L’enciclica del Santo e grande concilio ortodosso – Dalla Chiesa al mondo

Il Santo e grande concilio della Chiesa ortodossa, oltre ai sei documenti del suo ordine del giorno, ha pubblicato un testo importante chiamato «enciclica», un titolo inatteso. Inizialmente il regolamento prevedeva la redazione di un «messaggio» da parte di un comitato speciale, una settimana prima della convocazione del concilio. Esaminato e approvato dalla sinassi dei primati venerdì 17 giugno, il messaggio è stato poi sottoposto al concilio.

Come il patriarca Bartolomeo aveva spiegato nella sua prolusio della prima sessione, il fine di questo documento era fondamentalmente di affrontare le questioni «esterne» della Chiesa ortodossa, essendo quelle interne oggetto dei documenti conciliari. Il comitato incaricato del messaggio, presieduto dal metropolita Emanuele di Francia, aveva fatto sapere fin dall’11 giugno che «il messaggio non solo avrà un impatto sulla Chiesa ortodossa nel suo insieme, ma segnerà anche una tappa storica nella storia del cristianesimo».

Unico documento a non essere stato preparato dalle conferenze panortodosse preconciliari, il testo, lungo quasi quanto tutti gli altri documenti messi insieme, affronta in sette capitoli numerosi temi: la Chiesa, la missione, la famiglia, l’educazione, le sfide contemporanee, la globalizzazione e il dialogo. Nel corso del concilio è stato perciò ribattezzato «enciclica», mentre un «messaggio» più breve ha riassunto le principali decisioni e i temi dell’assemblea conciliare. L’enciclica non si rivolge solo ai fedeli della Chiesa ortodossa, ma anche a tutti «coloro che un tempo erano lontani e sono diventati i vicini» (cfr. Efesini, 2, 13).

Certo, è un peccato che l’enciclica giustifichi il dialogo ecumenico solo attraverso la «testimonianza ortodossa» tra gli «eterodossi», che non faccia alcuna allusione al suo fine che è l’unità visibile dei cristiani, e non menzioni neppure i progressi del dialogo teologico internazionale che da diversi decenni esiste tra le nostre Chiese. Va tuttavia reso omaggio a questa enciclica del Santo e grande concilio, che resterà certamente uno dei suoi frutti più importanti. Per la prima volta, le Chiese ortodosse parlano con una sola voce non soltanto delle questioni che le preoccupano, ma anche di quelle che preoccupano l’intera umanità. Mentre i documenti conciliari vertono essenzialmente su questioni interne alla Chiesa ortodossa — per esempio la diaspora, l’autonomia, il digiuno — l’enciclica ne offre una visione teologica più ampia, generalmente più positiva e meno giuridica. Affronta anche molte questioni «moderne» come l’educazione, l’ecologia, i rapporti Chiesa-Stato o la bioetica, che non facevano formalmente parte dell’ordine del giorno del concilio. Come mostrano i titoli dei suoi capitoli, in cui appare continuamente il termine Chiesa, l’enciclica affronta tutti questi temi sempre da un punto di vista ecclesiologico, anzi ecclesiocentrico. È questo un tratto indubbiamente proprio dell’ortodossia, per la quale, come dice l’enciclica, il mondo intero è chiamato a essere «ecclesializzato».

da Chania Hyacinthe Destivelle

30 Giugno 2016 | 12:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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