Papa e Vaticano

Manifesti antipapali, tra pasquinate e attacchi a Paolo VI

Ragionando sull’esiguità del «caso», la tentazione sarebbe di ignorare tutto. E tuttavia resta valida la raccomandazione cantimoriana per la quale anche i quadri generali ricevono un po’ di luce se visti «di scorcio». E allora cominciamo con i fatti. Sabato 4 febbraio in alcune zone della capitale, anche centrali e vicine al Vaticano, sono apparsi qua e là negli spazi pubblicitari, due o trecento manifesti per così dire singolari. Tutti uguali. Con una scritta, sovrastata da una grande volto un po’ imbronciato di Papa Bergoglio, e queste parole ad apostrofarlo così in romanesco: «A France’, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e i Francescani dell’Immacolata, ignorato Cardinali… ma n’do sta la tua misericordia?».

Scelte di governo contestate

Chiaro l’intento di contestare scelte di governo – dove la misericordia pare un po’ tirata per i capelli – a partire da vicende recenti. E cioè il terremoto tra i Cavalieri di Malta con le dimissioni del Gran Maestro cui è seguita la nomina del Sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, come «delegato speciale» del Papa presso il Sovrano Militare Ordine (comunicata dalla Sala Stampa proprio sabato); il commissariamento con intenti disciplinari di una congregazione lacerata al suo interno (il minimo che possa dirsi circa un’inchiesta cominciata ai tempi di Benedetto XVI); la mancata risposta ai quattro porporati del fronte dei cosiddetti «dubia»(i dubbi sul capitolo ottavo dell’ «Amoris Laetitia» circa l’ «apertura» verso i divorziati risposati). Dunque fatti specifici, che, enfatizzati, rimbalzano da un po’ in rete e per qualcuno sono diventati quasi un’ossessione: bisognosa di maggior visibilità e condivisione, senza però metterci la faccia, la firma, la sigla, restando anonimi.

Un’idea goliardica?

Da qui l’idea (tra l’ adolescenziale e il goliardico?), di ricorrere ad una tipografia, far stampare una provocazione e affidarla a solerti attacchini (chissà se estranei o simpatizzanti) che nottetempo hanno fatto tutto. Il resto è noto: passanti che hanno subito strappati i manifesti, addetti del Comune che li hanno coperti con la toppa solita «affissione abusiva», solidarietà e sdegno, amarezza e deplorazione, ma anche, al momento in cui scriviamo, qualche silenzio di troppo. E, per cosi dire, il «diretto interessato»? Informato ha fatto sapere di andare avanti per la sua strada con «serenità e distacco», più o meno come ogni volta in cui gli sono stati chiesti giudizi sulle contestazioni che l’hanno visto al centro del bersaglio: «Non ci perdo il sonno» o «Fanno il loro lavoro e io faccio il mio». Così come ha continuato a farlo domenica: all’Angelus ( «La cultura della vita» sia la risposta «alla logica dello scarto e del calo demografico»); poi ricevendo i partecipanti all’incontro «Economia di Comunione», promosso dai Focolari («Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto…»), ecc.

Satira antipapale

Ma torniamo subito all’attacco alla persona del Pontefice, attacco protetto, almeno al momento, dall’ anonimato, un colpo basso che, per qualche osservatore, potrebbe segnare un innalzamento della tensione, legittimando nuove espressioni di dissenso di piazza. Come leggere questo gesto? A chi attribuirlo? Vanno evocate, come si sta facendo, lobby potenti o è stata un’azione isolata? Quali fattori può innescare? Premesso che espressioni di satira antipapale ci sono sempre state nella storia, senza dimenticare con Pasquino, pur nelle loro diversità, le critiche dei liberali cattolici contro Pio IX, quelle dei modernisti contro papa Sarto, e quelle, più o meno palesi, continuate con i papi del Concilio e tutti i loro successori (vengono in mente i volantini anti Wojtyla per la giornata di Assisi), e premesso che nel caso in esame ci sembra esserci una distanza, nelle forme e nella sostanza, dalla stessa «Chiesa dell’anticoncilio» raccontata dallo storico Giovanni Miccoli nel suo volume laterziano, di ormai sei anni fa, sui tradizionalisti alla riconquista di Roma, ecco cosa pensano alcuni storici con cui ci siamo confrontati.

Il parere degli storici

Per Fulvio De Giorgi, ordinario di Storia dell’Educazione e della Pedagogia all’Università di Modena e Reggio, «la satira anticlericale e antipapale presente in passato nell’età contemporanea è diminuita, anche per lo spessore di vera santità di tutti i papi contemporanei, Francesco incluso. Il popolo ama Francesco. I cattolici di parrocchia sono entusiasti di lui: della sua umanità, del suo calore, del suo linguaggio comprensibile. Dunque queste – costose e falsamente ‘popolari’- forme di critica anonima rappresentano un’esigua minoranza di persone». Già ma a chi attribuirne la paternità? «Non credo i lefebvriani in senso stretto. Direi quella corrente di laici e di prelati che si ricollega alle vecchie opposizioni al Concilio Vaticano II (a Giovanni XXIII e a Paolo VI): ormai pochissimi, ma violentissimi sul web e con qualche entratura nella burocrazia ecclesiastica. Quest’ultimo aspetto è l’unico che deve far riflettere. Sì, ci possono essere anche frange politiche di destra in questo antipapismo: ma sono storicamente trascurabili. Invece ciò che mi colpisce, nel manifesto, è la citazione dei Cardinali (cioè i quattro cardinali dei dubia)». «Ecco – conclude de Giorgi – questo manifesto è una spia del disordine divisivo che quelle posizioni hanno provocato o possono provocare. Ma i processi storici sono più forti delle pasquinate reazionarie e degli intrighi prelatizi».

