Santa Sede-Cina: diffusi oggi gli «Orientamenti pastorali» per la registrazione civile del clero

«La Santa Sede, da una parte, non intende forzare la coscienza di alcuno. Dall’altra, considera che l’esperienza della clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e che la storia ha mostrato che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede». Sono i presupposti degli Orientamenti pastorali della Santa Sede circa la registrazione civile del clero in Cina, diffusi oggi dalla sala stampa vaticana.

«La Santa Sede – l’appello centrale – continua a chiedere che la registrazione civile del clero avvenga con la garanzia di rispettare la coscienza e le profonde convinzioni cattoliche delle persone coinvolte. Solo così, infatti, si possono favorire sia l’unità della Chiesa sia il contributo dei cattolici al bene della società cinese».

«Da tempo giungono alla Santa Sede, da parte di vescovi della Cina Continentale, richieste di una concreta indicazione circa l’atteggiamento da assumere di fronte all’obbligo di presentare domanda di registrazione civile», si fa presente nel documento.

«Al riguardo, com’è noto, molti Pastori rimangono profondamente perplessi perché la modalità di tale registrazione – obbligatoria secondo i nuovi regolamenti sulle attività religiose, pena l’impossibilità di agire pastoralmente – comporta, quasi sempre, la firma di un documento in cui, nonostante l’impegno assunto dalle autorità cinesi di rispettare anche la dottrina cattolica, si deve dichiarare di accettare, fra l’altro, il principio di indipendenza, autonomia e auto-amministrazione della Chiesa in Cina».

«La complessità della realtà cinese e il fatto che nel Paese pare non esistere un’unica prassi applicativa dei regolamenti per gli affari religiosi, rendono particolarmente difficile pronunciarsi in materia», si fa notare nel testo, in cui si fa presente che «per quanto concerne la valutazione dell’eventuale dichiarazione che si deve firmare all’atto della registrazione, in primo luogo è doveroso tenere presente che la Costituzione della Repubblica Popolare Cinese dichiara formalmente di tutelare la libertà religiosa», come si legge nell’articolo 36.

In secondo luogo, l’Accordo provvisorio del 22 settembre 2018, «riconoscendo il ruolo peculiare del Successore di Pietro, porta logicamente la Santa Sede a intendere e interpretare l’›indipendenza’ della Chiesa cattolica in Cina non in senso assoluto, cioè come separazione dal Papa e dalla Chiesa universale, ma relativo alla sfera politica, secondo quanto avviene in ogni parte del mondo nelle relazioni tra il Papa e una Chiesa particolare o tra Chiese particolari».

«Affermare che nell’identità cattolica non vi può essere separazione dal successore di Pietro, non significa voler fare di una Chiesa particolare un corpo estraneo alla società e alla cultura del Paese in cui essa vive ed opera». A precisarlo sono sempre gli Orientamenti pastorali della Santa Sede. «Il contesto attuale dei rapporti fra la Cina e la Santa Sede, caratterizzato da un consolidato dialogo fra le due parti, è diverso da quello che ha visto nascere gli organismi patriottici negli anni cinquanta del secolo scorso», si puntualizza nel testo, insieme al «fatto di grande rilievo che, nel corso degli anni, molti vescovi ordinati senza il mandato apostolico hanno chiesto e ottenuto la riconciliazione con il successore di Pietro, così che tutti i vescovi cinesi sono oggi in comunione con la sede apostolica e desiderano una sempre maggiore integrazione con i vescovi cattolici del mondo intero».

Di fronte a questi fatti, «è legittimo aspettarsi un atteggiamento nuovo da parte di tutti, anche nell’affrontare le questioni pratiche riguardanti la vita della Chiesa». Da parte sua, si ribadisce nel testo, «la Santa Sede continua a dialogare con le autorità cinesi sulla registrazione civile dei vescovi e dei sacerdoti per trovare una formula che, nell’atto della registrazione, rispetti non solo le leggi cinesi ma anche la dottrina cattolica».

Nel frattempo, «se un vescovo o un sacerdote decide di registrarsi civilmente ma il testo della dichiarazione per la registrazione non appare rispettoso della fede cattolica, egli preciserà per iscritto all’atto della firma che lo fa senza venir meno alla dovuta fedeltà ai principi della dottrina cattolica. Se non è possibile mettere questa precisazione per iscritto, il richiedente la farà anche solo verbalmente e se possibile alla presenza di un testimone. In ogni caso, è opportuno che il richiedente certifichi poi al proprio Ordinario l’intenzione con la quale ha fatto la registrazione. Questa, infatti, è sempre da intendersi all’unico fine di favorire il bene della comunità diocesana e la sua crescita nello spirito di unità, come anche un’evangelizzazione adeguata alle nuove esigenze della società cinese e la gestione responsabile dei beni della Chiesa».

agenzie

28 Giugno 2019 | 14:34
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