Ticino e Grigionitaliano

Non ci resta che... provare

Un invito a essere intraprendenti e creativi, per un’informazione religiosa di qualità (tecnologie e contenuti), che sappia curare i rapporti con il pubblico. Il sasso nello stagno è partito dall’Azione cattolica ticinese, che giovedì sera, al Centro San Giuseppe di Lugano, ha proposto un incontro dal titolo «Chiesa e informazione in Ticino: cosa e come comunicare». Ospiti di un pubblico variegato, tre invitati: Carlo Silini (editorialista e caporedattore di CorrierePiù, presso il Corriere del Ticino), Natascia Fioretti (giornalista freelance e segretaria operativa dell’Associazione ticinese giornalisti), don Italo Molinaro (caporedattore del settimanale RSI Strada Regina). A moderarli, il giornalista Luigi Maffezzoli.

Foto di Luigi Maffezzoli

In realtà, parlare di informazione religiosa e di comunicazione ecclesiale in Ticino è occasione rara, perché non c’è mai stato, almeno in tempi recenti, il tentativo di affrontare pubblicamente la questione. Che parte tra l’altro da un «lutto» (Silini): la scomparsa del Giornale del Popolo, storico quotidiano cattolico della diocesi di Lugano, nel maggio del 2018. Come raccogliere la sfida di questo vuoto? Come valutare gli altri prodotti giornalistici sul territorio (il sito catt.ch, le trasmissioni RSI Strada Regina e Chiese in diretta, l’allegato del sabato al Corriere del Ticino «Catholica», e una miriade di altri prodotti)?

Carlo Silini ha invitato a distinguere «pastorale» (annuncio del Vangelo) da «informazione». E quindi a «non confondere le finalità della Chiesa da quelle dell’informazione». Cioè: il giornalismo informa, la pastorale forma. Nel contempo però il giornalismo non può limitarsi a «elenchi di notizie», perché il lavoro del giornalista è «spiegare». Con un auspicio per i media cattolici: non essere «semplice megafono dell’istituzione», ma fornitori di «strumenti per capire». «Far capire, non convertire». Per cui è meglio evitare ogni appellativo applicato al giornalismo (cattolico…), perché il giornalismo «o è ben fatto o è fatto male», e basta. Un «ben fatto» che risponde a criteri universali: ricerca della verità, indipendenza di giudizio, rispetto delle persone. E per i contenuti: le religioni (non solo il «mondo cattolico»), oltre lo stile apologetico, non solo le buone ma anche le cattive notizie. E infine un monito: «La Chiesa non è solo il Vaticano».

Natascia Fioretti ha ricordato la complessità generale del tempo attuale, e quindi la crisi che attraversa tutti e tutto, non solo la Chiesa cattolica. Per i media, come è noto, la trasformazione principale viene da internet, con in Ticino in forte ritardo (abitudini del pubblico) rispetto al resto del mondo. Ma è solo questione di tempo. Tuttavia preoccupa un dato: quel 36% di popolazione che si è in pratica isolata dall’informazione. Un percorso possibile: prendersi cura del rapporto con il pubblico (gestire i commenti social ad esempio). Perché il pubblico oggi appare distratto? È solo questione di tecnologie? O non c’è anche una «crisi dei contenuti»? Per cui oggi la sfida non è più «arrivare primi», ma «arrivare bene». «Come fare affinché i ›lettori’ restino con noi e paghino per usufruire dei nostri contenuti?» «Non ci resta che provare»!

Don Italo Molinaro ha colto l’occasione per raccontare il contesto nel quale nasce una fetta importante dell’informazione religiosa nella Svizzera italiana, con il Centro cattolico media Comec (Communicatio Ecclesiae) di Lugano, erede del Centro cattolico radio tv. Si tratta di uno dei tre centri regionali di competenza finanziati e voluti dalla Chiesa cattolica svizzera, con il mandato di produrre un’informazione di qualità, indipendente e professionale. Comec, dal 2015 è giuridicamente un’associazione. Gestisce il sito cattolico di informazione catt.ch, è responsabile di trasmissioni RSI come Strada Regina e Chiese in diretta (quest’ultima in collaborazione con l’omologa realtà della Chiesa riformata in Ticino), e cura il supplemento Catholica. Tutti prodotti con un parallelo mondo social. I canali ci sono, quindi, e alla qualità occorre continuamente lavorare, ma la questione urgente sono le notizie e i protagonisti di notizie: l’universale è ricco (papa, mondo), l’informale locale pure, ma l’anello più debole sembrano allora le istituzioni ecclesiali locali. Da qui, come sottolineato con allarme tra il pubblico, il rischio dell’insignificanza.

3 Febbraio 2020 | 11:37
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