«Pasquinate» del terzo millennio?

Più prudente Francesco Mores, che insegna storia della Chiesa all’Università degli studi di Milano: «Credo sapremo qualcosa di più sui manifesti nei prossimi giorni». E continua: «Mi pare però si possa dire che sono una contaminazione tra la tradizione delle pasquinate (con l’uso del romanesco in apertura e in chiusura) e un riferimento ad ambiti precisi del cattolicesimo reazionario che si oppone all’esercizio di autorità di questo papa (che di autorità, come abbiamo visto, sa far uso). Se, infatti, i riferimenti ai Cardinali, alle Congregazioni e all’Ordine di Malta seguono la grafia per dir così gerarchica (non per caso, sacerdoti è minuscolo), l’accenno ai Francescani dell’Immacolata denota una conoscenza un po’ più approfondita della situazione….».

«Circoli ristretti»

Piuttosto articolata l’analisi di Enrico Galavotti, che insegna storia del cristianesimo presso l’Università «G. d’Annunzio» di Chieti-Pescara. Convinto che le pasquinate non c’entrino («quelle mettevano alla berlina il potere del papa come monarca, mentre oggi il ruolo del papa rispetto a Roma è fondamentalmente rovesciato : la Porta Santa alla sede della Caritas alla Stazione Termini è emblematica), convinto – come noi – che i lefebvriani non c’entrino («escluderei il loro coinvolgimento dei lefebvriani: hanno ottenuto da Francesco – e sembra che otterranno – molto più di quello che hanno avuto dai predecessori, da Paolo VI a Benedetto XVI»), Galavotti osserva che i riferimenti del manifesto sono precisi e intelligibili a un circuito molto ristretto, dato che «per intenderci, il riferimento ai francescani dell’Immacolata non mi pare precisamente una cosa afferrabile all’uomo comune della strada che passa e legge il manifesto». Ma al di là di tutto, precisa lo storico, «io non darei troppo peso alla cosa: mi pare anzi una iniziativa disperata. È certamente furba perché è chiaro che in questo modo gli autori hanno avuto una visibilità e un’attenzione che non avrebbero mai avuto pubblicandola su uno dei tanti siti internet che compongono il microcosmo antibergogliano. Ma resta una iniziativa disperata, di qualcuno che cioè sta disperatamente cercando di spingere Francesco a un gesto di forza o di censura nei suoi confronti per poi iniziare una fase di vittimismo in vista della successiva elezione papale». E conclude: «Mi pare ad ogni modo che Francesco sino a questo momento abbia agito con grande intelligenza: mi sembra davvero di rivedere quella pagina del diario Tucci dove Giovanni XXIII replicava a chi gli chiedeva di dare un calcio nel sedere a quei curiali che gli continuavano a creare problemi che lui doveva agire con prudenza per evitare che il conclave dopo di lui non fosse contro di lui e smontasse quello che aveva pazientemente messo in piedi».

I precedenti degli anni Settanta

Insomma, una partita aperta, che non finirà presto, tra supposizioni e certezze, ma pure solidarietà al vescovo di Roma in quello che in apparenza è solo una piccola incrinatura nel rapporto con l’opinione pubblica a quattro anni dall’ elezione.. Più o meno come avvenne a Paolo VI che,eletto nel ’63, pure quattro anni dopo, nel ’67, visse il punto di rottura dell’ equilibrio del suo pontificato. Dopo il risveglio post-conciliare per lui la contestazione arrivò prima da sinistra, poi da destra. Stretto tra dom Franzoni e Lefebvre, Montini reagì con fermezza evitando strappi. Ma fu egualmente contestato duramente dentro la Chiesa e talora bersagliato dalla satira in Tv (Dario Fo) e sui giornali (si vadano a rivedere le copertine del settimanale «Tempo» del 4 e 11 aprile 1976 , o certe vignette di Giorgio Forattini su «Repubblica», dove comunque, alla morte di papa Montini, Eugenio Scalfari l’8 agosto scrisse: «Ereditò una Chiesa richiamata a nuova vita ma esposta a tutti i venti; lascia una Chiesa più sicura di sé in un mondo che ha visto invece la propria crisi aggravarsi ed estendersi. Noi laici dobbiamo qui dirlo: la società religiosa si è in questi anni assai meno imbarbarita della società laica»). Non era scontato.

«Vogliamo un Papa cattolico»

Alla morte fu resa giustizia a Papa Montini? Di fatto, giudizi aspri e quasi polemici si ebbero solo in due ristrette zone d’opinione, qualche cattolico del dissenso passato all’ estrema sinistra o intellettuale marxista fuori dai partiti politici. «A non voler tener conto, naturalmente, del tradizionalismo cattolico, che in Italia ha scarsa consistenza», ha scritto Luigi Accattoli in un saggio edito nella raccolta «Paul VI et la Modernité dans l’Église» dall’ École française di Roma (nel 1984). Dove ricordava che «il movimento, più nominale che reale, di «Civiltà cristiana», composto di simpatizzanti del MSI-DN, fece affiggere, nell’agosto 1978, dopo la morte di Paolo VI, un manifesto in cui il giudizio sul pontificato montiniano era espresso, per contrasto, in questo slogan: «Vogliamo un Papa cattolico».

(Vatican Insider)

 

6 Febbraio 2017 | 11:42
Tempo di lettura: ca. 6 min.
PapaFrancesco (1459), roma (78)
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