Papa e Vaticano

«Ricentrarci su ciò che ci costituisce fratelli in umanità»

La riflessione sull’enciclica di Papa Francesco, «Fratelli tutti», firmata da Salvatore Martinez del Rinnovamento nello Spirito.

Ringraziamo il Santo Padre per «Fratelli tutti», un disarmante sguardo sul nostro mondo, un grido gravido di passione per Dio e per l’uomo. L’Enciclica è venata di speranza cristiana, interpella l’offerta di un nuovo amore per l’uomo, per la sua dignità inalienabile, non commerciabile o cantierabile dentro disegni opposti al volere divino, sempre integrale e trascendente. Un amore grande, che supera barriere e confini, che non può essere in recessione perché non è in crisi lo Spirito Santo, la Sua effusione di risorse vitali, che abitano nel cuore di ogni uomo, di ogni razza, fede e cultura, e rendono possibile e praticabile la parola fraternità.

Grandi ideali si rincorrono e venano questa Enciclica sociale, che è esegesi spirituale globale ancora più ampia della precedente «Laudato si’», a significare una «visione» universale di rinnovamento del nostro tempo, che esige risposte planetarie a grandi questioni universali ancora irrisolte. Per questa ragione «Fratelli tutti» ha, inscritta nella sua indole, una vocazione che travalica i confini visibili della cattolicità, della cristianità e si pone come una «agenda ragionata» interculturale e interreligiosa, che interpella tutti, laici e laicisti inclusi.
«Tutti fratelli», nella disponibilità a ricentrarci su ciò che ci costituisce «fratelli in umanità», accomunati dal primo e comune destino che è quello di «abitare la terra», in un regime di giustizia e di pace per tutti. Papa Francesco, come i grandi leader della storia, si conferma «uomo di visione», capace di «sognare a occhi aperti, perché capace di un grande amore» (Santa Teresa di Calcutta).
Oggi, in Occidente e in Oriente, constatiamo una reciproca sfida tra culture, religioni e diritti umani, sia nei contesti delle relazioni tra Stati che delle comunità intermedie. Il Papa ci ricorda che stiamo vivendo un processo storico di globalizzazione irreversibile; urge, pertanto, avere coscienza – i decisori politici innanzi a tutti – di essere partecipi di un comune destino d’interdipendenza mondiale.
Molti politologi avevano previsto per il XXI secolo uno «scontro tra le civiltà»; a noi, ricorda Francesco, spetta contrapporre una realistica visione di speranza, una cultura della misericordia che intanto si muova nella reciproca considerazione delle fedi e religioni che sono nel mondo, perché promuovano e incarnino una «nuova alleanza» in favore dell’uomo.

Le fedi e le religioni possono contribuire a evitare un simile scontro, se mosse da quattro convinzioni: non c’è pace fra le nazioni senza una pace fra le religioni; non c’è pace fra le religioni senza dialogo tra le religioni; non c’è dialogo fra le religioni senza un modello etico-spirituale globale a fondamento delle relazioni tra uomini; non c’è un modello etico-spirituale globale a fondamento delle relazioni tra uomini senza porre al centro l’uomo e i suoi diritti nativi, l’uomo e la sua dignità inalienabile, integrale e trascendente.

Nessun diritto umano è al sicuro se non ci s’impegna a tutelarli tutti!

Quando si accetta, senza reagire, la violazione di uno qualsiasi dei diritti umani fondamentali, si pongono a rischio tutti gli altri. È indispensabile, pertanto, un approccio globale al tema dei diritti umani, della solidarietà internazionale, dell’inclusione sociale dei soggetti impoveriti da un uso improprio e ingiusto delle risorse umane e naturali, a partire da un serio impegno a loro difesa.
Solo quando una cultura dei diritti umani, rispettosa delle diverse tradizioni, diventa parte integrante del patrimonio spirituale e morale dell’umanità, allora si può guardare con serena fiducia al futuro.
Come potrebbe esservi guerra, se ogni diritto umano fosse rispettato? L’osservanza integrale dei diritti umani è la strada più sicura per stringere relazioni solide tra le religioni, tra i popoli e tra gli Stati. La cultura dei diritti umani non può che essere «cultura di pace», che investa le coscienze mediante la collaborazione di ogni forza sociale, di tutti i corpi intermedi, degli ambiti accademici, dei movimenti religiosi.
Perché tutto questo accada, il Papa lo ricorda con forza, serve una «discontinuità generazionale»:la necessità di coinvolgere in prima istanza i giovani, una nuova generazione di leader, perché siano sempre più capaci di interpretare questa stagione di cambiamenti e di trasformazioni che sta profondamente segnando la nostra epoca.
I giovani possono, devono essere i nuovi interpreti di una stagione d’incontro, di dialogo e di convivenza pacifica tra i popoli, i nuovi protagonisti della tutela delle nostre comunità.I giovani devono essere gli interlocutori privilegiati della nostra azione politica e culturale a tutela delle comunità religiose e della libertà di professare la fede.Un’azione verso la quale l’Italia e l’Europa sono naturalmente portate, nonostante tutti i tradimenti di memoria e d’identità cristiana, alla luce della nobile tradizione di promozione e di difesa della persona umana che ancora contraddistingue la nostra cultura umana, quell’umanesimo spirituale generato dal Cristianesimo.
Ringraziamo ancora Papa Francesco per l’Enciclica «Fratelli tutti». Il RnS si impegna ad approfondirla, a diffonderla, ma soprattutto a farla divenire causa di rinnovamento dei nostri stili di vita, dei nostri ideali, della nostra missione.

Sir

7 Ottobre 2020 | 18:06
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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