Una foto di gruppo degli imprenditori UCIT
Ticino e Grigionitaliano

Quali impatti e scenari per l'economia dopo la pandemia: le riflessioni dell'Ucit

Nella Tavola Rotonda dal titolo «Quali impatti e scenari previsti per l’economia reale dopo la pandemia», Stefano Devecchi Bellini, Presidente dell’Associazione UCIT – Unione Cristiana Imprenditori Ticinesi, ricorda come sia importante e attuale incentivare processi di cambiamento volti alla solidarietà e al bene comune.

Il tutto ponendosi l’obbiettivo di orientare il comportamento di imprenditori e manager verso temi legati alla leadership, alla sostenibilità, al welfare, alla diversità, alla coesione sociale e, soprattutto, ai giovani. In un contesto di mercato sempre più dinamico, volatile e imprevedibile, il processo di definizione delle decisioni è difficile e complesso.

La pandemia ha avuto impatti significativi sul comparto industriale, in particolare le supply chain di vari settori hanno subito forti ripercussioni, obbligando le aziende a far fronte ad improvvise interruzioni di forniture e perdite economiche per le quali non erano preparate prima della pandemia. Questa grande crisi ha messo in evidenza alcune vulnerabilità delle supply chain come i modelli di business e le strategie adottate dai manager.

La globalizzazione ha rappresentato un fattore di grande importanza nel ridefinire le politiche di produzione e approvvigionamento per molte aziende, provocando una significativa riduzione dei costi, diminuzioni dei tempi di risposta a variabilità di domanda e offerta, dovendo assicurare sempre, e comunque, un’alta velocità di commercializzazione e una bassa attesa per il consumatore.

Le strategie delle aziende adottate nella supply chain si basano su dati storici che rendono difficile fare previsioni e anticipare shock di sistema, come nel caso degli eventi recentemente accaduti. Gli effetti derivanti dalla pandemia saranno percepiti dalle aziende ancora per molto tempo. Per questo motivo è di primaria importanza per i manager della supply chain adottare dei cambiamenti nella strategia di business sul mercato e prepararsi a futuri scenari che si potranno verificare nei prossimi anni.

L’evento di UCIT è stato preparato per comunicazione e promozione da due stagisti dell’USI, Marco Angeloni e Alice Tognetti. La moderazione invece è stata affidata all’imprenditore e Professore SUPSI Marco Dal Lago il quale ha informato le molte persone collegate che in occasione del precedente convegno del 31 marzo era già stato affrontato il tema pandemico ed i suoi effetti sull’economia locale e globale, ma con un accenno particolare ai risvolti in termini di governance, leadership ed impresa sociale. La peculiarità di questa crisi sistemica pare abbia colpito sia la domanda che l’offerta. Le aziende della moda e del lusso sono state profondamente colpite dalla crisi e, in alcuni casi, hanno dovuto stravolgere la supply chain, il modello di business o, addirittura, la strategia.

L’intervento di contesto è stato affidato a Carlo Giardinetti, Responsabile Sostenibilità Deloitte Svizzera. Le recenti crisi finanziarie (2007-2008), climatiche (2018) e sanitarie (2020) hanno spinto il mondo e le imprese all’interno di quella che le Nazioni Unite chiamano «Decade of Action«.

Trattasi di un decennio (2021-2030) decisivo per la storia dell’umanità e del pianeta, che sarà il contrario di «back to normal«, poiché basato su un cambiamento esponenziale. In questo contesto, le imprese hanno l’opportunità, ma anche l’obbligo morale, di contribuire allo sviluppo del bene comune. Ad esempio, esse rispondono con sempre maggior consapevolezza al fine di servire la società in armonia con il pianeta.

Non a caso, saranno sempre più propense a raggiungere gli obbiettivi Net-zero, rafforzare i propri ecosistemi e creare valore condiviso con altri stakeholders. La sostenibilità sarà inserita in tutte le aree del business e le aziende seguiranno principi etici e supporteranno le dinamiche volte all’inclusione. Allo stesso modo, anche i governi nazionali si stanno muovendo per perseguire gli obbiettivi di Parigi e misurare il benessere, non il GDP.

