Il Papa prega per Charlie Gard. I genitori: non siamo riusciti a salvarti

Di Debora Donnini

«Papa Francesco sta pregando per Charlie e per i suoi genitori e si sente particolarmente vicino a loro in questo momento di immensa sofferenza». Lo ha dichiarato il direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke dopo la notizia che i genitori di Charlie hanno rinunciato alla richiesta di portarlo negli Stati Uniti per sottoporlo alle cure sperimentali. La parola fine alla battaglia legale è stata annunciata dal papà e dalla mamma del bimbo di 11 mesi, affetto da una rara malattia genetica, oggi pomeriggio durante l’udienza presso l’Alta Corte di Londra. «Il Santo Padre chiede di unirci in preghiera perché possano trovare la consolazione e l’amore di Dio», ha aggiunto Burke.

«Passeremo questi ultimi giorni vicino a Charlie che purtroppo non potrà compiere il suo prima anno di vita, cosa che sarebbe accaduta tra due settimane. Siamo profondamente dispiaciuti per non essere riusciti a salvarti, ma ti amiamo moltissimo e continueremo a farlo in futuro», hanno detto Chris e Connie Yates, fra le lacrime. Una vicenda che ha mosso e commosso il mondo, con tanti interventi – tra i quali quello di Papa Francesco – manifestazioni sui Social e nelle Piazze, preghiere perché a Charlie venisse data una chance. Lo stesso cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, dai nostri microfoni, venerdì scorso, aveva ribadito che non esiste vita che non sia degna di essere vissuta, in riferimento alla vicenda del piccolo. Tanti gli interventi anche dei politici, fra cui il presidente americano Donald Trump. la settimana passata lo stesso Congresso degli Stati Uniti aveva concesso al piccolo e alla sua famiglia la «residenza permanente» negli Usa.

Ora i genitori hanno deciso, dunque, di interrompere la battaglia legale. In questi mesi hanno cercato disperatamente di salvare il loro bimbo: volevano tentare una cura sperimentale negli Stati Uniti ma i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra si erano opposti e l’Alta Corte, accogliendo la richiesta dell’ospedale, aveva dato il via libera al distacco delle macchine: una sentenza convalidata nei mesi scorsi da altre due Corti britanniche e dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo. Quindi il papà e la mamma si erano rivolti ancora una volta al Tribunale per far valutare la possibilità di applicare al bambino il protocollo sperimentale di un gruppo internazionale di esperti coordinati dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Alcuni di loro la scorsa settimana hanno visitato il bimbo.

Per i genitori, troppo tempo è stato perso nelle aule di tribunale. Il deterioramento «dei muscoli è risultato irreversibile», evidenziano. «Il team americano e quello italiano volevano trattare Charlie dopo aver visto l’ultima risonanza magnetica e l’elettroencefalogramma. Il bimbo non era in morte cerebrale». E ancora adesso risponde ai nostri stimoli, dicono i genitori. Ma è il danno muscolare a essere troppo avanzato, spiegano. C’è una ragione semplice per la quale i muscoli di Charlie si sono deteriorati tanto – dicono i genitori – ed è il tempo. Charlie avrebbe potuto vivere una vita normale, ha detto la madre all’udienza, se fosse stato consentito prima alla famiglia di sottoporlo alle cure.

E da tutto il mondo, intanto, si leva commozione, preghiera e affetto per il piccolo Charlie e la sua famiglia. Anche i Vescovi d’Inghilterra e del Galles esprimono la loro compassione e assicurano preghiere. Da parte sua il giudice ha confermato il suo verdetto precedente dell’11 aprile scorso: «è nel migliore interesse di Charlie morire». E sostiene che l’ospedale si è comportato in modo corretto. I genitori hanno deciso, intanto, di creare una fondazione per altri malati di patologie mitocondriali perché i trattamenti siano tempestivi. E ora, hanno concluso, «è tempo che Charlie vada e che stia con gli angeli».

(Da Radio Vaticana)

25 Luglio 2017 | 09:32
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