Libri

Salvati da uno sguardo

È il 2016 e la giovane ticinese Maria Paola Caiata parte come volontaria in Brasile per un anno sabbatico al termine della maturità liceale. Oltre oceano raggiunge la missionaria laica Rosetta Brambilla, attiva da diversi decenni nelle favelas di Belo Horizonte, dove ha dato vita ad una straordinaria rete di opere educative per bambini e ragazzi di strada. L’esperienza della giovane di Taverne è molto pregnante, e per condividerla con la propria famiglia Maria Paola inizia a descrivere ciò che incontra. Suo padre, Claudio, rimane toccato da quanto riporta la figlia, percependo una profondità dello sguardo che va oltre il puro resoconto. Le testimonianze si rivelano immagini plastiche, dalle quali emerge una bellezza che diventa tutt’uno con il metodo educativo impostato da Rosetta Brambilla. Da quel momento ogni racconto è occasione di stupore e desiderio d’immergersi ancora di più in quella realtà, sofferente ma soprattutto brulicante di umanità da abbracciare. La richiesta di Maria Paola di lanciare un progetto di sostegno a distanza viene assecondata dai genitori Caiata, che trovano in AVAID (Associazione Volontari per l’Aiuto allo Sviluppo) il partner necessario a rendere credibile l’iniziativa. AVAID, come spiega Valerio Selle, «vanta una storia ventennale di analoghe iniziative condotte in varie parti del mondo, volte al recupero della dignità della persona proprio attraverso l’educazione al bello».

L’operazione viene promossa attraverso un’esposizione fotografica organizzata presso il Quartiere Maghetti di Lugano nel dicembre del 2017, durante la quale l’approccio di Rosetta Brambilla centrato sulla bellezza rivelata dallo sguardo viene illustrato attraverso dei pannelli tematici, che vanno dalla favela, allo sguardo, alla famiglia, all’abbraccio e all’educazione. Al termine della mostra, quasi seguendo un misterioso filo conduttore, Claudio racconta con fervore della vicenda ad un suo amico non vedente, Dante Balbo, il quale coglie il messaggio con la medesima passione e gli suggerisce di trasformarlo in un libro. Claudio ci pensa e accetta la sfida, chiedendo però a Dante di fargli da spalla e di musicargli l’opera con una serie di canzoni ispirate alle testimonianze di Maria Paola. Dopo un anno di lavoro in parallelo, l’uno sul testo scritto, l’altro sul CD audio, nasce «La bellezza salva il mondo», volume promosso martedì 11 dicembre scorso nell’aula magna dell’USI alla presenza della stessa Rosetta Brambilla, giunta appositamente dal Brasile. Un folto pubblico di 300 persone ha raccolto l’invito dei co-patrocinatori, il Centro Culturale della Svizzera Italiana e la già citata AVAID. Cosa muove il cuore di un padre quando vede una figlia spendersi come volontaria in Brasile? Cosa sostiene una missionaria laica che ha trasformato le favelas in un modello di sviluppo? Cosa dicono queste esperienze a ognuno, affinché possiamo aprirci al bisogno degli altri? Durante la serata, intercalati dalle musiche di Dante Balbo (»La bellezza nei canti»), i protagonisti di questa incredibile storia hanno cercato di dare risposta alle domande.

Claudio, curatore del volume, ci racconta: «Ho voluto approfondire ciò che mi aveva folgorato all’inizio e poi guidato lungo tutto il progetto. Più che scrivere un libro ho curato una vetrina in cui altri hanno fornito gli ingredienti, che io ho predisposto cercando di restare fedele all’intuizione originaria di una verità semplice: quella della riscoperta della bellezza attraverso lo sguardo. Il senso del libro non è stato celebrare il lavoro di mia figlia e nemmeno le favelas, che non mi attirano particolarmente e dove tra l’altro non sono mai stato. Ho piuttosto intravisto qualcosa che è di tutti, ma che forse, date le circostanze più drammatiche, nelle favelas si lascia cogliere piu facilmente, come luce in una stanza buia. La bellezza di uno sguardo è sperimentabile nel quotidiano, e intercettarla equivale a scoprire una misura che pur non appartenendoci ci corrisponde meglio di qualsiasi altra cosa, ci parla e si rende desiderabile. Rosetta ha centrato il cuore della sua opera sullo sguardo che accarezza, regalando esperienze di abbracci profondi che accompagnano la crescita dei piccoli, preparandone la loro maturità e rendendoli desiderosi a loro volta del bello, al punto di contagiare le stesse mamme (le famiglie sono perlopiù monoparentali) a recuperare autostima e un ruolo di protagoniste nell’educazione dei figli. Guardare chi guarda così aiuta a scoprire una possibilità nuova di rapportarsi con gli altri. Questo è ciò che mi ha mosso, e l’ho capito osservando Maria Paola e Rosetta, accomunati dal desiderio di lasciar fiorire il bello che per qualche strano dono riuscivano a percepire nello stare con i piccoli».

