Montenegro: il Papa a Lampedusa ci ha mostrato le ferite dell’umanità

Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, è stato testimone della storica visita a Lampedusa del Papa nel 2013. «Mentre noi continuiamo a meravigliarci di un fenomeno che dura da almeno 30 anni, il Papa ha vissuto ad occhi aperti» dice a Vatican Insider. A Montenegro, da sempre impegnato sul tema delle migrazioni, abbiamo posto alcune domande su un problema che divide l’opinione pubblica e, non di rado, anche la comunità dei credenti.

«È stata una sorpresa per tutti, ma col tempo ci siamo resi conto come quella riflessione lanciata a Lampedusa sia diventata un tema dominante nel suo pontificato. Potemmo dire ha iniziato a parlare a Lampedusa ma ancora oggi quel discorso non è finito, poiché di continuo ci richiama a quei valori dell’accoglienza e della dignità dell’uomo, per cui quella sorpresa è diventata nel frattempo una presa di coscienza. Ciò che desidera il Papa può essere effettivamente una via da percorrere per un mondo diverso, migliore, per esprimere una capacità di convivenza diversa e migliore».

Il Papa, ponendo i migranti al centro del suo magistero, ha fatto una scelta che, senza retorica, può definirsi davvero profetica. Come nasce secondo lei questa visione in Francesco?  

«Io penso che il Papa abbia vissuto ad occhi aperti. Noi anche dopo trent’anni dall’inizio di questo fenomeno, di questo flusso di gente, continuiamo a meravigliarci, a parlare di emergenza. Il Papa invece ha saputo guardare da pastore alla realtà della sofferenza e ha saputo vedere questa che è una delle ferite più grandi dell’umanità di oggi. La sua è stata una grande capacità di lettura della storia perché non sono dei singoli che si spostano, ma sono dei popoli, pure se in tanti non vogliono considerare questo aspetto. Il Papa, proprio per quella capacità di lettura che ha della storia e anche della storia della salvezza, ha saputo vedere un fatto, un evento che segnerà il presente e il futuro».

A Lampedusa qual è ora la situazione?  

«Lampedusa ora è diventata soprattutto un simbolo perché gli sbarchi non avvengono più come prima, ma è rimasta un simbolo. Viaggiando, anche all’estero, ho visto che tanti migranti portano il nome di Lampedusa perché questa è stata la prima terra che hanno toccato, per molti è stata la salvezza. E tanti mi hanno detto: «Quando torni, ringrazia la tua gente perché se siamo vivi è merito loro»».

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6 Luglio 2018 | 12:40
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