Papa e Vaticano

Santa Sede: basta austerity, è ora di un nuovo «New Deal»

«Mi sembra che le politiche economiche di vari Paesi stanno mettendo in dubbio che l’approccio di austerità sia quello giusto in questo momento…»: monsignor Silvano Maria Tomasi, nunzio apostolico e membro del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha presentato l’ultimo rapporto Onu su commercio e sviluppo, mettendo in luce e sottolineando che, per superare definitivamente la crisi finanziaria ed economica del 2008-2009 – e gli squilibri globali che portano molti africani a migrare in Europa e affrontare offese alla propria dignità se non il rischio di morire – è necessario «aumentare i salari e gli investimenti statali» con un nuovo «New Deal» che ricorda gli Stati Uniti degli anni ’30.

 

«Senza sforzi significativi, sostenibili e coordinati per ravvivare la domanda globale aumentando i salari e la spesa governativa, l’economia globale sarà condannata ad una continua lentezza nella crescita se non peggio», ha detto l’arcivescovo presentando alla sede della Radio Vaticana il rapporto UNCTAD (l’organizzazione delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) sul Commercio e lo Sviluppo 2017, intitolato «Beyond Austerity: Towards a Global New Deal».

 

«Ora è il momento ideale per entrare negli investimenti privati con l’aiuto di una spinta fiscale concertata per riavviare nuovamente i motori della crescita, e al tempo stesso aiutare a bilanciare economie e società che, dopo tre decenni di iperglobalizzazione, sono seriamente sbilanciate», ha affermato l’ex osservatore permanente della Santa Sede alla sede delle Nazioni Unite di Ginevra. «New Deal» è la formula che evoca le politiche economiche interventiste che il presidente Franklyn Delano Roosevelet adottò, ispirandosi all’economista John Maynard Keynes, per fare uscite gli Stati Uniti dalla crisi economica iniziata con il crac di Wall Street del 1929.

 

«Dobbiamo fermarci su questa strada, cambiare rotta e cercare attraverso la costruzione di infrastrutture e di investimenti pubblici da parte dei governi di creare dei posti di lavoro perché è così che l’economia comincia a muoversi. Per superare i rimasugli della crisi del 2008-2009 dell’economia mondiale questa nuova sensibilità potrebbe essere la strada giusta che porta a una soluzione», ha detto Tomasi. «Non è il compito del Santo Padre di suggerire modelli economici operativi ma di dare una visione dove dobbiamo arrivare con l’uso dell’economia nel rispetto della dignità e della partecipazione di ogni persona alla vita sociale».

 

Più specificamente, «oggi troppe persone in troppi luoghi sono parte di una economia mondiale che produce risultati ingiusti e iniqui. Le crisi economiche e finanziarie come quella del 2008-2009 sono solo le manifestazioni più visibili di una economia mondiale divenuta sempre più sbilanciata in modi che non solo escludono ma sono anche destabilizzanti e pericolose per la salute politica sociale e ambientale del pianeta. Anche quando un paese è stato capace di crescere, che sia attraverso il consumo interno, un boom abitativo o le esportazioni, il guadagno ha accresciuto in modo sproporzionato i privilegi di pochi».

 

Tutto ciò, ha sottolineato il presule che ha letto il suo intervento in inglese, «si è dimostrato un terreno economico fertile per la retorica xenofoba per politiche introverse». Il problema, dunque, non sono il commercio o la tecnologia in sé. «La crisi del 2008-2009 è il risultato della combinazione di fallimenti etici e tecnici. Ha mostrato che per mitigare i rischi sistemici sono necessarie sia la disciplina esterna dei mercati e della legge, sia la statura morale e l’autolimitazione (self restraint) degli attori. Negli anni che hanno preceduto la crisi, entrambi gli elementi semplicemente sono mancati». Per questo «sono necessari sia un forte risveglio morale che una riflessione globale sull’ambiente regolatorio che permetta al pianeta uno sviluppo di lungo periodo».

 

Il rapporto di Unctad «incoraggia il passaggio da una società centrata sulle cose, o meglio una società orientata al profitto, ad una società centrata sulle persone, in linea con il magistero sociale della Chiesa cattolica». E, secondo l’arcivescovo, bisognerebbe «lanciare un nuovo «New Deal» globale e una applicazione della Agenda per lo sviluppo sostenibile del 2030» e abbandonare «le politiche di austerità poiché tali politiche impediscono l’inclusione aumentando le ineguaglianze e penalizzando i poveri».

 

Il presule ha fatto in particolare l’esempio dell’Africa: «I prezzi bassi del petrolio e la fine del boom delle materie prime, specialmente nel 2014, hanno colpito la regione africana. La difficile situazione di molti Paesi africani è dovuta, come spiegato dal rapporto, alla continua incapacità di raggiungere la crescita attraverso la diversificazione: la maggior parte dei Paesi rimangono pesantemente dipendenti da una o da pochissime materie prime. L’instabilità economica delle regioni africane è la ragione principale dei flussi migratori di massa che l’Europa ha visto nell’ultimo paio d’anni e che sfortunatamente hanno causato molte morti, sofferenze per i migranti e le loro famiglie e offese alla loro dignità umana», ha sottolineato monsignor Tomasi.

 

Che, a margine dell’evento, ha risposto a chi domandava se le ultime affermazioni di Papa Francesco sugli immigrati, di ritorno dalla Colombia, segnino un cambio di linea della Santa Sede, affermando che: «La preoccupazione di Papa Francesco è di creare una società che sia inclusiva e che non escluda categorie o gruppi di persone. La sensibilità che egli mostra verso le migrazioni è dentro questo quadro generale che non si limita agli emigrati e ai richiedenti asilo ma abbraccia tutta la popolazione di una società. Quindi dobbiamo interpretare e inquadrare le affermazioni del Santo Padre in questo contesto ampio della dottrina sociale della Chiesa dentro cui egli si muove continuamente».

 

Lo ius soli è auspicabile? «Bisogna vedere nell’interesse stesso dell’Italia e della popolazione italiana qual è la strada migliore per incorporare gli immigrati che hanno deciso di rimanere qui, di investire qui il loro futuro e fare in modo che partecipino alla vita sociale in maniera piena». Tuttavia, «strumentalizzare gli emigrati per fini politici immediati mi pare non sia saggiodobbiamo proteggere tutti, i cittadini italiani e queste persone che chiedono asilo politico perchè hanno delle motivazioni serie e l’obbligo internazionale di accettare le persone che chiedono asilo è ben definito».

 

Alla presentazione del rapporto Onu il presidente del dicastero vaticano, il cardinale Peter Turkson, impegnato in questi giorni proprio a Ginevra, ha inviato un messaggio di saluto via video. Alla tavola rotonda presso la Radio vaticana, moderata da Flaminia Giovanelli, sotto-segretario dello stesso Dicastero, sono intervenuti Stephanie Blankenburg e Piergiuseppe Fortunato, rispettivamente responsabile e membro della Development Finance Branch dell’Unctad.

Iacopo Scaramuzzi – VaticanInsider

15 Settembre 2017 | 12:00
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