Le value chains saranno brevi e locali, digitali e agili e, infine, circolari al 100%. Il capitalismo del futuro avrà tre tipi di portatori d’interesse: il Governo (State Capitalism), i company shareholders (Shareholder Capitalism) e tutti gli stakeholders (Stakeholders Capitalism). Questa necessaria transazione sarà basata su un’economia al servizio della società entro i limiti della biosfera. Fino ad ora si è sottovalutata l’importanza della biodiversità, ma la natura è un asset. È il momento di contabilizzarne il valore.

Nel primo giro di domande e risposte della Tavola Rotonda Beatrice Fasana, CEO di Sandro Vanini SA, ricorda il recente 60° anniversario della propria fondazione avvenuto lo scorso anno. L’azienda ha cambiato proprietà quando Sandro Vanini, non avendo successori in famiglia, cedette la sua azienda al suo cliente di lunga data, la basilese Haecky Import SA.

I prodotti food sono premium, non di prima necessità. Il lavoro non si è mai fermato, se non quando il Cantone ha imposto di chiudere le attività per due settimane. Lo stretto contatto con le istituzioni, le associazioni di categoria, il Cantone ed Haiti ha permesso di ricevere tutte le formazioni e regole necessarie al fine di continuare l’attività.

L’anno 2020 è stato tuttavia positivo per l’azienda ed in questi mesi si sta assistendo ad un rimbalzo importante nella domanda dei nostri prodotti. Ciò è veramente sorprendente dal momento che trattasi di beni non di prima necessità (marrons glacés; mostarde; …). Non hanno sofferto mancanza di materia prima perché il rifornimento avviene solitamente l’anno precedente. Discorso diverso per imballaggi e trasporti, di cui hanno risentito l’effetto, specialmente nel rialzamento dei prezzi.

Nicolas Girotto, CEO di Bally SA, racconta brevemente la storia di Bally iniziata nel lontano 1851 e, dopo centosettant’anni, è divenuto un brand globale. Oggi Bally si trova in circa 70 Paesi del mondo, vanta più di 300 negozi ed è presente in ulteriori 500 realtà in multibrandstore. Sebbene azienda internazionale, si mantengono sempre la qualità e l’artigianalità dei prodotti e, soprattutto, non si dimenticano le radici svizzere. Non a caso, il marchio si è trasferito in Ticino all’inizio degli anni duemila.

Nella sede di Calsano (TI) si producono ancora 150.000-200.000 paia di scarpe all’anno: circa il 30% della nostra produzione globale. La crisi contemporanea è stata imprevedibile ed ha avuto effetti sia su domanda che offerta. Sul lato dell’offerta, i fornitori di pelle sono stati costretti a chiudere e alcuni negozi hanno abbassato le saracinesche. Sul lato della domanda, è stato calcolato che tutti i negozi sparsi per il mondo sono stati chiusi per una media di 80 giorni nel corso del 2020.

La (consistente) parte di retail business presso gli aeroporti è ancora pressoché ferma, specialmente per quanto concerne i viaggi internazionali. In Bally lavorano circa 1.700 dipendenti diretti e circa 10.000 indiretti. A fronte della profonda crisi pandemica, la nostra prima reazione è stata quella di proteggere e tutelare le nostre persone, dipendenti e partner. Dalle difficoltà nascono buoni propositi: hanno implementato la nostra azione volta alla sostenibilità. Ad esempio, hanno installato pannelli solari nella sede di Caslano; così facendo l’85% delle energie utilizzate nell’azienda provengono da fonti rinnovabili.

Dal punto di vista digitale, il lavoro a distanza ha introdotto un profondo rinnovamento del comparto tecnologico aziendale: nuovi strumenti e mezzi informatici d’avanguardia ci permettono di disegnare e creare prodotti nel modo migliore.

