Quando l'arte ci parla di morte e resurrezione

Presentati ieri sera al LongLake alcuni estratti del volume appena edito dal Mulino «Croce e Resurrezione», scritto a quattro mani dalla prof.ssa Gabriella Caramore e dal prof. Maurizio Ciampa, moderati durante la serata dal prof. Marco Maggi dell’Istituto di Studi italiani dell’USI.

Per gli spettatori è stata una sorpresa scoprire che dentro una tela che raffigura la Passione di Cristo molto spesso si concentra le tensione della storia e del momento storico del suo autore. Come nella Salita al Calvario di Peter Bruegel, datata 1564: il subbuglio dei personaggi è immagine di quello del mondo, della storia; lo spazio della rappresentazione diventa theatrum mundi. Il 1564 per altro è una data profondamente significativa, di svolta: muore Michelangelo, nasce Galileo.

Di questo mondo che cambia le rappresentazioni della Passione ne sono uno specchio. Una caratteristica che si ritroverà su su fino all’Ottocento, quando James Ensor mette mano alla sua Entrata di Cristo a Bruxelles: i personaggi che assistono al dramma sembrano maschere morte, automi senza mobilità umana e la sensazione è quella di partecipare ad un grande carnevale; non sembrano uomini che accompagnano Cristo alla morte, ma un corteo carnevalesco, in cui la centralità dell’evento – Cristo che porta la croce – si perde. Ci troviamo, insomma, davanti ad un insieme umano che non partecipa del dramma che si sta svolgendo. «È – commenta il prof. Ciampa – la rappresentazione ultima di un Cristo che si dispone ad uscire dalla storia; la memoria della Passione si affievolisce a causa della secolarizzazione, non ne restano che frammenti, resti».

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13 Luglio 2019 | 15:13
arte (74), pittura (4), risurrezione (5)
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