Papa e Vaticano

L'attico di Bertone pagato due volte, domande sul processo

Il processo vaticano che vede imputati il manager del Bambino Gesù Giuseppe Profiti e il tesoriere Massimo Spina, la cui prima udienza si è tenuta il 18 giugno e che proseguirà ai primi di settembre ha un oggetto chiaro e ben definito: accertare se vi è stato un uso illecito del denaro della Fondazione, che ha pagato la costosa ristrutturazione dell’appartamento-attico dove sarebbe andato a vivere il cardinale Tarcisio Bertone non appena lasciato l’incarico di Segretario di Stato.

«In particolare – si legge nell’atto di citazione – sono stati pagati per fini completamente extraistituzionali euro 422.005,16 utilizzandoli per effettuare lavori di ristrutturazione edilizia in un immobile di proprietà del Governatorato, destinato a residenza del Segretario di Stato emerito, per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera. Reato commesso nella Città del Vaticano dal novembre 2013 al 28 maggio 2014». L’imprenditore genovese Bandera, pur avendo ricevuto due volte e da due enti diversi i soldi per effettuare gli stessi lavori, non è imputato ma viene citato come testimone.

È evidente che il processo, così come è stato impostato dai magistrati vaticani sembra ruotare esclusivamente attorno all’uso illecito dei soldi del Bambino Gesù: il manager bertoniano Profiti – che ha fatto pagare con regolari fatture sulla base dell’avanzamento dei lavori – la somma di 422mila euro, ha sempre cercato di dimostrare che con quella spesa non aveva voluto fare un favore al cardinale. Ma che l’impegno finanziario fosse giustificato perché l’appartamento in Vaticano sarebbe stato utilizzato per gli incontri tra Bertone e gli sponsor del Bambino Gesù. Dunque l’attico sarebbe stato fatto rientrare tra le attività istituzionali della Fondazione.

Ognuno è libero di trarre le sue conclusioni. Profiti sostiene la congruità dell’intervento, che avrebbe favorito la raccolta fondi per l’ospedale. L’accusa fa rilevare invece che la Fondazione dell’ospedale pediatrico non ha tra i suoi fini istituzionali quelli di ristrutturare immobili destinati a residenza privata.

Ma al di là di questo nodo centrale del processo, restano altre domande e questioni aperte. Come infatti emerge dall’atto di accusa, tra gennaio e luglio 2014 Profiti ha effettuato da conti della Fondazione e dell’ospedale presso lo IOR e l’APSA, 7 bonifici (il cui valore complessivo è di 422mila euro) a favore della società inglese Lg Contractor Ltd. Queste operazioni erano state autorizzate dal manager a seguito dell’invio da parte dell’imprenditore Bandera di prospetti riassuntivi che attestavano l’avanzamento lavori nella casa di proprietà del Governatorato assegnata a Bertone.

Nel dicembre 2015, mentre veniva portata avanti l’inchiesta della magistratura vaticana, il Governatorato informava gli inquirenti di aver approvato ed eseguito pagamenti all’impresa Castelli Re riguardanti la ristrutturazione della casa di Bertone per complessivi 346.825,64 euro, pagati con 6 bonifici effettuati dal 30 ottobre 2013 al 25 settembre 2014. Ogni bonifico faceva riferimento a una specifica fattura emessa dalla Castelli Re, anch’essa riconducibile all’imprenditore Bandera. Era stato lo stesso Bertone, spiegava il Governatorato ai magistrati vaticani, a chiedere di affidare i lavori alla Castelli Re, dicendo che il loro costo sarebbe stato sostenuto in parte con offerte di benefattori, in parte dal Governatorato stesso.

«In particolare – si legge nella documentazione – dalla nota di «Commessa per lavori a carico del Governatoratoˮ emerge che per i lavori di ristrutturazione edile ed impiantistica dell’appartamento destinato a S.E.Rma Card. Bertone (commessa n. 504629) era stato previsto un costo complessivo di euro 355.000,00, che avrebbe dovuto essere sostenuto nelle seguenti proporzioni: quanto a Euro 308.000,00 a carico del Card. Bertone; quanto a Euro 47.000,00, a carico del bilancio del Governatorato». 

Dalla documentazione risulta che, in aggiunta ai lavori di ristrutturazione dell’appartamento destinato al cardinale, era emersa la necessità di sistemare i terrazzi dell’intero immobile. L’importo per questi lavori era stato quantificato dal Governatorato in 178.000,00 euro, e l’esecuzione affidata alla stessa Castelli Re. Dunque, alla fine, l’ente vaticano proprietario dell’attico assegnato a Bertone aveva approvato, tra i lavori di ristrutturazione dell’appartamento e quelli di sistemazione e impermeabilizzazione di terrazzi comuni, spese per un totale di 533.000,00 euro, dei quali 308.000,00 a carico di Bertone e 225.000,00 a carico dello stesso Governatorato.

