Migranti, il lungo viaggio dei minori attraverso Africa e Mediterraneo

Un viaggio che dura in media un anno e due mesi dall’Africa all’Italia, i rischi della traversata in mare, la solitudine lungo il percorso, le sofferenze, le schiavitù, i rapimenti e le violenze subite, in modo particolare in Libia. Poi la fuga e l’approdo difficile in Italia dove, non di rado, subiscono nuovi abusi. È questo il triste destino dei minori che stanno raggiungendo le coste italiane e quelle greche in questi mesi. È quanto racconta una ricerca condotta dall’Unicef in partenariato con Reach (organismo formato da due diverse ong, Impact initiatives e Acted, e da un’agenzia delle Nazioni Unite). Il quadro che ne è emerso si fonda su una raccolta di dati condotta tra il dicembre 2016 e il maggio 2017 in Italia e in Grecia. Il campione di persone intervistate è stato di 850 minori, di cui 720 non accompagnati intervistati in Italia. Ma per comprendere la portata del fenomeno è necessario partire dai dati generali. Basti pensare che dei 12.239 minorenni arrivati in Italia nei primi sei mesi di quest’anno, il 93% ha viaggiato da solo. In tutto, nel 2016, sono arrivati in Europa più di 100mila minorenni rifugiati e migranti, di questi oltre 33.800 non accompagnati e separati dai genitori (il 34%); ancora, da sottolineare, che il 75% dei minorenni rifugiati e migranti intervistati in Italia ha preso la decisione di mettersi in viaggio da solo. 

 

Nei giorni scorsi, intervenendo alla «Summer School 2017» svoltasi a Montepaone Lido (Catanzaro) sul tema dei minori-migranti, padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, ha affermato: «Emigrare oggi significa affrontare grandi sacrifici e spesso i bambini pagano il prezzo più alto, specialmente quando emigrano da soli». «Solo per il fatto di essere stranieri – ha aggiunto – tutti i migranti sono di fatto vulnerabili. Essi sono spesso trascurati, discriminati ed emarginati. E tra loro i fanciulli costituiscono il gruppo più vulnerabile» in quanto «minori, perché stranieri e perché inermi». E proprio fra i minori coloro che sono irregolari, ha proseguito il rappresentante della Santa Sede, «devono spesso nascondersi dalle autorità e non godono di un accesso equo all’istruzione e all’assistenza medica. La situazione dei minori non accompagnati è particolarmente precaria. Molti fanciulli e adolescenti sono avviati alla prostituzione o presi nel giro della pornografia, resi schiavi del lavoro minorile o arruolati come soldati». L’iniziativa della Summer school era stata promossa dall’Università cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con Scalabrini international migration institute (Simi), Fondazione Migrantes, Fondazione Ismu e Agenzia scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (Ascs). 

 

Nella ricerca Unicef-Reach, emergono dati interessanti e che smentiscono alcuni luoghi comuni dati oramai per acquisiti. Si pensi soltanto che meno della metà dei minori intervistati in Italia racconta di aver lasciato il paese d’origine con lo scopo di raggiungere l’Europa, Italia inclusa (46%). «Un quinto degli intervistati (20%) – si legge nel Rapporto – è partito con lo scopo di andare in Nord Africa o di rimanere in un paese vicino (12%), come il Mali o il Senegal. Fra i minori che sono partiti con l’intenzione di raggiungere un paese europeo, l’accesso all’istruzione (38%) e il rispetto per i diritti umani (18%) sono fattori importanti che hanno influenzato la decisione di raggiungere il vecchio continente. Al contrario, fra i minori che pensavano di spostarsi in un paese vicino in Africa occidentale o in Nord Africa, la ricerca di lavoro è stata la prima motivazione espressa. Scarse erano le aspettative di trovarvi migliori servizi, tra cui l’istruzione».  

 

Anche la Grecia non è una meta particolarmente ambita secondo l’indagine, molti rifugiati sono rimasti in questo paese per forza, «incastrati» fra la chiusura della rotta balcanica e l’accordo fra Ue e Turchia per impedire il passaggio dei flussi migratori. Le nazioni europee più ambite restano Germania, Svezia, Svizzera.  

 

Oltre alla ricerca di condizioni di maggiore sicurezza, tra i fattori decisivi che portano alla decisione di partire, genitori e figli vedono lo spostarsi come un’opportunità per accedere a migliori sistemi di istruzione o opportunità lavorative, entrambe percepite come più accessibili in nord Europa che in Grecia. 