Ancora Claudio Caiata: «Un simile sguardo è di tutti e diventa cultura, modo di essere e di fare ad ogni latitudine. Coi nostri sguardi possiamo portare morte o speranza a chi ci circonda. Allenando questa risorsa – facendone un esercizio di memoria – possiamo esprimere benevolenza e seminare il bello. Uno sguardo desideroso di bellezza è gratuito e può durare per sempre, porta con sé un riverbero di eternità, contagia chi lo dà, chi lo riceve e chi lo intercetta come terzo spettatore. Soprattutto i bambini hanno sete di questo sguardo, sono come spugne e noi possiamo ferirli come rafforzarli nell’autostima, permettendo loro – sguardo dopo sguardo, mattone su mattone – di consolidare una positività che porteranno sempre con sé o… di cui sentiranno la nostalgia, qualora un giorno dovessero ahimè intraprendere strade tortuose. Questa consapevolezza mi ha fatto letteralmente tremare».

Il cuore di ogni persona sa riconoscere la bellezza, e quando la individua la desidera, perché ne intuisce una corrispondenza, come se l’attendesse da un’eternità. In questo senso – rivela ancora Claudio – il libro riflette un desiderio autobiografico di guardare e di essere guardato. Si può parlare di bellezza in tanti modi, attraverso l’arte, la natura o altro ancora. Quella del gioco di sguardi è solo una delle diverse modalità, che mi ha colpito nel concreto della mia vicenda famigliare. Ho quindi cercato di approfondirla, in un percorso che mi stava offrendo la possibilità di farla emergere come bene per me. La bellezza è un’evidenza difficile da descrivere, a cui ti puoi avvicinare solo per approssimazione. Mentre si lasciava cogliere, mi accorgevo di cambiare il vocabolario, perché per metterla a fuoco trovavo alcuni termini più pertinenti e mai impiegati prima. Ho cominciato a scrivere di una bellezza che si rivela attraente e che ci fa sentire adeguati ad una misura non nostra, di una bellezza che pre-sentiamo ma che sfugge, che va e torna, che si possiede solo donandola oltre, altrimenti soffoca, di una bellezza, infine, che a volte temo quasi come una fregatura, salvo poi ammettere che sono fatto per essa – chiunque lo è – e ne porto non solo il desiderio di compimento ma anche la capacità d’intercettarla. È un vortice che implica movimento, chiede un uscire da me per rientrarvi possibilmente meno inquieto. La bellezza è anelata da tutti, e perfino chi sembra rifiutarla in realtà ne subisce la nostalgia. Me ne sono accorto leggendo alcuni dei racconti di Maria Paola, dove la violenza che caratterizza la favela risparmia incredibilmente il perimetro dell’Etelvina (l’asilo da cui prende il nome il progetto di sostegno a distanza, ndr), come se in fondo lo stesso popolo di spacciatori e violenti che si muove per quei vicoli tenesse a preservare un angolo di bellezza per i tanti bambini di strada sui quali sembra incombere un futuro già scritto».

«Maria Paola si è fatta portavoce di uno sguardo benevolo, che è arrivato fino a me ed è passato oltre, raggiungendo in seguito Dante, quasi come l’inarrestabile passarsi di un testimone. È uno sguardo che rivela un punto di vista altro, che non è di mia figlia e nemmeno di Rosetta, ma che in una lunga catena non può non ricordarci lo sguardo che Cristo riservava agli uomini che incrociava, trasmettendo loro un desiderio e una promessa di bene. Rosetta lo spiega in alcune pagine, quando dice che lo sguardo posato sul bambino gli accarezza il volto, lo abbraccia con tutta la sua storia e non lo lascerà più».

