Roberto Albin: «Traduco in arte la Parola di Dio»

Evangelizzare, portare il vangelo al prossimo, per Roberto Albin, significa anzitutto, trovare i modi giusti di comunicare la buona novella. Della comunicazione del vangelo, lui – napoletano per nascita, ticinese d’adozione – ha fatto la propria ragione di vita e, da attore e musicista, la propria arte. Un interesse che cresce in lui fin da bambino e che, ancora oggi, alla soglia dei 52 anni, «abita» le sue creazioni artistiche. L’ultima fatica, in ordine cronologico, è l’edizione della Passione di Cristo trasposta in napoletano, frutto di uno spettacolo portato in scena dal vivo nel 2013 in tutta Italia e, ora, consegnato alla carta per le edizioni Apeiron. Sfogliando la pubblicazione (ma anche «ascoltandola» grazie al codice QR), la vista rimane incantata, rinvigorita, quasi ipnotizzata da un racconto che è in realtà un lungo, affascinante e melodico canto in napoletano, ispirato da quanto i quattro evangelisti raccontano, ciascuno con la propria delicatezza: gli ultimi momenti salienti della salita di Cristo al calvario, la sua morte e risurrezione. «L’idea nasce da un regalo che mi fecero i miei genitori, anni or sono: il vangelo secondo Matteo in napoletano di Renato De Falco. Ne rimasi incantato. Da qui l’idea di pensare a un unico grande racconto della Passione, tratto dai quattro vangeli, immaginando che vi assista uno «spettatore», un apostolo «napoletano», che descrive nella sua lingua quanto vede». Il volume, assieme allo spettacolo, è l’esito di un lungo percorso. Sui palchi della penisola, il drammaturgo ha portato alcuni dei più bei brani della tradizione cristiana: dalle preghiere «mistiche» del Turoldo, ai «Fioretti di San Francesco», su su fino alla partecipazione ai festeggiamenti per Sant’Andrea Avellino – ottavo patrono di Napoli – e la lettura pubblica dei suoi testi. Ma raccontare il vangelo, a un certo punto, non bastava più: bisognava viverlo, soprattutto in una Napoli ancora segnata da molte povertà, materiali e morali. Nel quadro dei progetti per bambini in difficoltà, promossi dall’Unione europea, Albin avvicina i bambini nati e cresciuti nei più lugubri e decaduti quartieri della sua Napoli, ad esempio Soccavo, insegnando loro i grandi classici della recitazione: Shakespeare e Eduardo De Filippo.Il teatro che trasforma la realtà: per molti di quei ragazzi, fare e disfare, su un piccolo palcoscenico, è stato il motivo per cui credere in una vita diversa. Poi l’arrivo in Ticino, nel 2015: risale a quegli anni l’amicizia di Albin con fra Martino Dotta, per il quale animerà i pranzi sociali con la sua voce e la sua musica e la conoscenza della Confraternita di S. Carlo, di cui oggi Albin è confratello. Dopodiché inizia la collaborazione con la RSI, che negli anni andrà consolidandosi, fino a diventare lettore radiofonico. A Viganello, lo scorso anno, porta invece in scena «Dieci», uno spettacolo che unisce al racconto omonimo di Andrej Longo, una lettura dei dieci comandamenti. Ultima tra le iniziative «ticinesi» di Albin quella di tenere, alla Facoltà di teologia di Lugano, dei corsi di dizione della Parola di Dio: «Non scorderò mai gli inizi, quando l’Associazione «Giustino Fortunato» mi chiese – avevo 21 anni – di portare in scena la «Notte Santa» di Guido Gozzano. Fu un successo. Alla fine, un critico mi disse: la cosa bella è che il testo di Gozzano non ha perso dignità vicino alla musica. Per me è stata una rivelazione: la musica può servire a raccontare meglio il Vangelo. La Parola è Cristo stesso che parla. Dietrich Bonhoeffer diceva che, leggendola, «ti devi spogliare di te stesso»: devi prenderti cura della tua vita, e la Parola è la tua vita. Non dev’essere teatrale la lettura della Parola di Dio, ma deve arrivare. Anche in questo, ci vuole studio». La traduzione in napoletano dei Vangeli, dal titolo Chest’ è ‘a Storia d”o Munno, è disponibile presso la libreria Agapao a Lugano. (LQ)

13 Giugno 2021 | 07:06
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