 

Le famiglie in viaggio dal Medio Oriente alla Grecia sono poi non di rado coscienti dei rischi che il viaggio verso l’Europa può comportare; mentre meno della metà dei bambini intervistati in Italia racconta di aver riflettuto sui rischi del viaggio prima di partire (43%). Questo comporta che, in molti casi, i minori lascino il proprio paese di origine con poca preparazione e minima consapevolezza dei rischi che li attendono durante il viaggio. Nei casi in cui i minori hanno considerato i possibili rischi prima di partire (47%), il livello di consapevolezza è invece molto alto. La possibilità di essere uccisi lungo il percorso (42%) o di morire in mare (30%) risultano tra i timori più comuni presi in considerazione. Questi risultati offrono, secondo i ricercatori, «una percezione chiara del livello di determinazione e della sensazione di emergenza che caratterizza la decisione di lasciare il proprio paese di origine». 

 

Il viaggio verso l’Italia non è semplice e, in media, i minori che si sono messi in cammino hanno impiegato un anno e due mesi per completarlo, a partire dal momento in cui hanno lasciato il paese d’origine all’arrivo sulle nostre coste. In media è invece assai più breve il viaggio per raggiungere la Grecia. Fra quanti raggiungono l’Italia la durata del viaggio dei minori provenienti dal Gambia e dalla Guinea Conakry è stata maggiore di quella dei minori di altri paesi come la Nigeria.  

 

Il tempo della traversata è spesso legato alla distanza, ma anche al bisogno dei minori di lavorare per finanziarsi il viaggio e quindi al loro grado di esposizione a diverse forme di sfruttamento. La maggioranza dei minori che ha viaggiato lungo la rotta del Mediterraneo centrale è stata costretta a lavorare nel corso del viaggio, spesso in condizioni fortemente usuranti, in genere in paesi di transito come Niger, Algeria o Libia. «In modo unanime – si afferma nel Rapporto – i minori ospitati in Italia hanno parlato del periodo trascorso in Libia come la parte più traumatica dell’intero viaggio, dopo l’attraversamento del «Canale di Sicilia». Quasi la metà di loro (47%) ha raccontato di essere stato rapito e un minore su quattro (23%) ha raccontato di essere stato arrestato arbitrariamente e tenuto in prigione senza alcun capo d’accusa», inoltre «alcuni minori che avevano sperato di poter restare a lavorare in Libia hanno deciso di partire per l’Italia perché terrorizzati dallo stato di violenza generalizzata, come racconta il 63% dei bambini che pianificava di rimanere nel Paese». Anche i minori ospitati in Grecia sono stati esposti a numerosi rischi, tra cui violenza e sfruttamento. 

 

Ma i problemi non finiscono con lo sbarco in Italia. Un fattore che ha spesso conseguenze destabilizzanti è quello dell’eccessiva lentezza burocratica nelle procedure di accoglienza, in particolare pesa la scarsa chiarezza circa l’accesso ai documenti e ai mezzi legali per continuare il viaggio; così molti bambini abbandonano i centri di accoglienza italiani e greci per proseguire il cammino irregolarmente «e prendere in mano il proprio futuro». D’altro canto i numeri dei ricollocamenti, dei rimpatri o dei ricongiungimenti familiari (la procedura più urgente), sono spesso irrisori o minimi; per questo molti decidono di fuggire.  

 

Infatti, su 25.846 Msna (minori stranieri non accompagnati) arrivati via mare in Italia nel 2016, solo 17.373 erano presenti nel sistema di accoglienza italiano alla fine dell’anno. In Grecia, il numero dei minori che hanno lasciato il paese irregolarmente dal momento della chiusura della rotta balcanica è sconosciuto. E tuttavia sia le organizzazioni umanitarie che le autorità greche hanno confermato una significativa riduzione del numero totale di rifugiati e migranti nel Paese sin da quel momento, suggerendo implicitamente che molti, inclusi i bambini, abbiano lasciato il Paese irregolarmente.  

 

Resta vero che, complessivamente, i minori al di fuori dalle strutture di accoglienza e quelli che cercano di raggiungere altri luoghi irregolarmente, sono spesso esposti a rischio di abuso e sfruttamento dato che vivono in rifugi precari e hanno accesso limitato a cibo, acqua e risorse finanziarie per continuare il viaggio.  

 

«In Italia – rileva il rapporto – si è riscontrato che i bambini in transito in città come Roma, Ventimiglia e Como si ritrovano a vivere in luoghi insicuri, in certi casi dormendo sotto ponti e senza un accesso regolare a generi alimentari. In Grecia, sono in aumento i casi di prostituzione minorile finalizzati al reperimento delle risorse necessarie per finanziare il viaggio verso altre parti d’Europa».  

Francesco Peloso – VaticanInsider

4 Agosto 2017 | 18:00
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