«Le bolle custodite nell’Archivio segreto vaticano» – Giubilei dal basso e dall’alto

2016-05-02 L’Osservatore Romano
Il 3 maggio presso il Palazzo del Vicariato Vecchio a Roma si inaugura la mostra «Peregrinatio Sancta. Le bolle dei giubilei dall’Archivio segreto vaticano». Nell’introduzione al catalogo, il prefetto dell’Archivio segreto vaticano, il vescovo Sergio Pagano, sottolinea che i primi giubilei risentirono senza dubbio di movimenti popolari e penitenziali di fedeli che chiedevano di poter lucrare la pienissima indulgenza con il pellegrinaggio a Roma, e ciò almeno fino al secolo XV; in questo contesto i Pontefici si limitarono a indire la celebrazione, fissandone le modalità canoniche per il conseguimento delle indulgenze.

Certo è che Bonifacio VIII, l’istitutore del giubileo, lo fa in modo autoritativo e con il suo stile teocratico che pone in assoluto rilievo la potestà pontificia. Però già dal 1450 avvertiamo la volontà di Niccolò V di «preparare» il giubileo con opere concrete che i fedeli dovevano compiere; nel 1475 Sisto IV accennò al suo obbligo pastorale di celebrare il giubileo: «Ob quod nos, quamvis insufficientibus meritis, ipsius beati Petri successores, vigili attentione pensantes, cunctos fideles populos nostre vigilantie creditos, gratia ipsius nostri Salvatoris egere ac sanctorum precibus aliisque piis operibus etiam in hac sevissima christianorum pressura iuvari posse pro divina misericordia imploranda, et cum electis eterne hereditatis portione assequenda, curis vigilamus assiduis ac studiis nitimur indefessis ut iuxta pias predecessorum nostrorum Romanorum Pontificum ordinationes et saluberrima instituta precipue animarum salutem et interdum tranquillitatem concernentia nostro pariter munimine comprobata roborataque, cuncti fideles, sarcina peccatorum deposita, sanctorum eorum suffragiis, ad indeficientis luminis visionem feliciter valeant pervenire» (»Perciò Noi, successori, quantunque con insufficienti meriti del beato Pietro, meditando con vigile attenzione che tutti i popoli fedeli affidati alla nostra vigilanza necessitano della grazia del nostro stesso Salvatore e possono essere aiutati dalle preci dei santi e da altre opere, in questa terribile tribolazione dei cristiani vigiliamo con assidue cure per implorare la misericordia di Dio e per conseguire la porzione di eredità eterna per gli eletti e ci prodighiamo con zelo indefesso affinché, secondo i pii ordinamenti dei romani Pontefici nostri predecessori e le molto salutari istituzioni riguardanti soprattutto la salvezza delle anime e talora la serenità, comprovate e avvalorate anche da nostra garanzia, tutti i fedeli, deposto il fardello dei peccati, per i suffragi dei santi medesimi, possano felicemente arrivare alla visione dell’eterna luce», Salvator noster).

Con il passare del tempo il Pontefice romano si pone a capo esclusivo dell’iniziativa giubilare, che include fra i compiti propri del pontificato stesso. Ciò accade in modo evidente con Alessandro VI (giubileo del 1500), che manifesta la sua preoccupazione urgente per la salvezza delle anime dei fedeli e predispone pertanto la celebrazione della «pienissima perdonanza». Con Gregorio XIII (giubileo del 1575) cominciano ad apparire nelle bolle di indizione esortazioni ai fedeli perché si preparino con opere di conversione e di carità e poi partecipino all’evento sacro: «Monemus itaque et hortamur omnes christifideles, qui sacro huic cetui interesse potuerunt, ut humane vite miserias, seculi huius vanitatem, dierum paucitatem, qua ad mortem et districti examinis diem assidue properamus, contra vero immensa celestis vite gaudia, summam felicitatem perpetuam eternamque beatitudinem attente considerantes et animo revolventes, ita conscientias suas examinare et ab omnium peccatorum vitiorumque maculis et sordibus purgare studerint, simulque bonis et sanctis operibus atque orationi adeo intenti sint, ut tanti huius gaudii et ecclesiasticorum numerum largitionis vere participes fieri, et in altero postea seculo premium uberrimum consequi mereantur» (»Ammoniamo perciò ed esortiamo tutti i fedeli che potranno essere presenti a questa sacra adunanza che, considerando attentamente e ripensando interiormente le miserie della vita umana, la vanità di questo mondo, la brevità dei giorni per cui ci affrettiamo incessantemente alla morte e al giorno del severo giudizio, e al contrario, invero, l’immensa gioia della vita celeste, la somma felicità, la perpetua ed eterna beatitudine, si impegnino in questo modo ad esaminare e purificare le loro coscienze dalle macchie e dalle turpitudini di tutti i peccati e vizi, e siano contemporaneamente così dediti alle opere buone e sante e alla preghiera, tanto da essere veramente partecipi di questa gioia così grande e dell’elargizione dei favori della Chiesa, nonché di esser meritevoli di conseguire poi nell’altra vita un fecondissimo premio», Dominus ac Redemptor).

3 Maggio 2016 | 13:54
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