Migranti a Como (foto d'archivio).
Commento

L'opinione di Caritas Ticino sul «decreto sicurezza» italiano

Intervista a Marco Fantoni, direttore di Caritas Ticino

Il «decreto sicurezza» del Governo italiano fa molto discutere. Che opinione si è fatta Caritas Ticino di quanto sta accadendo nella vicina penisola?  «Ciò che succede in Italia è solo una parte  della complicata matassa legata alle  migrazioni e dove non si intravvede un  progetto comune europeo. Penso che la  risposta rilasciata in un’intervista dal  Presidente della Caritas Italiana, mons.  Corrado Pizzolo, vescovo di Vittorio Veneto  in merito all’intento del Governo  di fermare una nuova «ondata», sia ragionevole:  «Per quanto si faccia, non si  potrà mai bloccare qualsiasi ingresso. Se  non per mare, i migranti arrivano per altre  vie e lo Stato rischia di trovarsi da solo  a fare i conti con questa realtà. Probabilmente  l’intento del governo non è  sbagliato, ma va rivisto il metodo. Spero  che lo facciano: se sono persone serie,  saranno capaci di valutare il problema e  capire come affrontarlo».  A proposito di metodo, ciò che disturba  maggiormente ed è da stigmatizzare, è  l’atteggiamento di disprezzo nei confronti  delle Caritas e di altre organizzazioni  e la strumentalizzazione che rappresentanti  dello Stato propagano nella  popolazione. Questi rappresentanti  non considerano la professionalità, la  passione e la disponibilità che gli operatori  donano per l’accoglienza di persone  che hanno un oggettivo bisogno, disponibilità  che va oltre il mero aspetto economico.  Frasi come: «La mangiatoia è finita…»  oltre che offensive, sono in forte  contraddizione con quanto lo Stato  ha sempre chiesto alle Caritas tramite le  prefetture, mandando loro i migranti  per accoglierli e integrarli».

Quali ripercussioni potrebbero esserci  nel nostro Cantone?  «Potrebbero esserci maggiori tentativi  di entrata in Ticino; rimaniamo terra di  confine anche se la Svizzera parrebbe  sempre meno luogo di destinazione ultima.  Da noi lo Stato è presente in modo  diverso e coordina tutto il settore, anche  appaltando alle diverse organizzazioni,  nel settore dell’asilo, una serie di  procedure. L’integrazione rimane un  punto fondamentale e attraverso diversi  percorsi previsti nell’ambito della sussidiarietà  va costantemente implementato  ».

Sono ipotizzabili aiuti da parte di  Caritas Ticino all’ente lariano?  «Con Caritas Como abbiamo un buon  rapporto e qualora ci dovessero essere  delle richieste a bisogni puntuali potremo  valutarle, tenendo sempre conto  delle rispettive realtà».

La nuova legge sull’asilo votata in  Svizzera nel 2016, che principalmente  ha centralizzato e accelerato le  procedure di richiesta di asilo, che  effetti ha avuto fino ad oggi?  «La maggior parte dei migranti si spostano  nelle regioni vicine ai Paesi di fuga.  La Turchia, per fare un esempio relativamente  prossimo a noi, ne ospita  quasi tre milioni. Basterebbe che il regime  di Ankara decidesse di aprire le frontiere  (mossa poco probabile) e ci troveremmo  repentinamente in altre condizioni.  È pertanto difficile prevedere scenari  in una situazione che da un paio  d’anni si è «stabilizzata», anche con la  nuova legge, in un contesto che vede  una forte diminuzione di arrivi in Svizzera  e in Ticino».

Papa Francesco ha richiamato l’opinione  pubblica sulla necessità di  non criminalizzare chi vive situazione  difficili e chiesto maggiore giustizia  sociale. Caritas Ticino come  concretizza questi inviti?  «Non penso che da noi ci sia una criminalizzazione  di chi si trova in difficoltà.  Penso piuttosto che, a volte, si dia una  lettura ideologica o «di pancia» di alcune  situazioni che non vengono sufficientemente  approfondite, anzi strumentalizzate;  si genera spesso un discorso  di paure e di difesa, piuttosto che  di valorizzazione delle virtù che la persona  porta dentro di sé. Caritas Ticino in  questo senso pone lo sguardo sulle risorse  delle persone che incontra, ancorché  in difficoltà, e nel 2018 tra Servizio sociale  e Programmi occupazionali ne ha  accolte quasi duemila. In questo senso  proponiamo nel nostro pensiero e nella  nostra azione i fondamenti della Dottrina  sociale della Chiesa per lo sviluppo integrale  delle dignità della persona».

Federico Anzini

Migranti a Como (foto d'archivio). | © catt
11 Maggio 2019 | 06:05
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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