Il 27 novembre 2014 il cardinale Bertone provvedeva a pagare al Governatorato la somma di 307.676,00 euro, cioè la parte a lui spettante. Dunque, per ricapitolare: la Fondazione Bambino Gesù a pagato a una società riconducibile a Bandera per la ristrutturazione dell’attico e per i lavori sulle parti comuni 422.000,16 euro. Il Governatorato ha pagato alla Castelli Re, anch’essa riconducibile a Bandera, la somma di 346.825,64 euro, per l’esecuzione degli stessi lavori(pagati così due volte, da due enti diversi, a due diverse società riconducibili allo stesso imprenditore). Bertone ha restituito al Governatorato la somma di sua competenza (307.676,00 euro).

Risulta dunque che il Governatorato ha effettivamente pagato soltanto 39.149,64 euro a fronte di un impegno economico preventivato pari a 225.000,00 euro. Risulta pure che alcuni dei pagamenti pattuiti non sono stati effettuati dal Governatorato – come ha affermato lo stesso imprenditore Bandera – perché nel frattempo, nel luglio 2015, la Castelli Re veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Roma.

I magistrati vaticani fanno notare alcune anomalie: il fatto che il progetto di ristrutturazione dell’immobile del Governatorato fosse stato fornito dal committente (il cardinale Bertone) e che lo stesso committente avesse indicato la ditta per l’esecuzione dei lavori. Il doppio pagamento, effettuato da due enti diversi (la Fondazione Bambino Gesù e il Governatorato, a diverse società riconducibili allo stesso imprenditore, senza che – questo emerge dalle indagini – uno sapesse dei pagamenti effettuati dall’altro.

L’unico ad ammettere il doppio pagamento dai due enti diversi per gli stessi lavori è stato Gianantonio Bandera. Va detto, tra l’altro, che la competenza per effettuare lavori all’interno dello Stato della Città del Vaticano è esclusivamente della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato, «la qual cosa – rilevano i magistrati vaticani – nel caso in esame non si è però verificata, stante l’intervento tecnico/amministrativo ed economico della Fondazione Bambino Gesù, che si è affiancato (rectius, sovrapposto) a quello del Governatorato.

La magistratura d’Oltretevere però non intende far entrare nel processo penale rilievi di natura contabile e amministrativa, decidendo di concentrarsi invece soltanto sulla liceità del comportamento di Profiti e Spina e sull’uso per fini non istituzionali del denaro della Fondazione Bambino Gesù. Senza contare che nel momento in cui la Fondazione aveva presentato il progetto per la ristrutturazione dell’attico il cardinale Bertone, con una lettera dell’8 novembre 2013, aveva assicurato il Bambino Gesù che l’onere delle spese necessarie a sistemare l’appartamento da utilizzare anche per gli incontri con i possibili finanziatori dell’ospedale sarebbe stato a suo carico e non avrebbe gravato sulle casse dell’istituzione.

In attesa degli sviluppi del processo, queste sono le questioni aperte: c’è un imprenditore che ha ricevuto due volte i soldi per gli stessi lavori. C’è un’istituzione vaticana – il Governatorato – che ha pagato una seconda volta lavori sull’appartamento già pagati da un altro ente (la Fondazione Bambino Gesù) – e lo ha fatto, almeno così sembra, sulla base di un contratto che prevedeva soltanto lavori sulle parti comuni (le due terrazze).

Dal punto di vista contabile e patrimoniale, il Governatorato si è ritrovato ad avere un incremento patrimoniale di oltre mezzo milione di euro (grazie ai lavori effettuati sull’appartamento e sulle parti comuni) a fronte di una spesa di 39mila euro, con un guadagno netto di 560mila euro. A perdere invece è stata solo la Fondazione Bambino Gesù, che ha sborsato i famosi 422mila euro senza alcun incremento patrimoniale.

Certo, si tratta di eventi accaduti nel primo periodo del pontificato di Papa Francesco, quando la riforma economico-amministrativa poi sfociata nella creazione della Segreteria per l’Economia era ancora in fieri. Ma anche oggi non tutto sembra funzionare a dovere, ad esempio per quanto riguarda gli appalti per la ristrutturazione degli appartamenti da assegnare a chi vive dentro la Città del Vaticano.

Infine, sempre per quanto riguarda il processo appena iniziato in Vaticano, sembra destituita di fondamento la notizia di una nuova lettera-memoria di Bertone riguardante la ristrutturazione dell’appartamento in cui vive e il ruolo avuto dai due imputati. Dell’esistenza di questo documento si era parlato in aula, ma a quanto pare l’avvocato che lo ha citato si riferiva alla già nota lettera dell’8 novembre 2013 con la quale il porporato accettava la proposta riguardante la ristrutturazione e il relativo capitolato presentatogli dalla Fondazione Bambino Gesù e specificava che le somme necessarie alla realizzazione delle opere sarebbe stata messa sa disposizione «a cura di terzi, affinché nulla resti a carico di codesta istituzione».

(Andre Tornielli / Vatican Insider)

 

21 Luglio 2017 | 16:42
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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