Protocollo di Montreal: «Una cooperazione per salvare il creato»

Sulle tracce indicate e suggerite dall’enciclica Laudato si’, Papa Francesco ha indirizzato il suo Messaggio ai Partecipanti al Trentunesimo Incontro delle Parti del Protocollo di Montreal, sulle sostanze che danneggiano la fascia di ozono, riuniti presso la sede della Fao di Roma. Letto dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, il Messaggio evidenzia le tre lezioni che secondo il Pontefice si possono «trarre dai trentacinque anni trascorsi dall’attuazione del regime internazionale per l’ozono».

Ricordiamo che il Protocollo di Montreal è lo strumento operativo dell’UNEP, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite, per l’attuazione della Convenzione di Vienna «a favore della protezione dell’ozono stratosferico». Entrato in vigore nel gennaio 1989, ad oggi, è stato ratificato da 197 Paesi.

Ecco alcune parti del messaggio del Pontefice:

Anzitutto bisogna evidenziare e riconoscere come tale regime sia nato da un’ampia e feconda cooperazione tra settori differenti: la comunità scientifica, il mondo politico, gli attori economici e industriali nonché la società civile. Questa cooperazione ha mostrato come possiamo «ottenere importanti risultati, che al contempo rendono possibile salvaguardare il creato, promuovere lo sviluppo umano integrale e prendersi cura del bene comune, in uno spirito di solidarietà responsabile e con profonde ripercussioni positive per le generazioni presenti e future» .

A dimostrazione che «la libertà umana» è dunque «capace di limitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale», Francesco invita ad essere fiduciosi augurandosi che «l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità».

La tecnologia non è l’unica soluzione

In un periodo storico in cui «stiamo affrontando una sfida culturale o pro o contro il bene comune», il Papa invita ad un «dialogo onesto e fecondo»:

Qui, un dialogo onesto e fecondo davvero capace di ascoltare i diversi bisogni e libero da interessi particolari, insieme a uno spirito di solidarietà e di creatività, sono essenziali per la costruzione del presente e del futuro del nostro pianeta.

Allo stesso modo, però, la sfida culturale deve essere affrontata considerando che la tecnologia «da sola» non è l’unica risposta:

Tale sfida culturale non può essere affrontata solo sulla base di una tecnologia che, pretendendo «di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri.

L’Emendamento di Kigali e l’adesione della Santa Sede

Fondamentale, prosegue il Papa nel Messaggio, che sia adottato un nuovo Emendamento al Protocollo di Montreal, quello di Kigali del 2016. Fondamentale, spiega Francesco, in quanto «teso a proibire sostanze» che »incidono sul riscaldamento dell’atmosfera». Da qui, la necessità «che l’Emendamento di Kigali ottenga presto l’approvazione universale da parte dell’intera famiglia delle nazioni» e il conseguente annuncio, da parte dello stesso Pontefice, dell’intenzione della Santa Sede di aderire al nuovo Emendamento:

A tale proposito sono lieto di annunciare l’intenzione della Santa Sede di aderire all’Emendamento di Kigali. Con tale gesto la Santa Sede desidera continuare a dare il suo sostegno morale a tutti gli Stati impegnati a prendersi cura della nostra casa comune.

Tutto è connesso

Per Francesco, l’Emendamento di Kigali si appella al principio che «la cura per la nostra casa comune» è ancorata alla consapevolezza che «tutto è connesso»:

Si può dire che anche l’Emendamento di Kigali si appelli a tale principio, poiché rappresenta una sorta di ponte tra il problema dell’ozono e il fenomeno del riscaldamento globale, mettendo così in evidenza la loro interazione.

Una cultura orientata al bene comune

Dunque, per affrontare il periodo storico attuale, il Papa suggerisce alcune strategie mirate a diffondere una «cultura di fatto orientata al bene comune»:

Ciò richiede l’adozione di una visione lungimirante su come promuovere nella maniera più efficace lo sviluppo integrale per tutto i membri della famiglia umana, siano essi vicini o lontani nello spazio o nel tempo. Questa visione deve prendere forma in centri di educazione e cultura dove viene creata consapevolezza, dove gli individui vengono formati alla responsabilità politica, scientifica ed economica e, più in generale, dove vengono prese decisioni responsabili. 

Ma la domanda da tenere costantemente presente è se «gli obiettivi del progresso sono davvero volti al bene comune»:

L’accelerazione continua di cambiamenti che incidono sull’umanità e sul nostro pianeta, a cui oggi si aggiunge un ritmo di vita e di lavoro più intenso, dovrebbe esortarci costantemente a domandare se gli obiettivi di tale progresso sono davvero volti al bene comune e a uno sviluppo umano sostenibile e integrale o se recano danno al nostro mondo e alla qualità di vita di gran parte dell’umanità, ora e in futuro.

«Un dialogo in cui nessuno ‘assolutizzi’ il proprio punto di vista»; «rendere le soluzioni tecnologiche parte di una visione più ampia che tenga conto della varietà delle relazioni esistenti» e, infine, «strutturare le nostre decisioni sulla base del concetto centrale» di una «ecologia integrale, fondata sulla consapevolezza che tutto è connesso» è la risposta indicata dunque dal Pontefice per questi nostri tempi così complessi e impegnativi, ma indirizzati verso un cammino «sempre stimolante».

Vatican News/Red

7 Novembre 2019 | 14:17
Tempo di lettura: ca. 3 min.
ambiente (44), clima (76), Papa (1254), protocollo di montreal (1)
Condividere questo articolo!