Pakistan, la giovane cristiana Huma Younus rapita e violentata: «Ora è incinta»

Dal Pakistan giunge un triste aggiornamento sulla vicenda di Huma Younus, la 15enne cristiana di Karachi rapita nello scorso ottobre da un uomo musulmano, costretta a convertirsi all’Islam e a sposare il suo carceriere. Secondo le notizie apprese da «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)», la minorenne sarebbe rimasta incinta a seguito di violenza carnale. La storia di Huma Younus aveva suscitato scalpore negli scorsi mesi, ma tutti i tentativi messi in atto per chiedere la sua liberazione sono al momento risultati vani. Nello scorso dicembre, «Aiuto alla Chiesa che Soffre» aveva anche rivolto una lettera aperta a 11 donne influenti in Italia.

Tabassum Yousaf, avvocatessa dell’Alta Corte del Sindh, la provincia pakistana con capoluogo Karachi, è attualmente impegnata nella difesa dei genitori di Huma Younus. La legale, in un colloquio con «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)», ha fornito un drammatico aggiornamento della situazione personale e giudiziaria dell’adolescente.  «Huma ha chiamato i genitori informandoli che è rimasta incinta a causa della violenza carnale subita. A seguito della richiesta del padre di lasciare l’abitazione del sequestratore per tornare a casa la minorenne ha risposto che non le è permesso di uscire e che la sua vita è diventata ancor più difficile essendo imprigionata dentro le mura di una camera», ha riferito l’avv. Tabassum Yousaf. Il rapitore, il musulmano Abdul Jabbar, ha un fratello di nome Mukhtiar, impiegato dei Rangers, una forza di sicurezza. «Quest’ultimo ha chiamato i genitori di Huma con video-telefonate e, facendo vedere loro le armi, li ha minacciati dicendo che li avrebbe uccisi qualora avessero cercato la figlia. Lo stesso Mukhtiar ha aggiunto, tramite messaggi-audio, che anche se tutti i cristiani si mettessero insieme per riavere Huma lui ucciderebbe sia i genitori sia chiunque intenda aiutare questi ultimi».

Sul piano giudiziario, ha spiegato la legale della famiglia di Huma, il tribunale di primo livello (Third Judicial Magistrate di Karachi Est) ha chiuso il caso per mancanza di prove. E’ stato presentato ricorso in appello al medesimo giudice al fine di riesaminare le prove documentali, e il magistrato ha interessato la competente autorità pubblica, il NADRA, al fine di acquisire il certificato di nascita dell’adolescente. La prossima udienza è fissata per il 13 luglio 2020. L’avvocatessa dei genitori della ragazza aveva peraltro già fornito, nel corso di una delle udienze, due documenti ufficiali da cui risulta la minore età: un attestato della scuola e il certificato di battesimo della parrocchia cattolica St. James di Karachi. Entrambi i documenti riportano la data di nascita di Huma: 22 maggio 2005. 

Quanto all’Alta Corte del Sindh, è ancora chiusa a causa della pandemia da coronavirus e probabilmente riaprirà nel mese di agosto. Solo successivamente si potrà ottenere la fissazione di un’udienza presso la medesima Corte. Il legale del rapitore Jabbar, spiega l’avvocatessa di Huma, punta a guadagnare tempo sfruttando ogni cavillo legale perché tra 3 anni l’adolescente sarà 18enne e il caso, con grande probabilità, sarà archiviato definitivamente. La Corte Suprema del Pakistan, la stessa che ha assolto Asia Bibi, teoricamente potrebbe esaminare e giudicare il caso in tempi brevissimi ma la società islamica radicale del Pakistan non permette al sistema giudiziario di essere autonomo. Inoltre quando è in gioco il diritto delle minoranze religiose si tende a dilazionare perché esso non viene considerato né prioritario né urgente. Il già citato caso Bibi rappresenta da questo punto di vista un precedente eloquente.

Circa la diffusione del fenomeno di cui è rimasta vittima Huma, l’avv. Tabassum Yousaf riferisce che molte ONG forniscono stime dei casi registrati e resi noti all’opinione pubblica, aggiungendo che non tutti vengono riportati, «per cui secondo la mia lettura basata sull’esperienza i casi simili sono 2.000 all’anno, sia registrati sia non registrati». Secondo la legale della famiglia di Huma «una giustizia in ritardo è una giustizia rifiutata, per cui ogni ritardo nelle decisioni per la difesa dei diritti delle minoranze religiose rappresenta una negazione di tali diritti. Il tribunale ha ritardato e continua ritardare la giustizia a beneficio di Huma solo perché è una minore cristiana. Se si fosse verificato un caso analogo ai danni di una minore musulmana tutte le autorità si sarebbero date da fare. Sono sicura in qualità di avvocato che il Presidente della Corte Suprema del Pakistan potrà assicurare la giustizia ai genitori della minore e ad Huma stessa. Ad ogni altro livello inferiore dell’ordinamento giudiziario la giustizia per le minoranze non sarà possibile», conclude amaramente la legale. 

14 Luglio 2020 | 18:26
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