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Papa in udienza: da Gesù impariamo ad affidarci al Padre nelle prove

In questa Settimana Santa, pregando il «Padre nostro», chiediamo la grazia di vivere «per la gloria di Dio, cioè con amore», di «saperci affidare al Padre» e di trovare nell’incontro con Lui «il perdono e il coraggio di perdonare». E’ l’invito di Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale, alla vigilia del Triduo pasquale, nella quale, all’interno delle riflessioni sul «Padre nostro», si sofferma sulle parole «con cui Gesù, durante la passione, ha pregato il Padre».  All’inizio dell’udienza, nel salutare i pellegrini francesi, Papa Francesco si è detto molto addolorato per l’incendio della Cattedrale di Parigi, ha ringraziato chi si è prodigato per salvarla «anche rischiando di persona» e si è augurato coralità nella ricostruzione, «a lode e gloria di Dio».

La prima preghiera al Padre: «glorificami davanti a te»
La prima invocazione è dopo l’Ultima Cena: Gesù chiede a Dio Padre: «glorifica il Figlio tuo, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» come scrive l’evangelista Giovanni. Ma quale gloria chiede Gesù, si domanda il Papa, mentre la Passione è alle porte? E’ quella che «indica il rivelarsi di Dio, è il segno distintivo della sua presenza salvatrice fra gli uomini». Gesù, innalzato sulla croce, è glorificato. «Lì – ricorda Francesco – Dio finalmente rivela la sua gloria», che «è tutta amore: amore puro, folle e impensabile, al di là di ogni limite e misura».

Diamo gloria a Dio quando viviamo con amore
Il Pontefice invita allora a fare nostra la preghiera di Gesù: «chiediamo al Padre di togliere i veli ai nostri occhi perché in questi giorni, guardando al Crocifisso, possiamo accogliere che Dio è amore».

Quante volte lo immaginiamo padrone e non Padre, quante volte lo pensiamo giudice severo piuttosto che Salvatore misericordioso! Ma Dio a Pasqua azzera le distanze, mostrandosi nell’umiltà di un amore che domanda il nostro amore. Noi, dunque, gli diamo gloria quando viviamo tutto quel che facciamo con amore, quando facciamo ogni cosa di cuore, come per Lui.

Al centro della gloria di Dio c’è l’altro, non sé stesso
La vera gloria, chiarisce Papa Francesco, «è la gloria dell’amore, perché è l’unica che dà la vita al mondo».

Certo, questa gloria è il contrario della gloria mondana, che arriva quando si è ammirati, si è lodati, si è acclamati: quando io sto: io sto al centro, quella parolina … Quando io sto al centro dell’attenzione. La gloria di Dio, invece, è paradossale: niente applausi, niente audience. Al centro non c’è l’io, ma l’altro: a Pasqua vediamo infatti che il Padre glorifica il Figlio mentre il Figlio glorifica il Padre. Nessuno glorifica sé stesso.

La seconda preghiera: Gesù chiama Dio «papà»
Il Papa ci invita quindi a chiederci: «Qual è la gloria per cui vivo? La mia o quella di Dio? Desidero solo ricevere dagli altri o anche donare agli altri?». Nel Getsemani, ricorda Francesco, Gesù comincia a sentire «paura e angoscia per ciò che lo attende: tradimento, disprezzo, sofferenza, fallimento». E lì, nell’abisso, si rivolge al Padre «con la parola più tenera e dolce: ›Abbà’, cioè papà». E così, nella prova «ci insegna ad abbracciare il Padre, perché nella preghiera a Lui c’è la forza di andare avanti nel dolore.» Nell’abbandono di tutti, sottolinea Francesco «Gesù non è solo, sta col Padre».

Noi, invece, nei nostri Getsemani spesso scegliamo di rimanere soli anziché dire «Padre» e affidarci a Lui, come Gesù, affidarci alla sua volontà, che è il nostro vero bene. Ma quando nella prova restiamo chiusi in noi stessi ci scaviamo un tunnel dentro, un doloroso percorso introverso che ha un’unica direzione: sempre più a fondo in noi stessi. Il problema più grande non è il dolore, ma come lo si affronta. La solitudine non offre vie di uscita; la preghiera sì, perché è relazione, è affidamento.

La terza: perdonali perché non sanno quello che fanno
Quindi, quando entriamo nei nostri Getsemani, è l’invito del Pontefice «ricordiamoci di pregare così: ›Padre’». La terza preghiera, conclude Papa Francesco, Gesù la rivolge al Padre per noi: «Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno». Prega per i suoi uccisori, nel momento della crocifissione, del dolore più acuto. «Qui, al vertice del dolore, giunge al culmine l’amore: arriva il perdono, cioè il dono all’ennesima potenza, che spezza il circolo del male».

Pregando in questi giorni il «Padre nostro», possiamo chiedere una di queste grazie: di vivere le nostre giornate per la gloria di Dio, cioè vivere con amore; di saperci affidare al Padre nelle prove e dire «papà» al Padre e di trovare nell’incontro col Padre il perdono e il coraggio di perdonare. Ambedue le cose vanno insieme. Il Padre ci perdona, ma ci dà il coraggio di poter perdonare.

La Pasqua ci faccia riflettere sull’amore di Dio per noi
Al termine dell’udienza, nei saluti in italiano, il Papa auspica che «La Pasqua di Cristo faccia riflettere i fedeli «sull’amore che Dio ha mostrato di avere per tutti voi». E prega perché «il Signore vi conceda di partecipare pienamente al mistero della sua morte e risurrezione, e vi aiuti a far vostri i suoi sentimenti e a condividerli con il vostro prossimo».

(Vatican News)

| © Vatican Media
17 Aprile 2019 | 11:28
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