«OgniVentialleVenti»: un rosario di speranza in città
Viaggiano per ore, giungono dalle parti più disparate del mondo e solo per rimanere un’ora o poco più a Lugano, per portare la loro testimonianza. Sono padre Mandu dall’Egitto, don George da Qaraqosh, ma anche Andrea Avveduto, padre Bernardo Cervellera, Rodolfo Casadei. Giornalisti, autori di libri, ma soprattutto testimoni di una Chiesa in uscita. Questi gli ospiti che hanno portato finora la loro testimonianza nell’ambito dell’iniziativa «OgniVentialleVenti», che ormai da cinque anni vede riunirsi mensilmente decine di ticinesi in piazza S. Rocco a Lugano, per pregare un rosario per i cristiani perseguitati. A volerla fortemente tre donne e i loro rispettivi mariti: Monica e Sergio Bianchi, Fabio e Anne Berenice Cattaneo, Stefania e Riccardo Caruso, assieme a don Emanuele di Marco, responsabile dell’Oratorio di Lugano. Domani alle 20 ospiteranno padre Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dei cistercensi.
«Ciò che ci colpisce dei nostri testimoni è sempre la grande incrollabile speranza; più le difficoltà aumentano, e più questi cristiani ne hanno. I loro sono racconti di grande realismo, ma mai disperati. È una speranza, crediamo, in parte anche alimentata dalle preghiere, tra cui la nostra. Nei loro volti, nelle loro parole si scorge soprattutto il grande desiderio di non essere dimenticati. Desiderano sottolineare di non essere una parte non marginale del corpo della Chiesa. Per noi sono incontri estremamente edificanti».
Quest’anno gli incontri, ogni 20 del mese, saranno animati da una comunità o un gruppo ecclesiale diverso, «per dimostrare come la preghiera sia qualcosa che unisce. Ci riuniamo con qualsiasi tempo, proprio per essere allo scoperto come i cristiani per cui preghiamo. Inoltre, la piazza è il luogo migliore per dare una testimonianza che sia pubblica. La gente che passa può fermarsi, decidere se rimanere o no, ma è comunque una cosa che non lascia indifferenti ».
E i prossimi ospiti? «Probabilmente un padre di famiglia eritreo, giunto in Ticino come migrante. Raccogliamo anche storie che sono attorno a noi e che desiderano essere ricordate. Fare memoria è fondamentale». (LQ)