Internazionale

Lettera dei vescovi della Bosnia-Erzegovina dopo la sentenza all'Aja

«Anche se riteniamo che, dopo il verdetto e la tragica morte di Slobodan Praljak all’Aja, il silenzio sarebbe l’espressione più appropriata dei nostri sentimenti, sappiamo che, e forse è giusto così, le persone di buona volontà di questo Paese e in particolare i cattolici aspettano la nostra risposta». Così scrive in una lettera datata 30 novembre 2017, il cardinale di Sarajevo Vinko Puljic, presidente della Conferenza episcopale della Bosnia-Erzegovina, a nome anche dei confratelli vescovi della Bosnia.

Il messaggio, riportato dall’Agenzia Sir, è stato diffuso all’indomani della sentenza del Tribunale internazionale sulla ex Jugoslavia. «Non vogliamo commentare la sentenza della Corte», scrivono i vescovi ribadendo l’appello «ripetuto durante la guerra, a opporsi e a condannare ogni crimine«, anche se «durante la guerra, siamo stati offesi dai crimini commessi dalle persone che erano state lavate con l’acqua battesimale nella Chiesa cattolica».

Tuttavia i vescovi denunciano «il fatto evidente» che a partire da Dayton e nella loro attuazione, «i membri del popolo croato in modi diversi hanno inviato e continuano a inviare il messaggio che la Bosnia-Erzegovina è la loro patria e che non c’è spazio per altri».

Per i vescovi ciò è «immorale e, quindi pericoloso e inaccettabile per il futuro di questo Paese e di tutti i suoi cittadini e popoli». Anche questo, scrivono nella lettera, «è un tipo di crimine per il quale molti dovrebbero rispondere».
I presuli si dichiarano però «aperti a qualsiasi proficua collaborazione con tutti coloro che hanno a cuore la giustizia e la dignità».

4 Dicembre 2017 | 07:20
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aja (1), bosnia (8), sentenza (3)
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