Padre Baggio: il Papa chiede di fare di più per integrare i migranti

Ad illustrare il messaggio di Papa Francesco dedicato al tema «Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati» è il padre scalabriniano Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, sezione guidata direttamente da Papa Francesco. Al microfono di Giada Aquilino, padre Baggio si sofferma sul significato del verbo «accogliere» come offerta, a migranti e rifugiati, della possibilità – come scrive il Pontefice – «di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione»:

R. – Fare in modo che i migranti abbiano delle alternative sicure e legali a quelle che oggi vengono invece offerte dai trafficanti o dalle mafie locali. Molte volte, purtroppo, le persone si trovano nell’impossibilità di accedere a canali legali, perché le vie sono precluse o perché non vengono offerti dei canali, in questo senso umanitari, che possano portare poi queste persone a luoghi di salvezza. Ci riferiamo in modo particolare a tutte quelle persone che scappano da conflitti, da persecuzioni, da guerre, dall’insicurezza e alcune che scappano dalla povertà estrema per ragioni di sopravvivenza, di sussistenza fondamentale. A queste persone raramente viene offerta tale alternativa: ecco perché il Papa sostiene fortemente il fatto che questa offerta debba essere ampliata attraverso una serie di canali che trovano di fatto un riscontro e degli esempi particolari anche nella realtà.

D. – Quali sono questi canali?

R. – Il Papa si riferisce alle esperienza che sono state portate avanti fino ad ora: la concessione di visti umanitari o visti che, in Italia, sono chiamati anche di «protezione sussidiaria», che devono essere riconosciuti anche qualora non ci siano requisititi per una protezione internazionale garantita dalla Convenzione di Ginevra del 1951. L’estensione di questi visti dev’essere fatta ancor prima di attraversare deserti o mari. E si deve dare la possibilità di realizzarla anche nei territori di partenza o nell’immediato territorio di rifugio, come ad esempio il campo rifugiati nel Paese vicino.

D. – Perché viene sottolineato nel messaggio che «non sono un’idonea soluzione le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati»?

R. – Il Papa si riferisce anche a quelle che sono delle dichiarazioni a livello internazionale che sono state fatte più volte, secondo cui queste espulsioni massicce non permettono alla persona di presentare il proprio caso personale, ma vengono fatte in modo sommario e molto spesso a discrezione delle persone che poi compilano i moduli di espulsione, senza una effettiva verifica e soprattutto una possibilità di ricorso: queste espulsioni – è stato detto – devono essere bandite. Il Papa semplicemente si allinea con tale visione molto più sana e molto più umana da parte della comunità internazionale.

D. – Il Papa nuovamente richiama alla dignità umana, alla dignità fondamentale di ogni persona. Dice: «Occorre sforzarsi di preferire soluzioni alternative alla detenzione». In questo caso si riferisce a coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati?

R. – Esattamente. Il fatto della detenzione, cioè il fatto di considerare un crimine una mancanza burocratica e amministrativa, il fatto di non avere un visto, il fatto di non avere ottenuto un permesso, un’autorizzazione ad entrare, non dovrebbe portare alla detenzione. Ci sono dei sistemi alternativi molto validi e altrettante buone pratiche che sono state fatte in modo particolare per i minori, per i quali si chiede sempre che non ci sia detenzione prevista, ma anche per gli altri affidati alle comunità, ai servizi sociali. Si tratta di una specie di controllo che dev’essere fatto nei loro confronti fino a quando si arrivi poi ad una regolarizzazione. Mi permetto di sottolineare in questo senso che la valenza burocratica o amministrativa della mancanza in questione, cioè il fatto dell’irregolarità migratoria, è così evidente perché, proprio nel caso italiano, la presenza di regolarizzazioni straordinarie che non possono essere chiamate «amnistie» – e qui sottolineo – ma «regolarizzazioni straordinarie», talvolta chiamate «sanatorie», ma sempre «regolarizzazioni straordinarie», indica che è possibile risolvere un problema burocratico con un altro atto burocratico. Quindi non c’è un crimine ed è per questo che non c’è bisogno di detenzione.

D. – Il Papa sollecita il rispetto del diritto universale ad una nazionalità: come va riconosciuta?

R. – Il Papa si riferisce in modo particolare a tutti coloro che ne vengono privati e a coloro ai quali non è riconosciuta al momento della nascita. A quelli che vengono privati della nazionalità, per decisione dello Stato o per scomparsa dello Stato stesso, deve essere data una nazionalità il più presto possibile perché non rimangano apolidi. D’altra parte, per tutti i bambini che nascono, dovrebbe essere concessa la possibilità da una parte di essere registrati con la nazionalità dei genitori, se questi lo richiedono, o dall’altra parte – se la decisione fosse diversa – anche di ricevere la nazionalità diretta dello Stato dove loro nascono, attraverso una debita certificazione.

D. – In questi mesi la discussione in Italia è stata sullo ius soli

R. – La Chiesa italiana, in modo particolare, si è schierata apertamente a favore dello ius soli ed è qualcosa che può tranquillamente convivere con lo ius sanguinis. Si ritiene che tutti quegli Stati che lo hanno adottato e lo stanno adottando già da diversi anni non hanno incontrato nessuna delle difficoltà che molte volte vengono poste a riconoscimento di questo ius.

D. – Si riflette sull’integrazione come opportunità: come promuovere l’inserimento socio-lavorativo dei migranti e dei rifugiati secondo quanto scrive il Papa?

R. – Il Santo Padre sottolinea questa doppia valenza dell’integrazione lì dove non solamente è l’immigrato che si integra ma anche l’autoctono che si integra con l’immigrato. La dottrina sociale della Chiesa ci dice che a partire dall’educazione, un’educazione all’alterità e al riconoscimento dell’altro come un valore aggiunto alla nostra esistenza, noi indichiamo il sentiero della realizzazione della persona umana secondo il disegno di Dio.

D. – Allora come leggere le polemiche delle ultime settimane, per esempio sulle ong che soccorrono in mare i migranti, sull’utilizzo della forza militare, alla luce di questa visione di integrazione?

R. – Come ci chiede il Papa, per prima cosa salviamo le vite. La seconda è a livello politico e a livello internazionale, assistendo ai fenomeni, mentre cerchiamo di sanare le cause che determinano certi flussi irregolari o comunque manipolati da mafie e organizzazioni criminali internazionali, mentre cerchiamo di sanare tutto ciò dobbiamo trovare delle misure adeguate perché assolutamente i soggetti di mobilità umana – migranti, richiedenti asilo, rifugiati – non vengano a perdere la loro dignità e non vengano a perdere i loro diritti.

D. – L’Onu si è impegnato entro la fine del 2018 ad approvare due Patti globali dedicati a rifugiati e migranti. La Chiesa com’è impegnata per questi obiettivi?

R. – Dal 1° gennaio abbiamo avuto con il Santo Padre una serie di incontri – sono incontri mensili – per cercare di fare il punto della situazione sui processi che porteranno ai Patti globali. Siamo arrivati alla stesura di 20 punti di azione, tutta una serie di indicazioni molto pratiche che provengono dalle esperienze stesse della Chiesa, cioè delle buone pratiche che le Chiese locali già stanno facendo per essere molto diretti nelle proposte che facciamo.

Giada Aquilino – RadioVaticana

23 Agosto 2017 | 08:00
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