Per leggere il Vangelo nelle domeniche verso il Natale

a cura del Coordinamento della Formazione Biblica della Diocesi di Lugano

Lc 1,39-45 (IV domenica di Avvento nel rito romano – commento di Elena Chiamenti[1])

Si apre la scena della visitazione subito dopo quella dell’annunciazione, a riprova della veridicità delle parole dell’angelo Gabriele a Maria. La donna, infatti, accolta la sorprendente novità nella sua vita «si mise in viaggio» e «raggiunse in fretta» la città di Giuda in cui vive «Elisabetta, tua parente, (…) che era detta sterile» (Lc 1,36). Maria crede che «nulla è impossibile a Dio» e muove i passi per esserne testimone. Il canto del «Magnificat», inno che ha le sue radici nella tradizione giudaica precristiana, è l’espressione accorata del suo riconoscimento della grandezza di Dio e della sua cura verso ogni uomo. In prima persona Maria sperimenta quanto sia delicato il tatto di Dio verso i piccoli come lei. Vi è una stretta vicinanza semantica, sintattica e teologica tra il canto mariano e quello di Anna in 1Sam 2,1-10: in entrambi i casi si tratta della lode a Dio elevata da una donna che si riconosce madre al di là di ogni possibilità/aspettativa umana ed esprime la sua gioia e gratitudine descrivendo il modo di agire di Dio in favore dei deboli. Nel canto di Maria giungono a raccolta perciò le parole di lode di tutte le madri che riconoscono la potenza di Dio operante nella loro piccolezza e con loro quelle di tutti i poveri e gli affamati.

39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha saltato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

vv. 39-40: L’introduzione temporale crea continuità con il racconto precedente e fa comprendere al lettore che la visita di Maria è motivata dal segno ricevuto: non è da escludere che la fretta con cui il testo narra come Maria si incammina e raggiunge l’anziana cugina sia dovuta anche al desiderio di trovare conferma tangibile della straordinarietà dell’annuncio ricevuto.

L’abbraccio con cui le donne si salutano schiude reciprocamente all’altra una finestra sul miracolo che custodiscono, una Vita che le supera e le feconda. Maria vede l’anziana cugina con il pancione e questo le basta per riconoscere l’autenticità delle parole dell’angelo Gabriele «è il sesto mese per lei, che era detta sterile» (Lc 1,36): questa gravidanza è opera di Dio perché la sterile diviene madre.

v. 41: D’altra parte, il sussulto di Giovanni nel grembo di Elisabetta ha qualcosa di speciale, che la madre intuisce subito. Il testo dice «fu colmata di Spirito Santo»: solo lo Spirito può farle comprendere ciò che con gli occhi della carne ancora non si riesce a vedere. I piccoli s’incontrano per la prima volta e si riconoscono: non hanno ancora un volto eppure sono già uniti: c’è una parentela che precede e supera quella umana ed è quella data dalla presenza dello Spirito Santo in loro e nelle loro madri.

vv. 42-45: Dopo la silenziosa scena dell’abbraccio, possono farsi spazio le parole ispirate dell’anziana cugina che benedice Maria e la chiama «madre del mio Signore» (1,43): il saluto, che richiama per assonanza i cantici di lode del Primo Testamento (cfr. Gdt 13,18), ha due funzioni narrative. Anzitutto serve alla trama del racconto perché Maria riceve conferma di quanto segretamente porta nel cuore: nessuno (eccetto il lettore) sa che cosa Gabriele le abbia annunciato, ma ora le parole della parente le svelano la veridicità della sua gravidanza. Inoltre il saluto benedicente di Elisabetta offre valida conferma della sua ispirazione profetica, già anticipata dal narratore al v. 41.

