Proteggere chi coltiva la terra per vivere

Le comunità discendenti dai Maya sono le più povere del Guatemala. La crisi legata al coronavirus, una politica che li emargina e più recentemente, gli uragani Eta e Iota, hanno peggiorato ulteriormente la loro situazione. Lo Stato sta agendo ingiustamente quando si tratta di sostegno agricolo alle comunità indigene. «Ad ottobre, ad esempio, i dati di un monitoraggio effettuato da «Coordinación de Ongs y Cooperativas de Guatemala», hanno mostrato che il budget del Ministero dell’Agricoltura è stato utilizzato solo nella misura del 33%. Questo è più che preoccupante in un Paese duramente colpito dalla pandemia. Tanto più che le comunità indigene, in particolare, non hanno ricevuto nessun sostegno», denuncia Flavio Caal Chen, di Redsag, una rete per la difesa della sovranità alimentare, partner di «Sacrificio Quaresimale». Il governo guatemalteco ha margini di miglioramento anche in termini di gestione del rischio di catastrofi. Affinché le famiglie contadine possano vivere e lavorare in modo dignitoso, è necessario che lo Stato guatemalteco attui la «Dichiarazione sui diritti degli agricoltori» per la quale «Sacrificio Quaresimale» si impegna in Svizzera e nel Sud del mondo. Questa dichiarazione è uno strumento per la promozione e l’attuazione di politiche, leggi e altri strumenti con i quali Paesi e governi possono prendere misure per proteggere e sostenere chi coltiva la terra per il suo sostentamento. Awex Cipriano Mejía, del comitato di Redsag, spiega chiaramente: «Senza l’agricoltura di bassa scala non c’è cibo, nessuno che protegge l’ambiente, l’acqua, i semi e la preziosa diversità biologica, che è essenziale per tutti noi. Per questo motivo, è imperativo proteggere i loro diritti e garantire l’accesso alle risorse vitali».

In Guatemala, «Sacrificio Quaresimale» realizza progetti per migliorare la vita delle minoranze etniche. Per esempio quelle Q’eqchi’, che possono essere sostenute attraverso la colletta quaresimale. L’organizzazione partner del progetto è «Fundación Fray Domingo de Vico», attiva a S. María Cahabón, piccola città a vocazione turistica del Dipartimento Alta Verapaz. Il progetto raggiunge 1000 famiglie che vivono in zone discoste e che praticano l’agricoltura per la propria sussistenza. Si tratta di circa 7500 persone di discendenti diretti delle popolazioni maya. Due terzi della popolazione coinvolta nel progetto ha meno di 28 anni. Per questi giovani è importante trovare la motivazione per costruire la propria esistenza nella regione natia e per non emigrare nelle grandi città. Le attività del progetto sono la formazione delle persone a tecniche di coltivazioni efficaci e adattate alle nuove condizioni climatiche, alla selezione di sementi e alla produzione di fertilizzanti e pesticidi con ingredienti naturali. L’obiettivo cui mira il progetto è una produzione alimentare che superi il fabbisogno famigliare e che permetta di vendere le eccedenze per creare quel reddito necessario a uscire dalla precarietà. Le attività del progetto sono completate da formazioni su aspetti socio-culturali e psico-sociali per rivalutare e rafforzare il legame di tutta la comunità con la propria cultura. Un’identità culturale forte è la premessa per formare comunità unite, mature e capaci di far valere i propri diritti nei confronti dello Stato guatemalteco che fatica a integrare le esigenze delle minoranze etniche.

23 Marzo 2021 | 20:41
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