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Papa e Vaticano

Papa Bergoglio: «Buon Natale al mondo. Il vaccino anti Covid deve essere per tutti»

La nascita di Gesù è anche il modo in cui Dio ci offre la fraternità, «basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me», e che dovrebbe guidare i popoli e i governanti di tutte le nazioni in tutte le loro scelte: dalla cooperazione per affrontare la crisi sanitaria, con cure per tutti, all’attenzione per le persone più fragili, fino all’impegno per la pace nelle regioni più difficili del mondo. Il Papa ha pronunciato dall’Aula delle Benedizioni e non dall’Altare della Confessione il suo messaggio Urbi et Orbi in questo Natale segnato dalla misure anti Coronavirus. Il Papa ha usato la chiave di lettura della fraternità, tratta dalla sua ultima Enciclica «Fratelli Tutti»  come linea guida del suo appello di pace. Un appello che, come di consueto, tocca tutto il mondo, con le regioni che più stanno a cuore : dall’Iraq che Bergoglio visiterà a marzo, al Libano a cui il papa ha inviato ieri un messaggio e al Sud Sudan raggiunto anche questo Paese da uno scritto congiunto di Bergoglio e dell’arcivescovo anglicano di Canterbury, Welby, fino al difficile scenario africano, passando per la pace nel conflitto israeliano palestinese, e senza dimenticare i più recenti conflitti, come quello in Nagono Karabakh

Nel suo messaggio, Papa Francesco ha voluto rendere dapprima omaggio alla nascita di Gesù. Una nascita che «è fonte di speranza, è vita che sboccia, è promessa per il futuro». Una nascita che è «per noi, senza confini, senza privilegi, né esclusioni«, un Figlio «che Dio ha dato all’intera famiglia umana, e che ci permette di rivolgerci a Dio «chiamandolo Padre».

Perché se Gesù è l’unigenito, e «nessun altro conosce il Padre oltre lui«, è proprio la sua nascita a «rivelarci il volto del Padre celeste», tanto che possiamo tutti «chiamarci ad essere realmente fratelli», nonostante le nostre diversità.

Il Papa ha proseguito: «In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità».

La fraternità che ci viene data dalla venuta del Figlio di Dio, ha spiegato il Pontefice, è «una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella». Una fraternità che «vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni«.

Il Pontefice ha aggiunto: «Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini. Ma perché queste luci possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti».

E così, Papa Francesco ha sottolineato che non si può «lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la famiglia umana che siamo», né che il «virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle».

«Non posso – ha aggiunto Francesco – mettere me stesso prima degli altri, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti prima delle leggi dell’amore». E quindi il Papa prega governi, aziende farmarceutiche, organizzazioni internazionali di «promuovere la cooperazione e non la concorrenza» e di cercare »vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi».

In nome di questa fraternità, il Papa chiede di essere «disponibili, generosi e solidali» verso le persone più fragili o quelli più colpiti dalle conseguenze della pandemia, incluse «le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche».

Francesco chiede poi «una rinnovata cooperazione sanitaria, a cominciare dall’ambito sanitario, affinché a tutti sia garantito l’accesso ai vaccini e alle cure», perché di fronte a questa pandemia che «non conosce confini«, non si «possono erigere barriere».

Il Papa ha ribadito che siamo tutti fratelli, e che «in ciascuno vedo riflesso il volto di Dio», in particolare «nel malato, nel povero, nel disoccupato, nell’emarginato, nel migrante e nel rifugiato«.

Papa Francesco pensa ai bambini che soffrono la guerra, in particolare «in Siria, in Iraq, nello Yemen», chiedendo per questo che «i loro volti scuotano le coscienze degli uomini di buona volontà», perché «ci si adoperi con coraggio per costruire un futuro di pace«.

Papa Francesco ha auspicato che il tempo di Natale sia «il tempo propizio per stemperare le tensioni in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale», pensa in particolare al popolo siriano, ma anche agli yazidi di Iraq, ai negoziati in Libia che spera portino «alla fine di ogni forma di ostilità nel Paese».

Immancabile la menzione al conflitto israeliano-palestinese: Papa Francesco si è augurato che i due popoli »possano recuperare la fiducia reciproca per cercare una pace giusta e duratura attraverso un dialogo diretto, capace di vincere la violenza e di superare endemici risentimenti, per testimoniare al mondo la bellezza della fraternità».

Rimanendo in Medio Oriente, Papa Francesco ha guardato al Libano, e pregato che il Paese «possa percorrere un cammino di riforme e proseguire nella sua vocazione di libertà e convivenza pacifica».

Quindi, Papa Francesco ha spostato lo sguardo sul conflitto in Nagorno Karabakh, chiedendo di sostenere «l’impegno della comunità internazionale» e dei Paesi coinvolti a preservare il cessate il fuoco nella regione, e lo stesso pregando per la situazione nelle regioni orientali dell’Ucraina.

Papa Francesco ha spostato poi l’attenzione sulla situazione in Africa. Prega perché si allevi la sofferenza «delle popolazioni del Burkina Faso, del Mali e del Niger, colpite da una grave crisi umanitaria, alla cui base vi sono estremismi e conflitti armati, ma anche la pandemia e altri disastri naturali».

Il Pontefice ha ripreso gli scontri in Etiopia, ma anche a Cabo Delgado in Mozambico, la cui popolazione è «vittima della violenza del terrorismo internazionale»: lì dal 2017 un gruppo che si è detto affiliato all’ISIS ha cominciato una insurrezione, e Papa Francesco a inizio dicembre ha inviato una donazione di 100 mila euro con cui saranno costruiti due centri sanitari.

Quindi, Papa Francesco ha menzionato le situazioni in Sud Sudan, in Nigeria e Camerun, Paesi per cui ha chiesto di «proseguire il cammino di fraternità e di dialogo intrapreso«.

La geopolitica papale ha guardato anche al continente americano «particolarmente colpito dal coronavirus«, pandemia che «ha esacerbato le tante sofferenze che lo opprimo» e cita in particolare «le recenti tensioni sociali in Cile” e la situazione in Venezuela.

Il Papa ha pregato dunque che «il Re del Cielo protegga le popolazioni flagellate da calamità naturali nel sud-est asiatico, in modo particolare nelle Filippine e in Vietnam, dove numerose tempeste hanno causato inondazioni con ricadute devastanti sulle famiglie che abitano in quelle terre, in termini di perdite di vite umane, danni all’ambiente e conseguenze per le economie locali».

Per Papa Francesco, Asia significa anche i rohingya, la popolazione musulmana dello stato del Rakhin in Birmania. da tempo profughi e rimpallati di Stato in Stato, una questione di cui Papa Francesco ha fatto già interventi diplomatici.

Ma Natale significa anche speranza. E così, Papa Francesco non ha mancato di ricordare «quanti non si lasciano sopraffare dalle circostanze avverse, ma si adoperano per portare speranza, conforto e aiuto, soccorrendo chi soffre e accompagnando chi è solo».

Infine, Papa Francesco ha rivolto un pensiero particolare alle famiglie, «a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa». «Per tutti – ha concluso il Pontefice – il Natale sia l’occasione di riscoprire la famiglia come culla di vita e di fede; luogo di amore accogliente, di dialogo, di perdono, di solidarietà fraterna e di gioia condivisa, sorgente di pace per tutta l’umanità».

acistampa/red

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25 Dicembre 2020 | 14:26
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