Santa Sede: cessare il fuoco nel Congo e tutelare i civili

Cessare il fuoco, tutelare i civili, promuovere la pace, stabilire processi democratici, permettere il ritorno dei rifugiati: questi i cinque passi che la Santa Sede auspica vengano intrapresi immediatamente dal governo della Repubblica democratica del Congo, per sanare la drammatica situazione del Paese. Ad illustrarli, ieri, è stato l’Osservatore Permanente presso l’Onu di Ginevra, l’arcivescovo Ivan Jurkovič, nel corso della 35.ma Sessione del Consiglio dei Diritti Umani.

Deterioramento drammatico della situazione umanitaria
Nel Paese africano – ha sottolineato mons. Jurkovič – si registra «un drammatico e continuo deterioramento della situazione umanitaria e dei diritti umani» della popolazione ed «attacchi gravi, diffusi ed apparentemente pianificati contro i civili, le istituzioni religiose e le organizzazioni basate sulla fede, in particolare nella regione di Kasai». Una situazione per la quale «la Santa Sede esprime profonda preoccupazione», sottolineando come si tratti di «tragiche conseguenze di tensioni che non sono state mai affrontate adeguatamente, nonostante le iniziative di riconciliazione».

Promuovere pace, riconciliazione e dialogo
Di qui, l’appello dell’Osservatore permanente al governo congolese affinché, «in stretta consultazione collaborazione» con l’Onu, metta in atto il cessate-il-fuoco «garantendo la fine delle violenze e prevenendo il traffico di armi». Al contempo, l’esecutivo del Paese africano viene esortato a compiere «il proprio dovere di tutela e rispetto dei civili e del personale umanitario», insieme alla «promozione di sforzi efficaci e trasparenti per la riconciliazione, il dialogo e la pace».

Democrazia includa tutta la popolazione
Un ulteriore appello mons. Jurkovič lo lancia perché, grazie ad «una mediazione imparziale del conflitto», si possano «stabilire processi democratici» inclusivi di «tutti i settori della popolazione» e si costruiscano le condizioni che «permettano il ritorno sicuro dei rifugiati a Kasai».

No all’uso dei bambini-soldato
Infine, l’Osservatore permanente ricorda l’importanza di «preservare e difendere i diritti umani» della popolazione congolese e dei suoi «molti bambini strappati dalle loro famiglie e scuole per essere utilizzati come soldati». Una tragedia che, come detto già da Papa Francesco, rappresenta un richiamo alla «coscienza e alla responsabilità delle autorità nazionali e della comunità internazionale».

Le ragioni del conflitto
La Provincia del Kasai, nella Repubblica democratica del Congo, è da tempo al centro di violenti scontri tra l’esercito nazionale ed un gruppo armato fedele a Kamuina Nsapu, un capo tradizionale locale ucciso in uno scontro con la polizia nell’agosto 2016. Lo scorso marzo, i miliziani hanno teso un agguato ad un convoglio militare, decapitando i 40 poliziotti che erano a bordo. Il conflitto nel Kasai aggrava anche la tensione generale che si respira nell’intero Paese, dato che il presidente Kabila rifiuta di dimettersi nonostante la conclusione di due mandati, iniziati nel 2001, ed il divieto, sancito dalla Costituzione, di compierne un terzo. (I.P.)

(RadioVaticana)

23 Giugno 2017 | 11:17
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