Onu: «Siamo davanti alla più grave crisi umanitaria dal 1945»

Una carestia devastante e «senza uno sforzo coordinato e globale la gente morirà di fame, e molti altri di epidemie». Stephen O’Brien, sottosegretario generale dell’Onu per gli aiuti umanitari, nel suo rapporto al Consiglio di Sicurezza, ha indicato in Sud Sudan, Yemen, Somalia e Nigeria del Nord Est gli Stati nei quali l’emergenza-carestia è più grave, affermando che ci troviamo davanti alla crisi umanitaria più grave dalla fine della Seconda Guerra mondialeOltre 20 milioni di persone rischiano di morire di fame. «Occorrono subito 4,4 miliardi di dollari», ha aggiunto. L’Onu parla di carestia quando il 30% dei bambini sotto i 5 anni di età soffrono di malnutrizione.

La crisi più devastante per O’Brein riguarda lo Yemen, tormentato da anni di conflitto, dove 18,8 milioni di persone hanno bisogno di aiuto e 7 milioni soffrono la fame. E le promesse che lo stesso funzionario Onu ha ricevuto durante la sua visita da parte delle opposte fazioni militari di far passare gli aiuti sono state tutte disattese. In Somalia poi un milione di bambini sotto i 5 anni di età è a rischio. Per quanto riguarda il nord est della Nigeria, Boko Haram vi ha causato la fuga da piccoli centri devastati di 2milioni e mezzo di persone. L’esponente delle Nazioni Unite ha recentemente visitato anche il Sud Sudan ed ha descritto una situazione che seguita ad aggravarsi, imputando alle opposte fazioni militari la responsabilità della crisi: «Lì la carestia è causata dall’uomo: 3,4 milioni di sud-sudanesi sono sfollati, e 200mila sono fuggiti dall’inizio del 2017».

Padre Giulio Albanese, direttore di Popoli e Missione, ha seguito dall’inizio i gravi sviluppi politici nel più giovane paese africano, dove il Papa ha detto che vorrebbe recarsi con il primate della Comunione anglicana Justin Welby, sottolinea: «Dall’ indipendenza del 2011, favorita e incoraggiata dalla Comunità Internazionale, abbiamo dovuto constatare che si è sottovalutata la necessità di un ceto politico nazionaleI ribelli del vecchio movimento indipendentista, l’Spla, una volta deposte le armi della guerriglia si sono trasformati in un’oligarchia, che si è divisa su linee etniche e calcoli personali legati al business dell’oro nero. Il Paese oggi è parcellizzato, non diviso in due campi opposti. È in mano ai signori della guerra. Dobbiamo prendere atto che si doveva andare con i piedi di piombo e la dichiarazione di Papa Francesco riaccende la speranza».

«La sua possibile visita con il primate anglicano è sostenuta dal Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, che in passato tanto ha fatto per creare consapevolezza», spiega Padre Albanese. «Ma i cristiani, ricordiamolo, sono il 10% di una popolazione in vastissima maggioranza animista. Forse è il caso di cominciare a riflettere seriamente sull’opportunità di un mandato fiduciario da affidare a istituzioni internazionali. Altrimenti si rischia di tornare al passato».

(Riccardo Cristiano / Vatican Insider)

13 Marzo 2017 | 12:00
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