Di questo medesimo sguardo racconta paradossalmente pure Dante, che da non vedente – conclude Claudio – è stato per me garanzia di autenticità, evitandomi ogni riduzione superficiale. Dante mi ha completato, affiancando ai miei termini di «sguardo» e «bellezza» espressioni come «incanto» e «incontro», per raccontare della stessa folgorazione che ci ha accomunati nel cammino di quest’anno.»

«Le mie canzoni» – ci dice infatti Dante – «vogliono essere uno specchio delle moltissime sensazioni trasmesse dalle parole di Maria Paola. Il messaggio del libro e delle mie canzoni è il medesimo: vogliamo cantare la bellezza che si nasconde dietro uno scambio di sguardi. Due sguardi che si incrociano, quello della volontaria e quello del bambino bisognoso, restituiscono ad entrambi la loro umanità. Da qui anche il titolo del libro, che non si riferisce certo ad una bellezza estetica, bensì ad una bellezza e ad una ricchezza – quella che salverà il mondo – tutta interiore. Incontrarsi è l’unico modo per riscoprire la propria umanità. È un richiamo involontario alla famosa frase di Dostoevskij nel suo romanzo l’Idiota – La bellezza salverà il mondo – ma con una differenza: per noi non è un’ipotesi futura; la bellezza salva ora il mondo, qui ed ora. La povertà nasconde un grande paradosso: essa cela anzitutto un bisogno di bellezza. I bambini hanno qualcosa di speciale, la capacità di rinascere. Per farlo, per guarire dalla ferita dell’abbandono, che si manifesta nei più svariati modi, hanno bisogno di un contatto, di un abbraccio. Ecco la bellezza dell’incontro».

«La più grande miseria dei bambini di queste favelas è quella di non aver mai ricevuto un abbraccio vero dalle loro madri, spesso anch’esse a loro volta ferite e dunque incapaci di amore. È contro questo circolo vizioso che si pone l’opera di Rosetta e a cui Maria Paola ha potuto partecipare. Il libro racconta tante di queste storie di rinascita, di persone trasformate dall’opera di Rosetta. E lascia un messaggio vivificante di speranza: nel giro di poche settimane, persone anche distrutte dalla droga, debilitate, se incontrano accoglienza ritrovano la forza di riprendersi la loro vita. Interessante, poi, che molte delle protagoniste di queste storie di rinascita – fatte di coraggio, forza, caparbietà – siano donne, in un Paese come il Brasile, in cui le donne non sono affatto protagoniste delle loro vite».

Ma lasciamo concludere proprio a lei, a Maria Paola, che nell’ultimo numero della rivista di AVAID, «Buone notizie», scrive:

«La bellezza che avevo incontrato la prima volta è rimasta intatta, e la sto sperimentando di nuovo, attraverso i volti di tutte le persone coinvolte, tanto quaggiù quanto da voi. Come quello di una bambina di undici anni che prima di ripartire per il Brasile, tre mesi fa, mi aveva consegnato una scatoletta nella quale per mesi aveva raccolto in silenzio numerose monetine «per i bambini poveri del Brasile»; o come il meraviglioso CD musicale di Dante Balbo, La bellezza nei canti, allegato al libro di mio papà La bellezza salva il mondo».

Nella rivista si potrà leggere la sua testimonianza completa. Ricordiamo che si può ordinare il libro, alla Libreria Al ponte di Mendrisio o alla Libreria Lo Stralisco di Lugano. Per ulteriori informazioni, è inoltre possibile scrivere a progetto.etelvina@gmail.com o visitare la pagina FaceBook abelezasalvaomundo. Inoltre, questa domenica, 16 dicembre alle 8.30 su Rete Uno, «Chiese in diretta» riserverà alla vicenda un servizio speciale.

(red)

14 Dicembre 2018 | 13:40
Tempo di lettura: ca. 7 min.
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