Migranti: la Chiesa tedesca prende posizione

Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk) ha rilasciato una dichiarazione sul salvataggio in mare dei rifugiati nella regione del Mediterraneo al termine della riunione tenuta ieri a Berlino.

«Più di 13mila persone in cerca di protezione, dall’inizio del 2015, sono annegate nel Mediterraneo, più di mille già quest’anno. Nelle ultime settimane e giorni, la situazione già precaria è peggiorata ulteriormente. Alle navi di salvataggio è negato l’ormeggio nei porti europei. Questo mira a scoraggiare gli sforzi di salvataggio marittimo e a perseguire interessi politici a scapito delle vite umane». I vescovi tedeschi ricordano che «il dovere di soccorrere le persone in difficoltà è sancito dal diritto internazionale. O lo Stato stesso assume questo compito o deve consentire alle organizzazioni non governative di agire supportandole. Chi blocca entrambe le possibilità, accetta la sofferenza e la morte dei rifugiati in maniera esplicita. Come chiesa, contraddiciamo vigorosamente la tendenza a farlo. Gli standard di base dell’umanità non dovrebbero mai essere contestati. Il confine dell’Europa non deve essere il limite della morte».

Il Consiglio permanente della Dbk ribadisce che «la drammatica situazione nel Mediterraneo mostra che le risposte comuni nello spirito della solidarietà europea sono più che mai necessarie». Il documento richiama tutti gli Stati dell’Unione europea al proprio impegno: «Gli stati del sud dell’Unione europea non devono essere lasciati soli. Invece dell’egoismo nazionale, l’Europa ha bisogno di un’equa divisione delle responsabilità, in cui ogni Stato fornisce il proprio contributo».

Intanto anche Caritas Germania e l’organizzazione caritatevole della Chiesa evangelica tedesca, Diakonie, hanno preso posizione comune sulla prospettiva di chiusura dei confini dello Stato ai migranti e richiedenti asilo. In un comunicato congiunto diffuso ieri mons. Peter Neher, presidente della Caritas, e Ulrich Lily, presidente di Diakonie, hanno ribadito la contrarietà alla chiusura dei confini della Germania a scapito di chi richiede protezione.

«Le persone che cercano protezione in Germania, debbono continuare a non essere respinti alle nostre frontiere. Assistiamo con preoccupazione alle richieste per una decisione isolata tedesca nelle politiche per i rifugiati e i richiedenti asilo – scrivono nel documento Neher e Lily –. Il governo federale deve essere rispettoso dei nostri partner europei e del diritto internazionale». Caritas e Diakonie manifestano il loro apprezzamento per una riforma del Regolamento Dublino III dell’Unione europea, relativo alle procedure per l’accoglienza dei rifugiati e il diritto d’asilo: ma le riforme «non devono essere indirizzate contro i richiedenti asilo». Per i presidenti «deve restare garantita una giusta procedura per le persone che cercano rifugio da noi. Questo include chiarire quale Stato membro dell’Ue sia il responsabile di una procedura di asilo. Questo non deve essere necessariamente il Paese in cui un rifugiato entra per la prima volta nell’Ue, in base al diritto comunitario».
Per i presidenti della Caritas tedesca e della Diakonie evangelica, le proposte di revisione del regolamento dell’Unione europea Dublino III sulla gestione dei flussi dei profughi e la concessione del diritto d’asilo, in discussione domani al Consiglio europeo, «dovrebbero sviluppare la materia di legami familiari e il benessere dei minori, che deve rimanere possibile».

Per Neher e Lily è importante che si regolamenti la possibilità di trasferimento da Stato a Stato ma «non assumersi responsabilità comporterebbe il rischio che chi cerca protezione vaghi all’interno dell’Ue. Questo non può e non deve essere un obiettivo della politica tedesca». L’eventuale politica di respingimenti e chiusure «sarebbe una minaccia, per una possibile reazione a catena delle politiche dei partner europei». Peraltro risulta in flessione il numero dei richiedenti asilo e ciò non giustifica, per gli scriventi, una emergenza tale da rendere più restrittivo il controllo alle frontiere tedesche, come chiede fra gli altri la Csu, partner del governo Merkel: tutti questi fattori, secondo Neher e Lily, «metterebbero in pericolo la libera circolazione nello spazio Schengen e, quindi, l’economia e l’occupazione nell’Unione europea».

«L’integrazione europea è una garanzia di pace e di prosperità nel nostro continente. Ciò che è stato vincente in sette decenni, donando un alto grado di stabilità, non deve essere sacrificato ai miopi interessi politici».

Agenzie/red

27 Giugno 2018 | 13:29
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dublino III (1), germania (53), migranti (422)
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