Martino Piccioli, Presidente di Plastifil SA, ci tiene a precisare che il nome Plastifil non deve trarre in inganno, poiché la plastica per il rivestimento dei cestelli per lavastoviglie è stata completamente abbandonata. Oggi si lavora l’acciaio inox per la realizzazione di cestelli, utilizzati nell’industria medicale per il lavaggio e la disinfezione, nelle industrie per sgrassare componenti, nei processi di automazione e nel settore food (strumenti per la cucina come la griglia per il forno).

L’azienda è una tipica manifattura che agisce a tutto campo utilizzando le sue tecnologie intorno al filo d’acciaio. Ci si è ritrovati di fronte ad una crisi pandemica che ha sconvolto tutti i settori. Paradossalmente, eravamo catapultati nella situazione nella quale potevamo produrre cestelli medicali per il lavaggio di strumenti di chirurgia, ma, a parità di condizioni, misure e distanziamenti, non potevamo produrre ulteriori strumenti utili alle industrie.

Essendo un’azienda che realizza l’intero prodotto internamente, disponevamo di tutto il necessario al fine di proseguire la nostra attività. La presenza di contratti a lungo termine nella fornitura di acciaio, non ci ha fatto mancare la materia prima necessaria per continuare la produzione. La parte più complessa ha riguardato l’adeguamento della struttura a tutte le misure sanitarie, lavorative e produttive secondo le indicazioni legislative.

Arthur Bolliger, Direttore di Bolliger & Tanzi SA, informa che l’azienda si occupa perlopiù di traslochi e depositi. Sono altresì specializzati in piccole spedizioni, come bagagli o opere d’arte. La pandemia ha profondamente colpito l’azienda, perché la gente raramente ha traslocato negli ultimi mesi. Con 36 operai, di cui 28 sono sempre attivi e riescono a coprire l’intero lavoro, nei primi quattro mesi del 2020, l’esiguo quantitativo di lavoro richiesto poteva essere svolto tranquillamente da 12 operai.

Non ce l’avrebbero fatta senza l’aiuto della Confederazione, che ha previsto la disoccupazione temporanea di 16 operai in esubero. In caso contrario, lo scenario sarebbe stato sicuramente più tenebroso. L’aiuto concreto erogato dal governo nei confronti delle aziende, come la mia, credo abbia rinsaldato un legame di cooperazione e rispetto per le istituzioni di cui si beneficerà negli anni a venire.

Carlo Fontana, CEO di LuganoDante sottolinea come la ristrutturazione dell’albergo (gennaio 2020) e la seguente pandemia, sono stati due profondi terremoti. Il rinnovato LuganoDante doveva iniziare a ricevere ospiti a marzo, ma l’emergenza ha prorogato la nostra apertura al mese di luglio. Una delle prime problematiche sorte in quel periodo è stata il reperimento delle materie prime, come il mobilio da inserire all’interno della struttura.

Le esigenze di apertura premevano su una consegna rapida dell’arredamento, che è stato consegnato in tempo, ma solo dietro un sostanzioso aumento dei costi. La struttura contempla 80 camere, sala conferenze e ristorante. All’interno dell’hotel lavorano circa 50-55 collaboratori. Il mantenimento delle distanze, la paura che vi fossero focolai, il tracciamento degli ospiti e la nuova clientela erano fattori che li hanno messi a dura prova. 

C’è stato un buon numero di clienti, provenienti principalmente dalla Svizzera francese o tedesca, ma con le esigenze e necessità più disparate. Gli alberghi in Svizzera non sono stati costretti a chiudere e questo ha accentuato una parte delle perdite, ammontabili al -40% del fatturato nel nostro caso. Inesorabilmente, questa situazione ha avuto risvolti anche per i fornitori, che sono circa 300-350.

Dal punto di vista ambientale si stanno compiendo tanti passi in avanti, ad esempio sono dotati di lampadine energetiche ed hanno un orto «a metro 0» sul tetto. Lo stesso bar produce tutto il necessario attraverso ingredienti che provengono dalla Svizzera, in particolare dal Ticino.

Una foto di gruppo degli imprenditori UCIT
4 Giugno 2021 | 08:32
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