«L'indifferenza, una scelta comoda»/catt.ch/gdp

Si entra al Memoriale di Milano in silenzio, quasi in punta di piedi, perché la storia in questo posto ti viene incontro veloce, irruente, con il carico delle sue domande irrisolte, delle sue tragedie, dei suoi drammi. Ti accoglie una parola gigantesca, monumentale (certo perché incisa sulla parete ma anche per il dito che ti punta contro): indifferenza. L’ha voluta una persona che ha sofferto in modo smisurato a causa della follia di altri: la senatrice Liliana Segre, deportata ad Auschwitz all’età di 13 anni, dove ha visto morire i suoi cari. «Quando abbiamo deciso di fare del Memoriale un luogo della memoria, la discussione si è accesa, molti suggerivano di mettervi sulla soglia parole come «libertà». Fu allora che io, invece, convinta, suggerii «indifferenza». Si tratta infatti di uno degli stati d’animo più infimi, da cui è difficilissimo difendersi. Cosa si può dire di peggiore, di fronte ad un essere umano e alla sua storia, che «non me ne importa?»». Inizia con queste parole incisive il nostro incontro con lei, nella mattinata di giovedì, accompagnando una classe del quarto ciclo della Scuola Speciale che ha scritto una commovente ballata sulla storia della senatrice alla quale è piaciuta molto (vedi a lato) e la II E del liceo di Bellinzona.

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24 Aprile 2018 | 12:30
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