Luca 1,26-38a (VI domenica di Avvento nel rito ambrosiano – commento di Lidia Maggi[2])

Dopo l’annuncio della nascita di Giovanni, Luca narra l’annuncio della nascita di Gesù. Emergono subito le differenze delle due scene: non più Gerusalemme ma una città della Galilea, Nazareth; non nel Tempio ma in una casa; non ad un sacerdote ma ad una donna; non ad un anziano ma ad una ragazza. La scena è costruita come un racconto di risoluzione, il quale si basa su una complicazione della situazione che necessita di una soluzione: come può Maria, che non conosce sessualmente nessun uomo, concepire e dare alla luce un figlio? La medesima scena si presenta anche come un racconto di rivelazione, che mira a rivelare l’identità del personaggio principale, in questo caso Gesù.

26Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,  27a una ragazza vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La ragazza si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Sii gioiosa, tu che sei davvero ricolma di grazia, il Signore è con te». 29A causa di queste parole ella rimase molto confusa e si domandava di quale genere fosse questo saluto. 30L’angelo le disse: «Non avere paura, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Concepirai in seno un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e della sua sovranità non ci sarà fine». 34Allora Maria disse all’angelo: «Come sarà possibile ciò? Non conosco sessualmente alcun uomo!». 35Le rispose l’angelo: «Il respiro santo e santificante scenderà su di te, la potenza dell’Altissimo farà scendere la sua ombra su te. È per questo motivo che colui il quale nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio. 36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era chiamata sterile: 37nessuna parola da parte di Dio resterà inefficace». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore! Che mi possa proprio capitare secondo quello che hai detto!».

vv. 26-27: Il quadro dell’episodio è dato dall’annotazione temporale – quando Elisabetta è al sesto mese di gravidanza; dalle coordinate geografiche – a Nazaret; e dai protagonisti: l’angelo Gabriele, lo stesso apparso a Zaccaria (1,19), e Maria. Quest’ultima è presentata come «ragazza vergine»: al «troppo tardi» che segna la scena precedente, in cui sono protagonisti due anziani, Zaccaria ed Elisabetta, si contrappone il «troppo presto» di una ragazzina, appena fidanzata con Giuseppe, un uomo del casato di Davide. La storia umana – ci dice Luca – non è in grado di essere generativa. A meno che intervenga Dio.

vv. 28-33: L’annuncio dell’angelo prende avvio con il saluto, nel quale, dietro il senso primo della formula stessa di saluto, come nel greco profano, ritroviamo il rinvio alla gioia messianica, tema caro a Luca, come, del resto, quello della grazia, segno del dono e della presenza di Dio. Un saluto capace di esprimere l’intera fede del popolo eletto e sul cui significato profondo Maria s’interroga. Il seguito delle parole dell’angelo riprendono e spiegano il senso del saluto: la grazia divina apre la storia al futuro, rendendo fecondo il grembo di questa ragazza, facendo di lei la madre di un figlio, di cui l’angelo rivela il nome insieme ad alcuni tratti identitari.

Gesù è il Messia davidico (cfr. 2Sam 7), «grande», «figlio dell’Altissimo», re di un regno che non avrà fine. Questi tratti saranno precisati nel resto del racconto. Ma già la domanda di Maria, al v. 34, fornisce all’angelo l’occasione di specificare meglio l’identità di Gesù evocando il senso della filiazione divina.

vv. 34-38: Con le parole di Maria, l’annuncio si apre al dialogo. Parole che, a prima vista, suonano simili a quelle di Zaccaria. Tuttavia, qui il nodo da sciogliere non è lo stesso sperimentato da Abramo e Sara, ovvero una sterilità che Dio ha tolto. La domanda di Maria non è più espressione di incredulità ma segno di una fede che interroga. E la risposta dell’angelo mette in rilievo l’agire dello Spirito, come aveva fatto precedentemente, in riferimento a Giovanni (cfr. 1,15). Quest’ultimo, però, sarà guidato da uno Spirito di profezia (cfr. 1,17); mentre Gesù è ripieno dello Spirito di santità, in quanto figlio di Dio. È lo Spirito a concepire Gesù. In questo senso, la verginità di Maria è di tipo «teologico», non riducibile a una questione ginecologica: non è il seme umano a dar vita al Messia, bensì l’agire di Dio.

