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Sinodo

Malessere al Sinodo: le religiose donne non possono votare, i religiosi sì

Il fatto che le religiose donne presenti al Sinodo dei vescovi sui giovani non abbiamo diritto di voto, al contrario di quanto accade per i religiosi uomini, vuol dire che «c’è un certo malessere su questo tema: è un segno che qualcosa non va». Lo ha detto padre Arturo Sosa Abascal, preposito Generale della Compagnia di Gesù, rispondendo alle domande dei giornalisti, durante il briefing odierno in sala stampa vaticana. «Questo Sinodo è un Sinodo dei vescovi», ha ricordato il gesuita, «bisogna capire questo nella struttura della Chiesa». Nei sinodi locali, invece, «partecipa tutto il popolo di Dio in condizioni più o meno paritarie. Una delle riforme volute da Papa Francesco è quella di approfondire la collegialità della Chiesa, e di chiedersi in quale direzione si potranno produrre cambiamenti». Intanto, le sette religiose presenti al Sinodo hanno promosso una petizione «on line» per chiedere «ai cardinali, ai vescovi e al Papa» il diritto del voto al Sinodo: «Circa il 10% dei partecipanti al Sinodo sono donne, tutte scelte da Papa Francesco e nessuna delle quali con diritto di voto«, vi si legge: di qui la richiesta di «individuare un percorso per le superiore religiose di lavorare e votare in pari dignità a fianco dei loro fratelli in Cristo».

Il malessere delle religiose presenti

Le religiose – che questa sera promuovono una conferenza stampa, a Roma, per illustrare le loro ragioni e condividere la loro esperienza al Sinodo – hanno ringraziato in particolare il card. Marx per il suo intervento sulla «pari dignità» della partecipazione femminile all’assise in corso in Vaticano fino al 28 ottobre. Rispondendo ad una domanda sulla possibilità di convocare, nella Chiesa, «assemblee generali con vescovi, preti, religiosi, religiose e laici impegnati nella pastorale», padre Sosa, precisando di parlare a titolo personale, ha affermato: «Credo che il Concilio Vaticano II abbia proposto un modello ecclesiale che non si è ancora concretizzato. In questi cinquant’anni, sono stati fatti passi avanti in alcuni momenti, ma altre volte si è tornati indietro». «Il modello della Chiesa con al centro il popolo di Dio, auspicato dal Concilio, non si è ancora concretizzato del tutto», la tesi del gesuita: «Bisogna camminare verso un concetto di Chiesa che rifletta il suo centro, che è il popolo di Dio, con la giusta considerazione sui ministri». «Mi fanno un po’ paura le assemblea calate dall’alto», gli ha fatto eco padre Marco Tasca, ministro generale dei Francescani: «Questo tipo di assemblea c’è già nelle diocesi: sarebbe bello che fosse convocata a livello di Conferenze episcopali, di una zona o di uno Stato». Anche per padre Bruno Cadoré, maestro generale dei Domenicani, «la cosa più importante non è tanto sapere se dobbiamo fare o no delle assemblee, ma sapere che la Chiesa deve essere una comunità di appartenenza. I giovani non hanno bisogno di strutture o di organizzazioni, ma di un luogo dove siano importanti. Non servono tanto assemblee strutturate, ma celebrazioni comunitarie».

fonte: agenziasir

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15 Ottobre 2018 | 18:14
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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