Ticino e Grigionitaliano

Nel cuore della Leventina una chiesa ricca di sorprese

«Ho sempre voluto conoscere più a fondo la storia archeologica e artistica della nostra chiesa; ma penso che questo sia un desiderio anche della gente del paese e di coloro che si affacciano sulla piazza e si trovano di fronte a tanta bellezza». Sono le parole e l’auspicio, oggi finalmente concretizzato, del parroco don Michele Capurso ad aprire il nuovo numero della rivista diretta da Giorgio Mollisi, «Arte e Cultura», dedicata questa volta all’indagine storica, archeologica e artistica di una tra le più interessanti chiese romaniche sparse sul territorio della Valle Leventina: la parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo di Quinto.

Un solo paese, tante chiese

«Bisogna ricordare – sottolinea Mollisi – che, in Ticino, abbiamo altre importanti chiese del periodo romanico: a Giornico, a Biasca, a Muralto e a Negrentino, ad esempio. Ma, accanto alla parrocchiale di Giornico, quella dei Santi Pietro e Paolo di Quinto era storicamente una delle più importanti della Valle, all’interno di un territorio, comprese le frazioni, per altro ricco di chiese di altri periodi e che meriterebbero altrettanti studi».

La storia architettonica

La chiesa, pur essendo già stata oggetto di alcuni studi in passato, ha rivelato agli studiosi che hanno preso parte al volume – Rossana Cardani Vergani, Savero Lomartire, Mirko Moizi, Andrea Spiriti, Laura Facchin e Massimiliano Ferrario – molte novità. A partire dalla complessità della sua storia architettonica. Sebbene documentata solo dal 1227, scavi archeologici in parte svoltisi già negli anni Settanta del Novecento, hanno accertato la presenza di un primo edificio di culto, risalente ad un periodo indicativamente compreso tra l’VIII e il X secolo. Purtroppo, di questa primitiva costruzione non rimane nulla, mentre dell’edificio romanico, sorto tra la fine dell’XI e i primi decenni del XII secolo, sono ancora esistenti, come ci spiega Mollisi, la torre campanaria, le porzioni inferiori delle absidi e la cripta, accessibile però unicamente grazie ad una botola che si apre nel presbiterio. Proprio da qui, è partita, nel volume, l’indagine di Saverio Lomartire.

Sculture di animali inquietanti

Risalendo in superficie, c’è un altro elemento che colpisce però, molto spesso, i visitatori: la discrepanza tra l’aspetto esteriore della chiesa, che si potrebbe definire quasi neoromanico, e i suoi interni invece prevalentemente di epoca barocca e rococò. «La scelta dell’aspetto esterno risale alla fine del Seicento, quando si è deciso di riprodurre quello che doveva originariamente avere l’edificio romanico, inserendo nella muratura esterna i conci e i bassorilievi provenienti dalla costruzione precedente. La chiesa di Quinto, anche per questo, rappresenta un primato: è probabilmente la chiesa ticinese con la concentrazione più alta di sculture di animali distribuiti su facciata, fianchi, campanile e abside». Nel volume si tenta di dare loro qualche interpretazione: «Compare, ad esempio, la lepre, che sappiamo essere tradizionalmente associata alla Chiesa e a un’immagine positiva.

Tutt’attorno, invece, animali terribili e mostruosi, come orsi o draghi. Voleva essere, forse, un invito velato alla gente, affinché lasciasse le tentazioni del mondo ed entrasse, varcando la soglia della chiesa, in una reale dimensione di bene spirituale», ci spiega Mollisi. Nel tempo sarebbe andato arricchendosi anche l’interno dell’edificio. Il polittico maggiore, modellato verso il Cinquecento, è frutto della collaborazione di artisti del Nord e italiani. «Le ante laterali, ad esempio, sono opera di maestranze lombardo-ticinesi, mentre l’autore delle statue è il bavarese Ivo Strigel. I ticinesi lo avevano forse conosciuto ammirandone l’opera nelle chiese del Canton Grigioni, per poi invitarlo a scendere oltre le Alpi». Dopo la battaglia di Giornico nel 1478, in seguito alla quale la Leventina passerà nelle mani dei Confederati, anche artisticamente tale contatto della Valle con il Nord delle Alpi verrà intensificato. Ma il polittico di Quinto è una vera rarità: oggi è per questo conservato al Landesmuseum di Zurigo. Nella chiesa,un’altra scultura lignea di fine Seicento accoglie invece il visitatore: si tratta del grande altare a tempietto di Paolo Antonio Pisoni di Ascona e di Carlo Giuseppe Zezio di Locarno.

La Bibbia in immagini

Infine, attraggono certamente l’attenzione del visitatore le due ancone d’altare sagomate in cui sono inserite le statue della Madonna e di San Giuseppe. Qui sono rappresentate scene con i Misteri del Rosario, da una parte, e della vita di Gesù, dall’altra. «Vi troviamo raffigurate scene evangeliche impensate, come Maria e Giuseppe che insegnano a Gesù a camminare, oppure Maria che cuce, mentre Giuseppe e Gesù lavorano nella loro bottega di falegnami. Tale rilettura popolare della vita di Cristo serviva alla gente per avvicinarsi alla fede», conclude Mollisi. Una bella chiesa da visitare.

Per ordinare la rivista, al costo di 20 franchi, si può scrivere a edizioni@fontana.ch.

di Laura Quadri

| © wikimedia
17 Gennaio 2022 | 06:49
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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