Pakistan, quando i cristiani muoiono per un bicchiere d’acqua

Si può morire per un bicchiere d’acqua? In Pakistan sì, se sei cristiano. Lo sanno bene i genitori e i familiari di Sharon Masih, l’adolescente ucciso a scuola dai compagni di classe in un istituto superiore pubblico a Burewala (nei pressi di Multan), nel Sud del Punjab pakistano.

 

Shaaron era l’unico cristiano in una classe di giovani musulmani. È stato fatto oggetto di scherno da un gruppo di bulli che hanno iniziato a deriderlo, utilizzando come pretesto argomenti religiosi. La sua «colpa» era quella di aver attinto un bicchiere d’acqua da un vaso da cui solo i musulmani potevano abbeverarsi. «Choora, non dovevi farlo», hanno detto usando il dispregiativo di origine castale «choora«, riservato, nella «Terra dei puri» (il Pakistan) a quanti, come i cristiani, sono ritenuti «impuri», «sporchi», «intoccabili». Le molestie si sono fatte sempre più pesanti, fino a diventare calci e pugni. «Convertiti all’islam e ti lasciamo stare, choora». Sharon ha opposto resistenza alla violenza del branco e il «gioco» è finito male, finchè il ragazzo è crollato a terra esanime. Solo allora, nell’indifferenza degli insegnanti presenti, alcuni studenti musulmani, mossi a pietà, l’hanno portato in ospedale, dove i medici ne hanno constatato il decesso.

 

«Sharon è stato ucciso per il disprezzo verso le minoranze che circolano nella società. Il suo caso ricorda quello di Asia Bibi, condannata a morte per blasfemia: anche lei è stata accusata e condannata per un bicchiere d’acqua. I due casi sono tragici e sono una vergogna per il Paese» nota, interpellato daVatican Insider, l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill. 

 

Molto grave, per il legale, che sta seguendo il caso offrendo assistenza ai familiari di Sharon, è l’atteggiamento dell’insegnante musulmano Rana Surbland Khan, che, secondo Gill, «ha avallato la violenza e alla polizia ha dichiarato di non aver visto il pestaggio in quanto impegnato a leggere il giornale». Anche il padre di Sharon Masih sostiene che l’incidente «è basato sul fanatismo religioso» e segnala le responsabilità dell’insegnante.

 

L’omicidio, avvenuto il 30 agosto, ha suscitato pubblica indignazione ed è giunto fino ai banchi del Parlamento nazionale dove il parlamentare cristiano Khalil George, il 12 settembre scorso, non ha usato mezzi termini: «Bisogna agire con urgenza. Ho chiesto a tutti i membri dell’Assemblea nazionale di ripensare come priorità la questione della riforma dei curricula scolastici in Pakistan e di introdurre in tutte le scuole pubbliche, di ogni ordine e grado, l’armonia interreligiosa come materia di studio». L’episodio, rileva George, «dimostra che intolleranza e odio religioso verso le minoranze sono instillati nelle menti degli allievi attraverso i programmi di studio che dovrebbero invece essere improntati alla convivenza sociale». Nel caso di Masih, aggiunge, «urgono azioni severe contro i responsabili», annunciando domanda ufficiale al governo per intitolare a Sharon Masih a scuola in cui è stato linciato.

 

Sulla vicenda hanno preso una forte posizione i vescovi cattolici del Pakistan che, come riporta l’agenzia vaticana Fides, hanno deplorato il governo perchè tralascia la qualità del sistema educativo: «Viviamo in una società in cui tra gli studenti si diffondono odio, bullismo, intolleranza verso casta, credo, religione e status sociale», hanno scritto.

 

Il vescovo Joseph Arshad, presidente della Commissione nazionale «Giustizia e Pace», commenta: «Questo episodio può sembrare una banale lite tra adolescenti, ma in realtà è causato dall’atteggiamento disumano verso le minoranze e le comunità emarginate. Esprimiamo profonda preoccupazione per il livello di estrema negligenza dalle autorità scolastiche, che dovrebbero evitare incidenti di discriminazione in classe, soprattutto quando uno studente subisce abusi o violenze a causa della sua fede».

 

La vicenda riapre un tasto dolente in Pakistan: l’intolleranza tra i banchi di scuola. Come spiega a Vatican Insider il professore cattolico Anjum James Paul, che ha fondato e guida la «Pakistan Minorities Teachers Association», «secondo i nostri studi, molti libri di testo adottati nelle scuole danno una visione distorta e alimentano l’odio e la discriminazione verso i non-musulmani. Stiamo cercando di convincere il governo ad intervenire per estirpare e non fomentare i pregiudizi. Urge lavorare insieme per rendere il Pakistan uno Stato in cui le minoranze religiose si sentano realmente parte integrante della nazione».

Paolo Affatato – VaticanInsider

19 Settembre 2017 | 12:00
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