Più di 3000 migranti honduregni verso gli Stati Uniti

Procede attraverso il Guatemala verso il Messico la carovana «dei disperati», le migliaia di migranti (erano partiti in duemila ma sono già, pare, almeno tremilacinquecento) partiti lo scorso fine settimana da San Pedro Sula, in Honduras, per arrivare negli Stati Uniti. A nulla valgono le minacce del presidente Usa, Donald Trump, di tagliare gli aiuti ai Governi del cosiddetto «Triangolo Norte», Honduras, Guatemala ed El Salvador.

Nonostante l’iniziale opposizione delle autorità guatemalteche, la carovana ha fatto ingresso nel Paese fermandosi inizialmente nelle città più vicine alla frontiera con l’Honduras, Esquipulas e Zacapa. Ma la marcia è subito continuata lungo il Paese, con l’obiettivo di percorrere le poche centinaia di chilometri che separano i migranti dal confine con il Messico. Ieri, nell’ambito di un più lungo messaggio al Paese sulla situazione sociale e politica, la Presidenza della Conferenza episcopale guatemalteca (Ceg) ha manifestato la propria preoccupazione per la «difficile e vulnerabile situazione dei migranti honduregni e l’attenzione alle loro necessità» e la speranza che il Governo e l’intera società civile «lavorino per la soluzione dei problemi che causano la migrazione forzata».

Il governatore del Chiapas, lo Stato più meridionale del Messico, ha annunciato ieri che non sbarrerà il cammino alla carovana quando giungerà al confine. «Noi – ha detto – abbiamo una politica di rispetto per i diritti umani dei migranti e di porte aperte. Sette centri di accoglienza straordinari saranno allestiti nella provincia di Soconusco.

Sempre ieri, la Conferenza episcopale messicana (Cem) ha preso posizione attraverso una lettera aperta agli organi istituzionali preposti, scritta da mons. Guillermo Ortiz Mondragón, vescovo di Cuautitlán e incaricato per la Dimensione della mobilità umana, nell’ambito della Pastorale sociale dell’episcopato messicano. Nel testo si invoca una «soluzione congiunta» di accoglienza, in modo conforme alla legge messicana sulla migrazione, che prevede il libero transito delle persone.

Mons. Mondragón chiede «di proteggere questi fratelli, tra i quali arrivano bambini, donne, intere famiglie, giovani e adulti». L’esperienza insegna, fa presente il vescovo, che in questi casi i capi della carovana non si rivolgono alle Case del migrante, ma bussano a caso, per esempio a parrocchie che non hanno i mezzi per soccorrerli e, soprattutto, per curare i bambini che presentano problemi di tipo gastrointestinale, o persone con problemi ai piedi e alle articolazioni. Da qui l’insistenza per «un’azione congiunta, che permetta di accogliere e proteggere i nostri fratelli migranti e soprattutto di fare attenzione perché non cadano in mano a persone senza scrupoli che si approfittano in molti modi: tratta di persone, schiavitù lavorativa, il pagamento di ingenti somme per condurli a destinazione, e altri».

(Agenzia Sir)

 

19 Ottobre 2018 | 06:30
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