A Maria, l’angelo offre il segno del grembo fecondo di Elisabetta, la sterile. E conclude il suo discorso ribadendo la chiave di lettura teologica degli eventi annunciati: come nell’annuncio della nascita di Isacco (cfr. Gen 18,14), così ora risuona la dichiarazione che la Parola divina sortirà effetto, superando le difficoltà che agli occhi umani appaiono insormontabili. Come nella scena della sterilità delle matriarche, anche qui prende forma l’opposizione tra l’impotenza umana e l’onnipotenza divina. A questo progetto divino, Maria dà il suo consenso. Si dichiara «serva del Signore»: niente a che vedere con una sottomissione rinunciataria; piuttosto, trova qui espressione la consapevolezza di svolgere un ruolo nella storia della salvezza divina.

Come scrive Ernesto Borghi, la traduzione del v. 38 «Che mi possa proprio capitare quello che hai detto!» vuole esprimere fedelmente il valore morfologico e semantico del verbo principale ghénoito. Si tratta di un ottativo indipendente, che, quindi, manifesta quello che è il valore primo di questo modo del verbo greco, l’espressione del desiderio. La traduzione della Volgata latina (fiat) non risulta infedele, se il lettore rammenta che la lingua latina contempla un valore ottativale del congiuntivo indipendente. Viceversa l’interpretazione più comune è stata sovente di tipo esortativo e il fraintendimento si è così perpetuato.

Grazie a questa forma desiderativa, l’intera frase è quasi un’esplosione di entusiasmo nei confronti di quanto è stato presentato a Maria. Ella lo accetta, facendosene carico secondo le modalità di servizio appassionato, di amore fedele che ella ha liberamente accolto. Ciò dimostra, senza possibilità d’equivoci, che ogni interpretazione riduttivistica, passivizzante – quasi che Maria accetti tutto quasi contro la sua volontà e solo in mancanza di alternative praticabili – ha nulla a che vedere con questo testo lucano. Esso non è una cronaca descrittiva di tipo storico, ma una lettura teologicamente trasfigurata, secondo criteri narrativi pre-moderni, di una decisione fondamentale nella vita della madre del Nazareno.


[1] Laica, cattolica, sposata, vive e lavora a Verona dove è nata nel 1982. Ha conseguito la licenza in teologia biblica nel 2012 e il dottorato nella stessa materia nel 2017 presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Spende la sua competenza teologia e biblica soprattutto in campo pastorale-catechistico: infatti ha collaborato con alcuni Uffici Catechistici Diocesani nel Triveneto per la formazione biblica di catechisti e educatori. Con la Diocesi di Concordia-Pordenone ha collaborato alla pubblicazione del progetto catechistico-liturgico Bambini a Messa. Itinerario con famiglie e comunità (anno C), EDB 2018 e ha pubblicato la sua tesi di dottorato dal titolo La sterile, madre di figli. La figura di Anna in 1Sam 1-2 come paradigma di maternità.

[2] Nata a Sassari nel 1964, è pastora dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia. Molto impegnata nella divulgazione biblica e nel dialogo ecumenico ed interreligioso, ha pubblicato vari contributi su differenti periodici. Tra i suoi ultimi libri: (con A. Reginato) Vi affido alla Parola. Il lettore, la chiesa e la Bibbia, Claudiana, Torino 2017; (con C. Petrini), Accarezzare la terra. Meditazioni sul futuro del Pianeta, Centro Formazione Lavoro «A. Grandi», Sesto S. Giovanni (MI) 2018; Protestantesimo, Editrice Bibliografica, Milano 2018; (con L. Maggi) Corpi di desiderio. Dialoghi intorno al Cantico dei Cantici, Claudiana, Torino 2019; Bibbia e web. Navigare nella vita, EMP, Padova 2021.

19 Dicembre 2021 | 06:35
Tempo di lettura: ca. 7 min.
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