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Papa all'Angelus: la tratta umana è un crimine vergognoso

Che sia «sfruttamento lavorativo e sessuale» oppure «commercio di organi», o ancora «accattonaggio» e «delinquenza forzata», in qualunque sua forma la tratta di esseri umani è un crimine «vergognoso» da «contrastare con fermezza». Dalla finestra del Palazzo Apostolico, dove recita l’Angelus con 25mila fedeli, Francesco tuona ancora una volta contro questa «piaga» del mondo moderno che «riduce in schiavitù molti uomini, donne e bambini». L’occasione è la Giornata Mondiale contro la Tratta di persone, promossa dalle Nazioni Unite per ogni 30 di luglio. Questa orrenda pratica, denuncia Francesco, schiavizza persone di ogni età provenienti da territori vulnerabili, con «lo scopo dello sfruttamento lavorativo e sessuale, del commercio di organi, dell’accattonaggio e della delinquenza forzata». E questo avviene «anche qui a Roma…», dice il Pontefice a braccio.   «Anche le rotte migratorie – aggiunge – sono spesso utilizzate da trafficanti e sfruttatori per reclutare nuove vittime della tratta». Allora «è responsabilità di tutti denunciare le ingiustizie e contrastare con fermezza questo vergognoso crimine».

I numeri

Un’industria macabra, quella della tratta, che fattura 150 miliardi di dollari in tutto il mondo: solo nel 2016, quasi 10 milioni di bambini e adolescenti, sono stati costretti in stato di schiavitù, venduti e sfruttati principalmente a fini sessuali e lavorativi, secondo l’ultimo rapporto pubblicato ieri da diverse ong. Un numero che corrisponde a un quarto del totale delle persone in questa condizione, oltre 40 milioni, di cui sette su dieci sono donne e ragazze. Nei 28 paesi dell’Unione europea sono 30.146, di cui oltre mille minori, le vittime registrate di tratta e sfruttamento, a fronte di stime che parlano di circa 3,6 milioni di persone ridotte in schiavitù in Europa nel 2016.

Il giovane coraggioso

Nella consueta riflessione prima dell’Angelus, invece, il Papa commenta il Vangelo. Pochi denari, è «quanto possedevano Gesù e gli apostoli»di fronte alla «grande folla» che li seguiva sulla montagna, presso l’altra riva del Mare di Galilea. E’ lì che un giovane portato da Andrea, si fa avanti e mette a disposizione cinque pani e due pesci. Questa è l’immagine che Francesco consegna ai fedeli, un ragazzo coraggioso mosso dalla compassione, la stessa di Gesù:

Bravo il ragazzo! Coraggioso il ragazzo! Lui, anche lui, vedeva la folla; anche vedeva i cinque pani. Dice: «Ma io ho questo, se serve sono a disposizione». Questo ragazzo ci fa pensare un po’ a noi… Quel coraggio: i giovani sono così, hanno coraggio. Dobbiamo aiutarli a portare avanti questo coraggio.

Strumenti dell’amore di Dio

Come discepoli di Cristo, davanti al suo operato, osserva quindi il Papa, «non possiamo far finta di niente». Infatti, spiega, soltanto «ascoltando le più semplici richieste della gente e ponendosi accanto alle loro concrete situazioni esistenziali si potrà essere ascoltati quando si parla di valori superiori». Noi siamo dunque, nel pensiero di Francesco, strumenti di quell’ «amore di Dio per l’umanità affamata di pane, di libertà, di giustizia, di pace, e soprattutto della sua grazia divina», che «non viene mai meno».

Nessuna risorsa vada perduta

Dunque Gesù  riesce a sfamare la folla, tutti «furono saziati», scrive l’apostolo Giovanni al termine del racconto, ma non basta. «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto», sono le ultime parole di Gesù,  la «frase» che Francesco lascia ai fedeli per riflettere, una sorta di «esame di coscienza» che fa insieme a loro:

Ognuno di noi pensi: il pasto che avanza a pranzo, a cena, dove va? A casa mia cosa si fa con il pranzo avanzato? Si butta? No. Se tu hai questa abitudine, ti dò un consiglio: parla con i tuoi nonni che hanno vissuto il Dopoguerra, e chiedigli che cosa facevano col pasto avanzato. Non buttare mai il pasto avanzato. Si rifà o si dà a chi possa mangiarlo, a chi ha bisogno. Mai buttare il pasto avanzato. Questo è un consiglio e anche un esame di coscienza: cosa si fa a casa col pasto che avanza.

Sì ai programmi di sviluppo no agli armamenti e alle guerre

Da qui la preghiera finale del Papa:
Preghiamo la Vergine Maria, perché nel mondo prevalgano i programmi dedicati allo sviluppo, all’alimentazione, alla solidarietà, e non quelli dell’odio, degli armamenti e della guerra.

Agenzie/red

29 Luglio 2018 | 21:56
Tempo di lettura: ca. 2 min.
angelus (230), PapaFrancesco (1459), tratta (35)
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