Ordo Virginum: nel mondo si diffonde nel silenzio «un carisma antico per donne nuove»
È paradossalmente l’«invisibilità» uno dei tratti distintivi delle donne dell’Ordo virginum, una vocazione antichissima che si celebra mediante un rito pubblico, le cui origini risalgono alla Chiesa dei primi secoli e rinata 50 anni fa, grazie a papa Paolo VI che ha consentito con il rinnovo del rituale a donne che vivono nel mondo e non in convento, di potersi consacrare secondo questa particolare forma. Donne che non hanno un segno esteriore, a renderle visibilmente riconoscibili, (se non un anello al dito simile ad una fede): non una casa comune dove abitano, non un’attività univoca che le accomuni, non una comunità religiosa in cui vivono inserite. Sono donne che non si distinguono da altre – sono insegnanti, medici, infermiere, architetti, impiegate, giornaliste, artiste, teologhe – ma non sono «del» mondo, nel senso che l’invisibile che le caratterizza è la loro comune vocazione di aver consacrato la vita a Cristo e di abitare questa fedeltà nel quotidiano, in seno alla loro Chiesa di appartenenza; molte tra loro con una particolare attenzione e sensibilità verso i più fragili. Donne invisibili ma di attualità, almeno per lo Spirito Santo, se si guarda alle molte vocazioni nel mondo. In cinquant’anni sono arrivate ad essere circa 5000 distribuite nei 5 continenti, una sessantina in Svizzera, mentre in Ticino si contano -per ora- sulle dita di una mano. Avrebbero dovuto essere in 700 a Roma, durante questo fine settimana, per festeggiare con un incontro dal respiro mondiale, i 50 anni dalla promulgazione per mandato di San Paolo VI, del nuovo rito di consacrazione. Invece, il coronavirus ha fermato anche questo momento di festa, rinviandolo. Puntuale è tuttavia apparso il volume «Da tutte le genti, un’unica sposa. Ordo virginum carisma antico per donne nuove» (Libreria editrice Vaticana), curato da Cristina Vonzun – direttrice per la diocesi di Lugano dell’associazione ComEc e giornalista dell’inserto catholica nel Corriere del Ticino e di catt.ch. Il volume raccoglie qualificati commenti all’Istruzione «Ecclesiae Sponsae Imago» il documento Vaticano del 2018 che contiene i criteri circa il discernimento vocazionale e la formazione per questa scelta di vita. Nella «Presentazione» al volume, João Braz de Aviz, cardinale Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica scrive che i 13 contributi raccolti vogliono essere «un prezioso aiuto a conoscere meglio l’Ordo virginum, in quanto approfondiscono da diverse prospettive la vocazione delle vergini consacrate, chiamate ad essere (…) dono per la Chiesa di oggi e per il mondo intero». Ed è proprio nel concreto della storia, secondo lo spirito pastorale del Concilio Vaticano II, che il card. Tobin, arcivescovo di Newark (USA) e gia segretario della «Congregazione», invita «le sorelle consacrate» ad essere la Chiesa della prossimità evangelica, vicina a «credenti, non credenti, agnostici, laddove scorre e si gioca la maggior parte della vita delle persone di oggi». Nel volume si ritrovano i contributi di altri pastori e teologi che accompagnano queste donne nel loro cammino, come l’arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, ma pure di donne teologhe dell’Ordo virginum, tra le quali l’italiana Rosalba Manes, biblista e docente all’Università Gregoriana e la tedesca Marianne Schlosser, premio Ratzinger per la teologia 2018, curatrice del volume II dell’Opera omnia del teologo e papa emerito, nonché membro della Commissione teologica internazionale. Domenica 31 maggio, in molti paesi del mondo verrà celebrata online una veglia di preghiera su piattaforme di consacrate di singole diocesi o conferenze episcopali.
Corinne Zaugg
Alcuni contributi già pubblicati sull’Ordo Virginum: Gloria Mari e la comunità Nocetum. «Preghiera, accoglienza, lavoro: viviamo la radicalità del Vangelo»; Ordo Virginum, le storie. Maria, infermiera a Madrid durante la pandemia: «Anche con una preghiera i pazienti si calmano»