchi. Sappiate coniugare, è il suo invito, «competenza e compassione», cioè la preparazione più aggiornata a quel valore che, afferma, fa andare «controcorrente rispetto alla cultura dominante: nel vostro caso, quando dedicate tempo e risorse alla vita fragile, anche se a qualcuno può sembrare inutile o addirittura indegna di essere vissuta».

La sofferenza dei fratelli chiede di essere condivisa, chiede atteggiamenti e iniziative di compassione. Si tratta di «soffrire con», compatire come Gesù che per amore dell’uomo si è fatto Egli stesso uomo per poter condividere fino in fondo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nella sua Passione. Una società che non è capace di accogliere, tutelare e dare speranza ai sofferenti, è una società che ha perso la pietà e, che ha perso il senso di umanità.

Solidali oltre che efficienti

E giacché, ricorda Francesco, l’annuncio del Vangelo «è più credibile grazie all’amore concreto con cui i discepoli di Gesù testimoniano la fede in Lui», ciò che più conta, conclude, è continuare a promuovere quel «buon modello» della Fondazione Don Gnocchi sia in Italia che nel mondo.

In un contesto sociale che favorisce l’efficienza rispetto alla solidarietà, le vostre strutture sono invece case di speranza, il cui scopo è la protezione, la valorizzazione e il vero bene degli ammalati, dei portatori di handicap, degli anziani.

Vatican News/red

31 Ottobre 2019 | 15:43
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