Macron ai vescovi francesi: il Paese ha bisogno della Chiesa

Il Presidente francese ha pronunciato un discorso lunghissimo, ripercorrendo il ruolo che la Chiesa svolge nella società francese e allargando spesso l’orizzonte all’Europa. Macron ha ringraziato i vescovi per l’invito e ha cominciato il suo intervento con un omaggio al colonnello Arnaud Beltrame, morto nell’attacco terroristico di Trebes dando la propria vita per salvare quella di una donna. Un esempio – ha detto il presidente – che indica fino a dove può arrivare un uomo spinto dalla «fede cattolica».

Macron ha ricordato padre Hamel e il ruolo delle associazioni cattoliche

Macron ha poi citato la storia di padre Jacques Hamel, il sacerdote ucciso in una chiesa di campagna a Rouen mentre celebrava una Messa. Ha parlato espressamente di associazioni come l’Oeuvre d’Orient (per i cristiani perseguitati del Medio Oriente), la Caritas e Sant’Egidio, che ha aperto anche in Francia insieme alla Conferenza episcopale e alla Federazione delle Chiese evangeliche, i corridoi umanitari. «Sì – ha detto Macron – la Francia si è fortificata grazie all’impegno dei cattolici. Cattolici che sono stati pronti a morire, e non solo per ideali umanisti né per una morale ma per la loro fede in Dio e per la loro pratica religiosa».

Il seme cattolico deve contribuire a far vivere la nazione francese

Nel suo discorso, il Presidente ha anche detto come spesso nella sua storia la Francia non ha riconosciuto adeguatamente il ruolo dei cattolici nel Paese. Ha parlato di «uno sguardo di sfiducia» che ha relegato i cattolici a «minoranza militante» o al più a «elettorato cattolico». «Sono convinto invece – ha quindi sottolineato Macron – che il seme cattolico può e deve contribuire ancora e sempre a far vivere la nostra Nazione. Sono qui per questo, sono qui per dirvi che la Repubblica attende da voi, cattolici, tre doni: il dono della vostra saggezza, del vostro impegno e della vostra libertà».

Mons. Pontier: ricostruire la fiducia di una nazione partendo da i più poveri

«Colgo questa occasione – ha detto nel suo discorso al Presidente Macron, il presidente dei vescovi francesi, mons. Georges Pontier – per lanciare un appello: vincere le paure che abitano la nostra società e impegnarsi con determinazione e fiducia per una migliore conoscenza gli uni degli altri e una maggiore apertura agli altri. Cominciamo dai più fragili, dai più poveri, dalle persone vulnerabili perché è a patire da loro che possiamo ricostruire la fiducia di una nazione». Facendo subito riferimento alle tre testimonianze che hanno aperto la serata, mons. Pontier ha detto: «Abbiamo voluto che fossero tra noi presenti anche i nostri amici segnati da storie difficili e dolorose. La loro storia è segnata dalla vulnerabilità e dalla debolezza. Per alcuni la loro vita è inutile. Ci sembra invece che guardare in faccia la fragilità dell’essere umano, è riconoscere che la grandezza di una società si misura dalla sua capacità di prendersi cura delle sue parti più deboli».

Mons. Pontier ha parlato di famiglia, eutanasia, migrazioni, antisemitismo e islamofobia

Su questo concetto è quindi ruotato tutto il discorso di monsignor Pontier che ha anche affrontato la questione bioetica, al centro degli Stati generali in corso in Francia. È «un’occasione – ha detto – per sperimentare il dialogo in una società divenuta sempre più plurale» e per riflettere insieme «sul mondo che vogliamo per domani». Pontier ha parlato di famiglia, di eutanasia. Ma anche di migrazioni, antisemitismo e islamofobia. E rivolgendosi a Macron ha detto: «Il nostro scopo non è quello di soddisfare interessi particolari. La nostra preoccupazione è per i più svantaggiati, per coloro che non hanno prospettive per il futuro. So bene che queste preoccupazioni sono condivise anche dai responsabili dello Stato, dagli uomini e dalle donne impegnati nel mondo politico, economico, associativo e religioso».

Macron invitato a guardare ai giovani e all’uguaglianza

«Il grido di chi non ha lavoro e un alloggio degno, ci scuote. Così come le lacrime di giovani senza progetto e senza futuro, tentati alcuni da scelte di violenze, altri da traffici illusori e senza avvenire o ancora dal commercio e dal consumo di droghe che finiscono per distruggerli. La nostra responsabilità è grande. Si tratta di una causa nazionale che necessita della responsabilità di tutti. Dobbiamo osare e riconoscere la parola ›uguaglianza’ della nostra bandiera repubblicana. Perché le disuguaglianze in educazione, istruzione, stipendio, accesso al lavoro, ai servizi pubblici aumentano anziché diminuire. Ed è a partire dai bisogni dei più poveri che si può costruire una nazione fraterna, giusta e solidale». (Agenzia Sir)

VaticanNews

10 Aprile 2018 | 13:00
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