Papa e Vaticano

Nucleare, l’appello dei Premi Nobel per «un mondo libero dalle armi»

«Il solo modo per assicurare una pace mondiale sostenibile e impedire che le armi nucleari si diffondano e vengano usate è abolirle». Ne sono convinti i vincitori del Premio Nobel che partecipano oggi e domani al Simposio in Vaticano sul tema «Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale», organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.

 

In una dichiarazione comune consegnata a Papa Francesco al termine dell’udienza di questa mattina in Sala Clementina , sottolineano la necessità di «costruire un sistema di sicurezza internazionale inclusivo ed equo, in cui nessun paese senta il bisogno di affidarsi alle armi nucleari». E spiegano che «basterebbe eliminare le armi nucleari per rilasciare le risorse necessarie per questo cambiamento». Perché «con il disarmo, le possibilità sono illimitate».

 

Il documento – riportato da L’Osservatore Romano – si apre con espressioni di gratitudine per l’attenzione che Francesco «presta alle questioni pressanti del presente», soprattutto «in questo momento di profonda tensione tra paesi dotati di armi nucleari». Quindi richiama «la positiva conclusione» dei negoziati del 7 luglio alle Nazioni Unite con il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, che «nonostante la mancanza di partecipazione degli stati dotati» di arsenali nucleari «apre una strada per andare avanti verso un mondo libero» dall’atomica.

 

Del resto, la «convenzione inizierà a stabilire una nuova normativa giuridica internazionale e stigmatizzerà dette armi e gli stati che finora rifiutano di abbandonarle». In proposito i premi Nobel ricordano come anche gli stati che non hanno appoggiato il Trattato di non proliferazione (NPT) debbano ancora rispettarne gli obblighi. Quindi sottolineano i meriti dell’«azione concertata della società civile, delle comunità religiose, delle organizzazioni internazionali e degli stati che desiderano ferventemente un mondo libero dal nucleare» nel conseguire risultati positivi.

 

Nel documento si assicura che «alla fine, sarà il lavoro costante di questi settori ad aprire il cammino perché gli stati dotati di armi nucleari finalmente abbandonino tali armi, capaci di cancellare la vita così come la conosciamo in un battere di ciglia. Non sarà un compito facile, ma è possibile». Da qui l’auspicio per l’avvio di «un meccanismo di controllo multinazionale della produzione di materiale fissile», al fine di contrastare «il fenomeno emergente del numero sempre crescente di paesi che diventano «stati capaci di armi nucleari», in possesso della tecnologia che potrebbe essere utilizzata per produrre armi nucleari». Ma, avvertono i premi Nobel, «perché un tale meccanismo funzioni deve essere universale, equo e apolitico».

 

Oltre al «disarmo nucleare totale», la dichiarazione congiunta richiama l’attenzione anche sui «sistemi emergenti di armi letali autonome, che da sole potrebbero puntare e uccidere esseri umani. È imperativo domandarsi quale etica e moralità possa indurre gli esseri umani a ritenere che sia giusto dare alle macchine la capacità di uccidere», scrivono i firmatari. «La soluzione migliore a questa incombente terza rivoluzione nella guerra è bandire tali armi preventivamente, prima che appaiano sui campi di battaglia».

 

Perché, si legge nelle ultime righe del documento, «bandire le armi nucleari e promuovere la pace e il disarmo integrale significa mettere l’umanità al primo posto e rispondere alle gravi sfide che dobbiamo affrontare: il cambiamento climatico; un’economia globalizzata che esalta l’accumulo di ricchezza per amore della stessa e si preoccupa poco di rispondere ai bisogni della maggioranza dei miliardi di persone che condividono il nostro pianeta; e il terrorismo di ogni genere, compreso quello di stato».

 

«Le strutture di sicurezza nazionale che si affidano alle armi, al militare e alla proiezione del potere dello stato, non possono proteggerci dalle sfide del mondo attuale», conclude il testo. Pertanto «è ora di riconoscere che la vera sicurezza giunge dal concentrarsi sulle risposte ai bisogni degli individui e delle comunità – sicurezza umana – e dal proteggere e promuovere il bene comune».

 

I Premi Nobel, come i rappresentanti di Onu e Nato, sono stati accompagnati oggi all’udienza con il Pontefice dal presidente del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, il quale aveva dato il benvenuto nella sessione di apertura svoltasi a inizio mattinata, illustrando le finalità del simposio e le modalità di svolgimento. «Siamo sull’orlo di un olocausto nucleare», ha detto il porporato nel suo discorso, «in questo momento storico esiste una paura di una catastrofe nucleare che si è intensificata così tanto». Si tratta di «un problema globale che influenza tutte le nazioni e ha un impatto non solo sulla generazione attuale, ma anche su quelle future», perciò «saranno molto importanti le decisioni dei nostri politici, perché avranno conseguenze sullo sviluppo del nostro Paese»

 

Rispondendo poi a margine ai giornalisti che gli domandavano in che modo la Santa Sede si stia impegnando per allentare la tensione tra Nord Corea e Stati Uniti, il porporato ghanese ha detto: «Sulla Corea del Nord il nostro punto di contatto è sempre la Chiesa locale della Corea del Sud con la quale siamo già in contatto». «Con il Dicastero – ha aggiunto – stiamo già parlando con alcuni membri della Conferenza episcopale coreana per vedere come si può entrare in contatto con il regime della Corea del Nord. Quindi vediamo se riusciamo! Ora non posso dire esattamente quando potremo riuscire a stabilire questo contatto, ma stiamo scoprendo la possibilità di metterci in contatto direttamente con loro».

VaticanInsider

10 Novembre 2017 | 19:08
Tempo di lettura: ca. 3 min.
nucleare (16), vaticano (186)
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